” …culture is not a possession, but something we hand down so that others may use it in their own way …”

A chi appartiene la cultura? E fino a che punto può essere considerata proprietà esclusiva di chi la crea? L’ultimo libro dell’autore, critico letterario e filosofo tedesco Martin Puchner, Culture: a new world history, ci accompagna in un viaggio entusiasmante attraverso alcuni dei momenti più importanti nella storia dell’umanità, usando esempi come l’Egitto di Nefertiti, la Grecia classica, la Cina della dinastia Tang, l’età dell’oro islamica ma anche il teatro nigeriano del XX secolo e la poesia modernista. Addentrandosi nei quindici capitoli di questa storia della cultura rivisitata in chiave moderna, l’autore ci mostra come l’interazione, sia intenzionale che forzata, tra popoli differenti sia stata l’ingrediente fondamentale che nei secoli ha reso innovativa la produzione artistica delle civiltà che oggi possiamo vantare come patrimonio culturale dell’umanità.

La contaminazione di idee nei secoli

Platone aveva una grande ammirazione per la cultura egiziana e per il suo avanzato sistema di scrittura, nel VII secolo il pellegrino Xuanzang tradusse dal sanscrito al cinese i testi buddisti, nell’Eneide Virgilio si ispira alle epica greca per creare una storia sui romani. Questi sono solo alcuni degli esempi di come un popolo o una generazione hanno usato idee e civiltà precedenti per creare nuove città, nuovi imperi e nuove opere d’arte in un processo di continua reinvenzione, reinterpretazione e trasformazione del patrimonio culturale tramandato. Nel suo libro Pulchner ci spiega che questo ciclo continuo di creazione della cultura non è l’eccezione ma la regola dove una civiltà e la sua cultura sono costruite sull’eredità e spesso sulle ceneri di quelle precedenti, in un continuum senza inizio ne’ fine. Questo modo di creare cultura sarebbe sempre esistito e secondo l’autore ne sarebbero prova le pitture rupestri di Chauvet, nel sud della Francia. Lo scambio culturale, di oggetti e idee, sarebbe poi aumentato in modo significativo con lo sviluppo dell’impero romano, in cui il commercio avrebbe portato in contatto anche le pratiche culturali geograficamente più lontane. 

Un nuovo concetto di cultura

Se come dice Pulchner la cultura “è un enorme progetto di riciclaggio” allora anche la nostra idea di originalità cambia notevolmente e l’idea di sapere dove, quando e come è nata una ‘singola’ cultura diventa completamente obsoleta. Tutto quello che ci circonda e tutti noi siamo in qualche modo influenzati dal nostro passato, non sono da quello individuale ma anche da quello storico che ha portato l’umanità fino a qui e il nostro presente è frutto del come decidiamo di utilizzare il bagaglio culturale che abbiamo a nostra disposizione. In altre parole, non esiste nulla di completamente nuovo e creato dal nulla ma tutto viene plasmato e riplasmato nel tempo. Come la storia ci mostra, le civiltà, nascono, muoiono e rinascono come parte di una nuova cultura, spesso grazie a connessioni e influenze imprevedibili e fortuite. Questo significa che la cultura non è determinata da barriere geografiche o temporali e quello che attribuiamo a un popolo è in realtà patrimonio condiviso da noi tutti. L’autore si chiede dunque se non stiamo sopravvalutando l’originalità e, se ammettiamo che la cultura è una ricombinazione di vari pezzi del passato che già esistono e che vengono ricombinati insieme, la sua creazione non ci ricorda forse il meccanismo su cui si basano invenzioni tecnologiche come ChatGPT? E che, secondo Puchner, se usati nel modo giusto, potrebbero diventare dei catalizzatori per creare qualcosa di nuovo, che non è mai esistito prima.

La cultura non è proprietà esclusiva di chi la crea

Se, seguendo il ragionamento di Puchner, ricalibriamo la nostra visione della cultura come di un entità in continua evoluzione che non è solo di chi la crea, possiamo continuare a parlare di appropriazione culturale? Per iniziare, la cultura secondo la visione proposta nel libro non segue canoni e gerarchie ben definite e non dovrebbe essere considerate proprietà solo di una specifica nazione o di un determinato gruppo etnico. Purtroppo il modo in cui la cultura viene raccontata è spesso molto riduttivo perché enfatizza la storia occidentale e vede Greci e Romani come gli unici veri detentori della cultura del passato che sia degna di essere ricordata e celebrata. Come se non bastasse le pratiche coloniali hanno avuto un ruolo importante nella creazione di una narrativa molto discriminante. Auto-proclamandosi come gli unici veri eredi della cultura classica, i vari imperi conquistatori hanno creato una gerarchia della cultura, attribuendo a quella ‘bianca’ e ‘occidentale’ una superiorità in realtà infondata ma che giustificava il loro dominio sui popoli a loro sottomessi. La nostra idea moderna di cultura è ancora radicata in queste antiche concezioni del mondo e nel suo libro Puchner ci chiede di allargare il nostro orizzonte e guardare oltre quello che ci è noto e familiare, le nostre origini vengono da molto più lontano e sono molto più complesse di quello che crediamo. Un concetto questo già esplorato nel libro Atena Nera di Martin Bernal, dove l’attenzione si sposta dall’origine classica che vede l’Europa come suo centro verso un’idea rivoluzionaria che svela il ruolo dell’influenza di civiltà pre-greche, afroasiatiche come quella egiziana e fenicia.

Un mosaico prezioso da proteggere

Questa visione della cultura come un groviglio di varie civiltà sovrapposte e mescolate, frutto di importazioni e esportazioni culturali bidirezionali seppure molto bella comporta anche dei rischi. La rende un insieme fragile e frammentario che viene messo in discussione e rielaborato spesso non seguendo un processo lineare da una generazione all’altra, ma che può subire interruzioni e essere vittima di fraintendimenti ed errori di trasmissione. Questi non sono necessariamente negativi o da evitare ma dipendono fortemente dalle persone che tramandano la cultura e da come lo fanno, perché inevitabilmente la ‘selezione culturale’ che facciamo, spesso inconsciamente, dipende dalle nostre esigenze e dalla nostra conoscenza ma anche dai nostri pregiudizi. Poche civiltà arrivano ai posteri nella loro integrità e Pulchner usa l’esempio di Pompei come una delle rare capsule temporali che ci forniscono una fotografia accurata di una civiltà in quel preciso momento storico. Se consideriamo invece altre città che sono state abitate in tempi diversi da popoli diversi sono il risultato di vari cambiamenti che nascondono e perfino annullano i segni di chi li ha preceduti. Oggi abbiamo una maggiore consapevolezza e strumenti sofisticati per farlo, quindi dobbiamo cercare di porre particolare attenzione sulla conservazione e la trasmissione della cultura, trovando il giusto equilibro tra la nostra reinterpretazione e il valore del patrimonio culturale di cui siamo semplicemente custodi e non proprietari assoluti.

Appropriazione o arricchimento culturale?

Se, una volta ricalibrata la nostra definizione di cultura, torniamo alla domanda di partenza sul tanto discusso tema dall’appropriazione culturale, il prestito culturale, quantomeno nell’accezione moderna, potrebbe diventare un potente mezzo di creazione culturale attraverso la curiosità e l’apprendimento delle origini di qualcosa. La cosa importante che però non deve mancare è il rispetto e lo sforzo di comprendere davvero ciò che è ‘diverso’ e ‘altro’ rispetto a noi. Secondo Puchner le recenti discussioni sull’appropriazione culturale possono essere quasi sempre viste come una forma di impegno culturale e un segno positivo di interesse verso la cultura e il passato condiviso. Per quanto riguarda il controverso tema della restituzione di oggetti culturalmente importanti che oggi si trovano in alcuni degli ex paesi colonizzatori, il libro spiega come questa possa essere una scelta adeguata ma che quello di cui la cultura ha davvero bisogno, a patto che avvenga di comune accordo, è di essere prestata e fatta costantemente circolare, abbattendo gli ostacoli invece di crearne dei nuovi.

Contaminazione e scambio come fonti di arricchimento culturale

Il libro di Puchner è un chiaro invito a ridefinire ed espandere la nostra concezione di cultura per iniziare a vederla come qualcosa di complesso con molte origini e cause fuse insieme. È un’entità in continuo cambiamento, un qualcosa di imperfetto che nasce dalla contaminazione di tutto quello che l’ha preceduta e questo rende il nostro patrimonio culturale ancora più prezioso. Invece di cercare dei ‘proprietari assoluti’ della cultura dovremmo sviluppare la curiosità di andare oltre le nozioni tradizionali e abbracciare l’idea di sincretismo per essere così in grado di creare una cultura di cui essere orgogliosi e degna di essere trasmessa alle generazioni che verranno dopo di noi.

Valentina Lorenzon