Il bambino di Noè di Eric Emmanuel Schmitt è un piccolo libro. Forse una storia semplice. I ragazzi di prima media però ascoltano in silenzio. Io, a momenti, non oso alzare gli occhi per guardarli. Sento un silenzio assoluto. Cosa mi sta aspettando? Finalmente stacco gli occhi dal libro e li guardo: sono rapiti. Mi rilasso.

Joseph, il protagonista, è un bambino di otto anni, ebreo, costretto a nascondersi nel Belgio occupato dai nazisti. La sua storia, nelle prime pagine, ti lascia senza fiato, quasi ti stringe lo stomaco. Poi fai la sua conoscenza, prendi confidenza e lo segui nelle sue peripezie.

Nel tentativo di sfuggire alla cattura, Joseph incappa in persone meravigliose che rischiano la vita per lui: prima la contessa, disegnata con pochi tratti, ma frizzante e indimenticabile, e poi il carismatico e sfaccettato Padre Pons. Lui condurrà Joseph nella Villa Gialla, luogo dedicato ad accogliere ragazzi orfani, ma anche a nascondere, sottraendoli all’orrore, ragazzi ebrei. Qui il bambino troverà riparo e una quotidianità perduta.

Stringe amicizia con Rudy, un ragazzo di 16 anni, che vive la sua stessa situazione. Non sai se è Joseph che si affida a lui o piuttosto il contrario, perché il piccolo Joseph con la sua innocenza e la sua incrollabile fiducia è un saldo appoggio, non solo per Rudy. E noi iniziamo a toccare con mano la grandezza dei giusti, di quelli che non dimenticano che l’uomo in sé, con la sua storia, i suoi valori, i suoi atti, ha un valore assoluto.

Incontriamo la farmacista Marcelle, burbera e anticlericale, ma presente con tutto il suo coraggio e intraprendente nel proteggere i ragazzi nascosti. E poi, soprattutto, ci confrontiamo con il grande padre Pons che si inventa ogni giorno il modo di proteggere i suoi piccoli ospiti e che, come novello Noè, cerca di salvare non solo le vite ma anche la cultura di un popolo che una furia omicida vuole eliminare dalla faccia della terra.

I miei alunni sospirano, tremano al passaggio della Gestapo, ridono per la fresca innocenza di Joseph e piangono di commozione davanti ai miracoli. E tu insieme a loro. Sono ben riconoscibili in questo lungo racconto l’amicizia, la generosità, il coraggio, ma anche la cattiveria e la stupidità dell’uomo.

E poi ci sono i momenti delle grandi riflessioni, che anche i piccoli capiscono. I temi sono Dio, il valore della storia, il senso delle diverse religioni, l’essere ebreo.

Sullo sfondo ormai la fine della guerra, un accenno allo sbarco, ai partigiani, ma l’attenzione è tutta lì, tra le mura di Villa Gialla, dove seguiamo con trepidazione il susseguirsi delle giornate, il crescere di Joseph e i battiti del cuore di Padre Pons.

L’odissea del nostro personaggio è terminata: un mondo nuovo si dispiega davanti all’Europa.

Arrivo alla fine del libro. La mia voce si chiude sull’ultima riga. I ragazzi prima stanno in silenzio, poi mi chiedono: andiamo a Villa Gialla?

Gabriella Orsenigo