Anno 1 | Numero 6 | Marzo 1998

Una costa lunga meno di tre miglia, un alto faro in cima al monte da cui si può godere una splendida vista che precipita a picco sul mare: Uta-Jima, questo è il nome del piccolo paesino di pescatori in cui si svolge la vicenda narrata. Gente umile, quella dell’isola, che professa devotamente il culto del dio del mare. Proprio quest’ultimo, attraverso il cullarsi e agitarsi delle sue onde, attraverso la sua voce e il suo respiro, ad essere insieme la cornice del dipinto di questo romanzo di Yukio Mishima: La voce delle onde (Feltrinelli). E proprio la voce delle onde è l’elemento costante, quello da cui non si può sfuggire perché è necessario e dipendente dallo svolgimento degli eventi.

La storia d’amore innocente e contrastata, tra i due giovani protagonisti, porta con sé anche la rappresentazione di tutta una comunità con la sua cultura e i suoi tabù. Quella dell’isola è una piccola società di pescatori che, tuttavia, attraverso la forza delle sue tradizioni popolari, il suo amore mai falso e la buona e onesta volontà lavoratrice, vince una grande battaglia: riuscire a far prendere in moglie e la giovane bella figlia di uno degli uomini più importanti dell’isola al giovane e povero pescatore. Il padre di lei è infatti un uomo molto ricco, proprietario di due navi costiere e famoso per essere un uomo malvagio e iroso. La coscienza di tale diversità fa sì che Shinji avverta, improvvisamente, la sua condizione di miseria di fronte alla quale Hatsue è un miraggio lontano, irraggiungibile. Da questa riflessione interiore nasce nel giovane protagonista quel sentimento di inquietudine e di insoddisfazione, che lo condurranno, tra la pace e la tempesta del mare, in un viaggio difficile, dove ciò che deve conquistare è la propria dignità di uomo. Alla luce di quest’ultima considerazione, tutto il romanzo potrebbe essere solo letto come rappresentazione di una crescita interiore individuale, un percorso difficile da compiere, che il giovane Shinji vive fino in fondo. Il legame amoroso con Hatsue diventerebbe allora limitatamente funzionale questo percorso individuale che deve e vuole essere vissuto.

Shinji è un ragazzo di appena diciotto anni che la vita di mare ha reso un po’ troppo alto e robusto per la sua età, ma che gli ha dato in dono dei profondi occhi scuri, particolarmente limpidi che, appena scorgono la fronte madida di sudore e le guance ardenti della ragazza, se ne innamorano. Riconosciuto nel suo corpo l’odore dell’acqua salata e ora le frustate divento sul suo viso, con il loro profumo di onde in tumulto, accarezzano violentemente la pelle di Shinji, mentre capisce quanto sia attratto da quella ragazza che se ne sta, molto spesso, appartata a guardare il mare: quella massa infinita di acqua azzurra che per la prima volta, grazie a lei, il giovane riesce a percepire in modo diverso. Shinji, infatti, ha sempre considerato il mare, così come è considerata la terra da colui che la coltiva, alla stregua di un campo in cui ci si guadagna la vita lavorando. Non ha mai avuto sogni di avventure straordinarie vissute sulla superficie dell’oceano, ma ora “in lontananza, il mondo lo incalzava con la sua vastità, mai percepita sino allora”. Ora conosce l’inquietudine e la tristezza per non ritenersi all’altezza di Hatsue: le sue qualità e capacità sono nulla di fronte a ciò che Shinji vorrebbe invece rappresentare.

Il viaggio interiore di Shinji viene sensibilmente rappresentato attraverso la sfida con il mare. Il giovane decide di lasciare l’isola per imbarcarsi su una delle due navi da carico di cui è proprietario il padre di Hatsue, la Utajima-maru sulla quale accetta un posto come marinaio insieme ad un altro giovane ragazzo, suo antagonista in amore, promesso sposo di Hatsue.

A questo punto è inevitabile avvertire un chiaro parallelismo tra la figura del marinaio di Mishima è quello più antico di Conrad. Entrambe queste figure rappresentano personaggi eroici nella loro semplicità a cui il mare riversa un’esperienza estremamente dura che metterà le forze e il valore di Shinji a dura prova. Il viaggio comincia tra le onde alte e un terribile vento, la sottile pioggia picchia sulla pelle del ragazzo quasi a voler anticipare la tempesta che tra non molto lo travolgerà. La nave sarà presto al largo in balia delle onde e ad una massa enorme di vento che sta precipitandosi senza pietà su di essa. Tra gli uomini dell’equipaggio sarà Shinji che gettandosi in un’impresa eroica riuscirà a governare il controllo della nave. Il valore dimostrato procurerà al ragazzo la conquista dell’autostima, il riconoscimento di tutta la gente dell’isola, ma soprattutto la realizzazione del suo amore e la consapevolezza della misteriosità del mare.

Paola Mazza

“Il mare, solo il mare reca all’isola le
cose buone e giuste di cui essa ha
bisogno… e mantiene quelle buone e
giuste che abbiamo.”

Yukio Mishima è lo pseudonimo di Hiraoka Kimitake. Scrittore giapponese, autore di romanzi centrati sulla dicotomia fra i valori della tradizione e l’aridità spirituale del mondo contemporaneo. La sua prima opera, Confessioni di una maschera (1949), parzialmente autobiografica, gli diede subito fama e successo. La popolarità andò ulteriormente consolidandosi con La voce delle onde (1954), Il padiglione d’oro (1956) e Il sapore della gloria (1963). In seguito, con la tetralogia Il mare della fertilità (1965-1971) Mishima affermò il valore della cultura del Giappone imperiale, criticando gli esiti del processo di modernizzazione del paese. Alla sua figura e alla sua opera è dedicato il film Mishima (1985) di Paul Schrader.

Fonte: ibs.it

In libreria

Yukio Mishima
La voce delle onde
Feltrinelli, 2016

Collana: Universale Economica
176 p., brossura
€ 9,00

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