Ingannevoli apparenze è il primo romanzo del giornalista Livio Frittella e il titolo scelto è azzeccatissimo per la storia corale che viene raccontata, nella quale nessuno dei personaggi è quello che sembra.
La trama ruota intorno alla figura di Arthur Cartwright, maggiore inglese alla soglia dei 70 anni, padre di sette figli e uomo dalla vita piena di avventure (con una giovinezza trascorsa nelle Antille, ad amministrare i possedimenti del padre), amori (due le donne della sua vita, che gli hanno donato dei figli che stravedono per lui), ma anche dolori e sofferenze (la madre che muore quando lui è ancora un bambino, il rapporto difficile con il padre, la perdita della sua seconda moglie, Chantal).
Dalle prime pagine scopriamo che il maggiore vuole riunire i suoi figli nella residenza di Wordingham in occasione della sua festa di compleanno, momento attorno al quale si sviluppa il clou della vicenda. La narrazione, intanto, viene imbastita e preparata accuratamente attraverso alcuni episodi descrittivi che ci permettono di conoscere tutti gli invitati: i sette figli di Arthur, il suo amico fidato Lionel, Esther, la prima moglie, da cui ha divorziato ma con la quale è rimasto in ottimi rapporti…
Come ogni giallo che si rispetti, la ‘scena del delitto’ deve essere ben affollata: e infatti oltre agli invitati figurano le persone di servizio della residenza: la governante, la cuoca, il maggiordomo, il giardiniere… Un colpo di scena dopo l’altro le apparenze si svelano, insinuando il dubbio che nessuno sia la brava e onesta persona che vuole far credere.
Il ritmo della storia è dinamico e coinvolgente, capace di accompagnare il lettore per mano tra presente e flashback passati, e a sbirciare nella vita dei vari personaggi. Sì, perché nonostante la molteplicità di nomi e gradi di parentela da ricordare, ciascuno è descritto in modo così caratteristico che è facile delineare con l’immaginazione le loro figure in modo definito, senza mai fare confusione.
Difficile staccare gli occhi dalle pagine e, oltre al piacevole tormento di sapere come va a finire, tra le parole di Livio Frittella risuona anche la eco di una riflessione riguardo a queste fatidiche ‘ingannevoli apparenze’ che ciascuno di noi costruisce con fatica per nascondere agli altri le proprie debolezze o i propri errori.
Una lettura soddisfacente, avvincente e curiosa, anche nella definizione stessa fornita dal suo stesso autore, che ha scelto come sottotitolo del romanzo: “Un giallo vintage”; forse perché molto della sua storia richiama la penna di Agatha Christie, uno stile narrativo e investigativo magari un po’ datato, ma sempre efficace.
Martina Midolo
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