Sono andata a cercare Jimenez edizioni, neonata casa editrice allo scorso Salone del libro di Torino e le loro pubblicazioni mi hanno conquistato per la qualità dei testi e anche di come si presentano i loro libri: belle copertine, bella grafica, ottima qualità della carta. Un piacere leggere le loro pubblicazioni. Una bella sorpresa. Ho chiacchierato con Gianluca Testani che mi ha spiegato cosa pubblicano e mi ha chiesto cosa leggessi, per indicarmi il loro libro più adatto. Devo dire che per quanto abbiano un numero limitato di titoli (sono nati da meno di un anno), ho avuto l’imbarazzo della scelta.
Ho scelto Io sarò qualcuno di Willy Vlautin, per conoscerli. Credo sia il loro primo, in assoluto.
È difficile dire di cosa parli questo romanzo, che mi ha sconquassato, mi ha lasciato amaro in bocca e mi è piaciuto tantissimo.
Parla di seconde possibilità (ma è molto meglio prendere le prime), di carpe diem, di identità perse e cercate, di errori, di rinnegare se stessi, perdersi e ritrovarsi, del fatto che ci si salva da soli, del guardare in faccia la realtà e che si è davvero fortunati se si ha qualcuno accanto che ti dica “ma che cazzo stai facendo?”.
È la storia di un aspirante pugile, un ragazzo di nome Horace Hopper, sangue metà irlandese e metà indiano Paiute, abbandonato dai genitori quando era un bambino. È cresciuto nel ranch della famiglia Reese, un uomo e una donna che gli hanno dato amore, affetto, e una roulotte-dépendance dove coltivare la propria libertà, ma che non hanno potuto dargli l’identità di cui è a caccia. Vuole affermarsi per riscattarsi e ottenere rispetto e amore, trascurando il fatto di essere già amato e rispettato dai coniugi Reese, che lo amano così tanto da lasciarlo andare e aiutarlo in questa sua ricerca di se stesso. Horace decide di lasciare un lavoro in cui è bravo, per tentare la carriera agonistica e cambia nome e cognome, assumendo le fattezze messicane di Hector Hidalgo. Horace lascia il Nevada per spostarsi in Arizona, dove trova un lavoro come gommista e prende lezioni di boxe da un ex pugile messicano, Alberto Ruiz. Horace ha resistenza, ma non ha talento. E paga i suoi limiti con un distacco della retina che segna la fine della sua carriera. A quel punto Horace precipita nel buio più nero, vergognandosi, incapace di chiedere aiuto. Solo Mr. Reese riuscirà a riportarlo a casa.
È una storia romantica, dolorosa e bellissima, si parla di sogni, illusioni, riscatto. Ci sono paesaggi stupendi, personaggi a tutto tondo, buoni e cattivi.
Il libro parte lento, poi prende un suo ritmo, che culla e che sprona, fino ad arrivare al finale che mi ha lasciato senza fiato (dopo aver urlato, NOOOOO!) ed è costruito in modo magistrale. Davvero.
Leggerò gli altri libri di questo autore, perché la sua scrittura merita: profonda ma non pesante, ti lascia respirare ma ti tiene incollato. E cercherò altri libri di questa casa editrice perché fa le cose con cura. Ed è il tipo di letteratura che adoro: le atmosfere dell’America profonda, rurale, i grandi spazi, le solitudini, l’introspezione non pallosa.
Questo libro è per chi non sopporta i pareggi, per chi preferisce una camicia di flanella ad una di seta, per chi coltiva piante aromatiche sul balcone, per chi ha lasciato andare qualcuno convinto che tornasse.
Patrizia Carrozza
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