Le medie possono essere quasi considerate un mondo a parte, dove i ragazzini entrano da bambini ed escono cambiati non solo da tutte le nozioni imparate, ma anche dalle esperienze, piccole avventure, come se la scuola fosse una piccola giungla da esplorare.
A volte però si è un po’ insicuri o s’incontra qualche ”belva”… È quello che succede a Boris, un ragazzino alle prese con i primi giorni delle medie costretto a uniformarsi alla massa per non essere escluso o deriso.
Ogni capitolo del libro inizia con un: “È perché”, come se ci fosse il bisogno personale di giustificare ogni azione per non sentirsi giudicati o in colpa per qualcosa che si è fatto.
Boris rappresenta in parte quello di cui hanno paura molti ragazzi il giudizio, non solo da parte degli altri, ma anche a livello scolastico, come se un voto o delle scarpe potesse dire chi siamo veramente.
Ad aiutare Boris in tutto questo è il padre, che semplicemente senza dire niente, senza arrabbiarsi, lo fa sentire in colpa e capire.
In particolare mi ha colpito una sua frase: “non ci si può fare giustizia da soli“.
Sono numerosi i film in stile americano in cui un ragazzino che subisce le angherie dei bulli se ne libera a colpi di karatè e che ci danno l’idea di non aver bisogno di nessuno.
Oltre al bullismo il libro affronta, anche se in piccola parte il tema del razzismo, quando il padre di un ragazzino preso di mira da Boris e dai suoi “amici” chiede se la causa sia la religione Ebraica di suo figlio.
Riguardandomi indietro, posso dire di essere stato ben più fortunato di Boris, anche se mi ritrovo in qualche avvenimento. Per esempio, l’eccessiva importanza data all’apparenza, a una maglietta o un telefono in particolare, necessari per entrare a far parte di un certo gruppo. Sembra quasi che l’amicizia vada comprata, non più guadagnata.
Diventare amico di qualcuno non vuol dire diventare come lui, vuol dire apprendere l’uno dall’altro, confrontarsi e non temere il suo giudizio e viceversa altrimenti si finisce per cambiare… in peggio!
Passare col rosso di Hélène Vignal non ci racconta solo una terribile prima media, ci racconta degli stati d’animo, dei comportamenti in cui molti si potrebbero riscontrare, è proprio per questo che mi è piaciuto.
In particolare, ho apprezzato il finale, che si potrebbe definire quasi poetico.
Boris dopo aver visto al telegiornale un video di un coraggioso clown preso in ostaggio, decide di andare a scuola con un grande naso rosso, facendo qualcosa in cui crede davvero, senza paura del giudizio degli altri solo per essere passato col rosso!
Tommaso Stornajuolo
La casa editrice CameloZampa è raccontata in questa intervista di Marco Grasso.
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