Crenn è un senza tetto, un uomo che vive per la strada, di espedienti, e, quando l’agenzia lo chiama, accetta di fare il presidiatore. Il suo compito, cioè, è quello di stabilirsi per un breve periodo di tempo in appartamenti, villette e capannoni sfitti o invenduti. In altre parole, li presidia, per evitare che alte persone senza casa decidano di occuparli. Il suo compenso consiste in vitto e alloggio.

Nel mondo in cui vive Crenn, la società ha un’ambizione e uno scopo precisi: evitare il cambiamento. Fare in modo che le cose si protraggano esattamente come sono, sebbene siano probabilmente ingiuste e si fondino su un unico assunto: proteggere la Terra da una fantomatica razza aliena che da moltissimo tempo, nelle profondità dello Spazio, è impegnata nel tentativo di raggiungerci, invaderci e sottometterci. Nessuno ha mai visto questi alieni, ma i governi, l’industria bellica e l’esercito assicurano che non bisogna abbassare la guardia. Mai. E non bisogna nemmeno cedere alla tentazione di tornare al periodo in cui regnava la pace e l’assetto sociale era mutevole: il caos e il disordine sono pericolosi. Meglio la stabilità della guerra combattuta oltre la stratosfera. Meglio una bellicosa stabilità.

Ma non è tutto. Nel mondo in cui vive Crenn, ci si nutre di cibi precotti, pubblicati – e il verbo non è casuale – da editori che si accaparrano gli autori migliori, cioè gli chef che si sfidano in televisione nel corso di competizioni seguite da tutta la popolazione. Se uno chef perde una competizione o il suo prestigio viene meno, i consumatori si affrettano a buttare le ricette che ha firmato e sono state lanciate sul mercato. E Crenn si aggira per la città andando a rovistare tra i rifiuti, alla ricerca di cibi ancora intatti.

Xavier Loza è uno degli editori più prestigiosi e un giorno incarica Crenn di presidiare un capannone con uffici. In quel capannone, a un certo punto, va a vivere un ospite, che si stabilisce in un piccolo appartamento prefabbricato costruito apposta dal signor Loza, che affida a Crenn un nuovo incarico: avvertirlo se l’ospite esce. Nient’altro. In cambio, riceverà una lauta ricompensa. Ed è a questo punto che il mondo interiore, le intenzioni, la monotona stabilità di Crenn e la relazione che nel frattempo ha intrecciato con una donna, iniziano a vacillare.

La minaccia del cambiamento, scritto da Silvio Valpreda e illustrato da Andrea Bruno, è un romanzo distopico. O meglio, è un romanzo che usa la distopia per raccontare il passato e forse il futuro. Da un certo punto di vista è un romanzo fantascientifico, da un altro un romanzo realista, che sembra ispirarsi a esperimenti sociali totalitari del passato, per ragionare sulle forme di libertà e asservimento volontario del nostro presente occidentale. A pubblicarlo è stata Eris, la casa editrice torinese che in questi anni si è contraddistinta per una ricerca continua nell’ambito del fumetto e del romanzo. Una ricerca che prova a sondare i confini della percezione e della cultura contemporanea. E Valpreda va esattamente in questa direzione, riuscendo in una piccola e difficilissima impresa: scrivere un romanzo senza protagonista.

Crenn, infatti, è il motore passivo di una storia appassionante e inquietante, che non si riesce a smettere di leggere, sebbene il vero protagonista del romanzo sia il mondo creato dal suo autore. Viene da pensare a Bartleby lo scrivano, protagonista del memorabile racconto di Melville, che – come ha scritto Gianni Celati, nell’introduzione all’edizione pubblicata da Feltrinelli – fa inceppare ‘la paranoia delle intenzioni’ che contraddistingue il suo capo e il mondo della burocrazia per il quale lavora. Crenn, però, non fa inceppare nulla. Crenn non desidera nulla. È il figlio perfetto della società in cui vive, tanto da aderire a una religione senza Dio, la cui liturgia ruota attorno a una preghiera che invoca la stabilità e la salvezza dalla minaccia del cambiamento. Crenn non esiste, eppure tutto accade a lui. E noi assistiamo sbigottiti e un po’ ammirati alla sua marginale, attonita e passiva epopea che scivola lungo i binari di un piccolo giallo che si consuma a sua insaputa. E anche la sua ultima e privata forma di ribellione somiglia a un fraintendimento in cui l’unico sconfitto è lui.

Jacopo Masini