La domanda, sempre la stessa, scandiva i ritmi dei dubbi che riservava a quella morte così inaccettabile, improvvisa. Come la frase ripetuta ossessivamente da Lorca che vede il suo amico torero trafitto, alle cinque della sera, quella domanda era diventata con il passare degli anni la sua inconsapevole elegia. Il lento cadere delle gocce di acqua nel lavandino si placò, fino a terminare.

Napoli, 1985.

Rosa è moglie di Salvatore, contabile di un clan camorristico in galera.

Rosa è l’amante di Domenico, agente antiscippo della squadra mobile.

È la sorella di Giuliana, che vive una relazione intima con Anna, e pure di Antonio, tossicodipendente, che condivide con Vincenzo un’esistenza ai margini.

Lei è sempre qualcuno per qualcun altro, perché è una donna di famiglia e sentimento.

Un perno attorno al quale ruotano i legami delle radici, ma pure la speranza e la passione per il futuro, ‘che quelle si sa, non muoiono, se il cuore le possiede.

La mano che scrive ne è sicuramente plasmata. È quella di Angela Vecchione, penna di Exlibris20, al suo esordio con La piazza, edito da Robin edizioni.

La piazza, casa loro. Un microcosmo dell’umanità tutta. Un impasto spocchioso di affare e malaffare che calcava l’asfalto suo e del reticolato di strade adiacenti; una identità che si compiva nei granelli di polvere depositati sui banchetti degli ambulanti, nella messinscena farsesca dei soliti giochi perpetrati dai truffatori ai turisti, nelle braccia dei baristi nei bar che la incorniciavano, nell’ammiccamento esplicito delle donne in cerca di compagnia serale, nelle slot machine nascoste tra gli anfratti degli esercizi commerciali, nei venditori abusivi di bibite, nelle ronde poliziesche dei Falchi su moto di grossa cilindrata. Nella gente di ogni tipo che come un fiume ogni giorno inondava tutti i centimetri del suo suolo abusato.

La piazza è il terreno dentro cui vivono questi personaggi, con i piedi radicati. Napoli ne è la cornice, col suo modo unico di creare luci e odori e rumori e caratteri.

Come si fa a essere fedeli a se stesse, a difendere l’onore di una famiglia sgretolata dai dolori, a colmare le mancanze della morte e degli abusi e restare comunque lì, in piedi, con lo sguardo che supera la delusione e pure il presente?

Rosa non ha delle risposte certe, ma ha la certezza di sapere chi è, di avere avuto botte e mazzate sulla schiena, ma anche l’amore incondizionato dei figli, che forse è vero che colma e sanifica tutto.

Per lei è così.

E lei non è distante dal mondo e dal vero.

Ho trovato qui dentro l’amore universale, quello trasversale, senza età e sesso, quello della grande letteratura che ti tiene sveglio con passioni struggenti e dolori inimmaginabili

Era lì che aveva riscritto la sua storia con parole nuove, trovando senso nell’accudimento di un altro essere umano? Chissà se prova per lui le stesse cose che io provo per Anna, si chiese. Che poi però avrebbe importanza? Scegliere di amare qualcuno, in tutti i modi attraverso i quali l’amore può trovare compimento e senso. Solo questo conta.

E poi, d’improvviso, le descrizioni precise, come una visione netta, da regia di una serie tv:

Antonio cadde a terra esanime portando con sé Rosa, paralizzata dal dolore per la caduta e dalla paura. Non riuscì a emettere un solo verso. Giacevano sul basalto di quella stradina, il corpo di lui riverso sul corpo di lei. Una macchia di sangue da quel groviglio di ossa e di carne fraterne iniziò a espandersi formando una chiazza color porpora.

Angela Vecchione non ha timore di possedere queste due anime, e ce le regala in un testo che possiede dentro un mondo, che è suo, ma pure nostro.

Io non sono brava a scindere ciò che provo da ciò che dico, per cui non lo faccio.
Leggetelo, perché c’è bisogno di riempirci gli occhi con le cose belle e nuove.

E pure con le persone, che sono sempre più belle delle cose.

Natalia Ceravolo

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