Numero 19 | Aprile 1999

«Ucraina», «Piccola Russia» – due nomi per indicare lo stesso popolo. «Ucraina» (Ukraïna), etimologicamente legato al termine slavo «kraj» [limite, bordo], si spiega come «terra di confine». Questo nome appare per la prima volta in una cronaca del 1189 per indicare la regione di confine della Volinia con la Polonia. Poi è passato a indicare la periferia sud-occidentale dello stato moscovita. Quindi nel 1918 si è diffuso a tutto il paese, che noi oggi conosciamo con tale nome.

«Piccola Russia» (russ. Malorossija) è il nome coniato dai Russi per distinguere il paese dalla Grande Russia (la Russia vera e propria). Parola, quindi, che richiama la volontà dello zarismo di cancellare una cultura sorella.

Ancor oggi gli ultranazionalisti russi manifestano una certa avversione per i «fratelli» ucraini. V. Zirinovskij ha più volte affermato di voler realizzare la riannessione dell’Ucraina in caso di vittoria elettorale.

Gli Ucraini, insieme ai Bielorussi e ai Russi, formano il gruppo degli Slavi orientali, che si origina nella Rus’ kievita: la civiltà che dal IX al XIII secolo si estende nelle pianure dell’Europa orientale, dal Baltico al Mar Nero, dai Carpazi al Volga. Questa confederazione di principati slavi, tra cui spicca Kiev, è espressione di una cultura raffinata. Prova ne è il poema «Slovo o polku igoreve» (Canto della schiera di Igor’), autentico gioiello che non ha nulla da invidiare ai poemi epici dell’Europa occidentale.

L’invasione dei Tataro-Mongoli determina la decadenza della Rus’. Il centro del potere passa da Kiev a Oriente, a Mosca, che, nata come città di medie dimensioni, si trasforma in un stato sempre più potente (la cosiddetta Moscovia). Tra il XIV e il XVI sec., consumata la separazione tra Mosca e Kiev, si delineano i mutamenti etnici e linguistici, che portano alla distinzione tra Russi, Ucraini e Bielorussi.

Nel XVII secolo Russia e Polonia rivaleggiano per il dominio sull’Ucraina. Dopo una guerra annosa, i due paesi giungono al trattato di Andrusovo (1667), che porta alla spartizione del paese: al primo vanno i territori orientali con Kiev, al secondo le terre occidentali a ovest del Dniprò.

Pietro il Grande avvia un’opera di russificazione dell’Ucraina, a partire dal divieto di usare la lingua ucraina. Nel 1863 P. Valuev, ministro degli interni russo, scrive che «non è esistita, non esiste e non può esistere alcuna lingua piccolo russa», e vieta categoricamente la pubblicazione di libri in ucraino.

Il 30 dicembre 1922 nasce l’URSS come federazione delle repubbliche russa, ucraina e transcaucasica.

La russificazione prosegue in periodo sovietico. I nazionalisti ucraini subiscono pesanti purghe per le loro cosiddette «deviazioni di stampo borghese».

Kaganovic, eletto nel 1947 primo segretario del Pc ucraino, accusa di «nazionalismo borghese» vari intellettuali, tra cui il regista O. Dovzenko per la sceneggiatura «Ukraïna v ogni» [l’Ucraina nel fuoco].

Scerbyc’kyj, a capo del Pcu dal 1972 per una quindicina d’anni, ordina arresti di massa degli intellettuali, che «hanno idealizzato la storia ucraina e ignorato il ruolo dell’unificazione dell’Ucraina con la Russia» .

Dagli anni ’60 agli ’80 si riduce drasticamente l’insegnamento dell’ucraino e in ucraino nelle scuole, a favore del russo. Nelle università le tesi di laurea e le dissertazioni si scrivono prevalentemente in russo.

Con la caduta del muro di Berlino (1989), la situazione muta radicalmente.

Il 24 agosto 1991 il Consiglio Supremo approva l’«Atto sulla sovranità nazionale dell’Ucraina». Al referendum del primo dicembre più del 90% dei voti conferma il desiderio popolare dell’indipendenza.

L’8 dicembre di quello stesso anno i presidenti di Ucraina (Kravcuk), Bielorussia (Suskevic) e Russia (El’cin) a Beloveza, nei pressi di Minsk, proclamano la fine dell’URSS e fondano la Comunità di Stati Indipendenti (CSI).

Gli anni ’90 vedono l’Ucraina indipendente impegnata in un processo di ucrainizzazione. L’ucraino riacquista la predominanza sul russo. Più del 50% degli allievi delle scuole studiano nella lingua madre. Fervono gli studi sulla cultura patria.

Dalle ceneri di una civiltà medievale sono nati tre popoli. Non è sbagliato affermare che siano popoli «fratelli». Nel corso dei secoli i Russi si sono comportati con prepotenza verso i cosiddetti «fratelli minori», hanno compiuto una dominazione linguistica e culturale, che in buona parte è riuscita.

Si parla spesso del bilinguismo degli Ucraini. Purtroppo non è un bilinguismo perfetto. Le generazioni, che hanno studiato in periodo sovietico, sono state forzatamente abituate a usare maggiormente il russo, quindi oggi «faticano» con l’ucraino. Le nuove generazioni potranno considerare l’ucraino lingua madre a pieno titolo.

Paolo Galvagni

Si suole considerare inizio della letteratura ucraina moderna il poema burlesco Eneide (1798) di Ivan Kotljarevs’kyj. Sulla fabula virgiliana dei viaggi di Enea, il poeta ucraino innesta la realtà del proprio popolo e della propria terra. Così come Virgilio vuole fornire una giustificazione ideale ed eroica dell’impero, il poeta ucraino si propone di mostrare che esiste davvero il popolo ucraino con la sua storia e le sue tradizioni. Al nome di Kotljarevs’kyj è legato l’inizio della drammaturgia ucraina.

Ma è con Ševčenko che la letteratura ucraina acquista una sua dignità.

T. Ševčenko, I. Franko e L. Ukraïnka formano la venerabile triade, grazie a cui la letteratura ucraina esce dagli angusti limiti della cultura regionale e si innalza al livello europeo.

Questi tre grandi, attorno a cui si raccoglie la coscienza nazionale, traghettano l’Ucraina nel consesso delle nazioni moderne.

Taras Grigorovic Ševčenko
Lesja Ukraïnka
Ivan Jakovyč Frankò