Via, pensieri, voi, nubi autunnali!
Ora è la primavera dorata!
Forse nell’amarezza, nel pianto
Passeranno gli anni giovanili?
No, voglio ridere attraverso le lacrime,
In mezzo al dolore cantare canzoni,
Senza speranze comunque sperare,
Voglio vivere! Via, pensieri tristi!
In un triste campo desolato
Seminerò fiori variopinti,
Seminerò fiori nel gelo,
Verserò su di essi lacrime amare.
E per queste lacrime cocenti si dissolverà
Quella scorza dura di ghiaccio,
Forse i fiori cresceranno – e verrà
Anche per me l’allegra primavera.
In cima a un erto monte sassoso
Trasporterò la pesante pietra
E, portando questo terribile fardello,
Canterò un ‘allegra canzone.
In una lunga notte nera, impenetrabile
Non chiuderò gli occhi per un attimo,
Cercherò la stella polare,
Luminosa sovrana delle notti buie.
Sì! Riderò attraverso le lacrime,
In mezzo al dolore canterò canzoni,
Senza speranze comunque spererò,
Vivrò! Via pensieri tristi!
2 maggio 1890
Lesja Ukraïnka (pseudonimo di Larysa Petrivna Kosac) è una figura originale nella letteratura ucraina: unisce il patriottismo e l’impegno sociale con il lirismo romantico.
Nasce nel 1871 a Novograd Volyns’kyj, in Volinia, in una famiglia aristocratica. I genitori appartengono all’inteligencija progressista. La casa è frequentata da scrittori, drammaturghi e compositori. Non a caso già nell’infanzia l.arysa nutre un grande amore per la poesia e per la musica. Si dedica con successo al fortepiano. All’età di nove anni scrive la prima poesia «Nadija» [Speranza], dedicata a una zia esiliata.
Nel 1881 si ammala di tubercolosi ossea, che colpisce prima la gamba, poi la mano sinistra. Ha inizio la «guerra trentennale» con la malattia. In seguito all’operazione alla mano (1893) dovrà abbandonare l’amato fortepiano e il sogno di diventare compositrice.
Per via della salute cagionevole, la futura poetessa non può avere un corso di studi regolare, ma riceve tuttavia una raffinata educazione. Notevole il suo talento per le lingue: conosce il tedesco, il francese, l’inglese, l’italiano, il greco e il latino.
Non tollerando il clima freddo, soggiorna spesso in luoghi caldi: il Mar Nero (Odessa, la Crimea, il Caucaso), l’Italia (Sanremo), l’Egitto.
Muore nel 1913 a Suromi, in Georgia.
Con Lesja Ukraïnka la letteratura ucraina raggiunge le vette del lirismo. Nella sua poesia si avverte la forza e l’intensità del sentimento.
Nell’aprile 1890 ella scrive al fratello:
«Caro Mysa! Sono resuscitata! Di nuovo sollevo una pietra di Sisifo sino alla cima di un monte… Consentimi in questa circostanza di citarti la mia nuova poesia disperata e speranzosa:
In cima a un erto monte sassoso
Trasporterò una pesante pietra,
E portando questo terribile fardello,
Canterò un’allegra canzone.
Canterò una canzone melodiosa,
Disperderò la pesante disperazione,-
Forse da sé si porterà la pietra sull’erto monte
La mia pesante pietra.
Di poesie così ne avrò una decina Eh, anche più, e di tempo ce n’è così poco!
Che pensi, si solleverà? E, è difficile, non questa pietra!… Vedi, penso che non eviterò il bisturi… – la mamma dice che in inverno andrò a Vienna… Ora di nuovo cammino con due stampelle, mi dolgono le piante dei piedi, pertanto cammino come un gatto, anche la schiena duole più di prima, più di tre minuti non posso sedere dritta».
La poesia citata è una variante di «Contra Spem spero!», una delle liriche più famose di Lesja. Essa contiene motivi di ottimismo, fermezza e coraggio. L’autrice propone l’idea della vita come lotta. Ogni parola, ogni verso è il grido di un cuore affranto, l’aspirazione a liberarsi dalle morse di un destino crudele.
Colpisce la sua forza d’animo. La malattia le procura forti sofferenze e la costringe a letto per lunghi periodi. Nonostante questo, continua a scrivere, fiduciosa nella forza della parola. «Vivo proprio da reclusa – da casa in balcone e dal balcone in casa… Però scrivo, scrivo – quindi sono», afferma nell’autunno 1912 a Kutaisi, in Georgia, pochi mesi prima della morte.
Sono molteplici i legami di Lesja con l’Italia. Ella conosce bene la lingua e la cultura del nostro paese. È nota la sua intenzione di scrivere un approfondito studio della letteratura italiana. Di questo ambizioso progetto purtroppo non è rimasta traccia. Però abbiamo il famoso articolo «Dva napravlenija v novejsej ital’janskoj literature (Ada Negri i D’annuncio)» [Due correnti nella letteratura italiana moderna (Ada Negri e D’annunzio)] (1899). In questo scritto sono contrapposti due scrittori «diametralmente opposti per le idee, le simpatie, il temperamento e, infine, per l’origine», destinati a «iniziare un nuovo tempo e nuove canzoni»; la poetessa li definisce «epigoni della grande epoca della liberazione dell’Italia», ai quali «è arrivata solo una debole eco di questa esplosione di generale entusiasmo».
Lesja traduce anche alcuni testi italiani: alcuni versi giovanili di De Amicis, tradotti durante il viaggio in Italia e pubblicati nel 1902 sulla rivista «Volja» [Libertà], la poesia «Fine dello sciopero» di Ada Negri (versione e pubblicazione nel 1907 su «Ridnyj kraj» [Terra natia]), l’inizio del V canto dell’Inferno dantesco (versione del 1898, pubblicata nel 1945 su «Literaturna gazeta» [Rivista letteraria]).
La lirica di Lesja è espressione delle profonde e potenti emozioni di un persona sensibile e appassionata. Ricca per il contenuto e per la forma, essa testimonia la forza della poesia ispirata.
Paolo Galvagni
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