Numero 19 | Aprile 1999

Io un decadente? È una novità per me!
Hai preso un momento della mia vita,
Hai cercato una parola oscura e dotta,
Hai gridato alla Russia “Ecco un decadente!”

Se nei miei canti v’è dolore, pietà, malinconia –
E solo perché così si è svolta la vita.
In essi, fratello, altri sono i motivi:
Speranza, libertà, sensazioni liete.

Non amo rattristarmi astrattamente.
Né sentire rumore nelle orecchie;
Finché son vivo, voglio vivere veramente,
E non temo la lotta della vita.

Anche se sovente inghiotto bocconi amari,
Più volte ho sudato, mi son assiderato e arrochito,
Però non si sono allegati i denti,
Non mi è venuta l’enterite.

Che decadente sono? Sono figlio del popolo,
Che sale, benché rinchiuso nel sottosuolo.
Il mio appello: lavoro, benessere e libertà,
Sono un uomo, prologo e non epilogo.

Con chi beve non brindo oltre la siepe,
Mangio con i miei, ho il bastone per la lotta,
Alla festa della vita non sbadiglio,
E nella povertà non abbasso le mani.

Non sono un parassita, intontito nel lardo,
Che pensa solo alle percentuali,
E accorda la lira per i canti: “la-la-la”.
Che decadente sono, diavolo?

1896

Ivan Jakovyč Frankò è uno dei rappresentanti più illustri della letteratura democratico-rivoluzionaria ucraina. Talento eclettico, spazia in vari campi: è poeta, prosatore, critico e pubblicista, folclorista, storico ed economista.

Vive e lavora in Galizia, territorio un tempo sotto il dominio polacco, poi colonia dell’impero austro-ungarico, ora regione occidentale dell’Ucraina.

Nasce nel 1856 a Naguevici, nei pressi di Leopoli, nella famiglia di un fabbro. Compie gli studi di filosofia ali’ ateneo di quella città. Collabora attivamente al giornale studentesco «Drug» [Amico], dove nel 1874 appaiono i suoi primi versi. Nel 1877 tutta la redazione di «Drug» è arrestata per propaganda di idee rivoluzionarie. Frankò trascorre otto mesi in carcere. Verrà arrestato altre due volte, nel 1880 e nel 1889.

Nel 1893 l’università di Vienna gli conferisce il titolo di dottore in filosofia, ma il governo austriaco non gli permette di insegnare all’ateneo di Leopoli.

Frankò è il primo traduttore delle opere di Marx e Engels in ucraino. Vicino alla social-democrazia, stringe contatti con il giornale leniniano «Iskra» [Scintilla]. Accoglie con entusiasmo la rivoluzione russa del 1905.

Muore nel 1916 a Leopoli.

L’opera di Ivan Frankò porta a perfezione la poesia civile e patriottica. Egli, nella lirica «Decadente», espone le sue idee sul compito dell’artista. Convinto assertore del carattere popolare e democratico dell’arte, replica a un detrattore, il critico Šcurat, che l’ha accusato di disfattismo. Gli accenti di mestizia nelle sue poesie sono suscitati dall’osservazione della miseria dilagante nel paese. Il poeta non concepisce la gioia senza combattere per un destino migliore per il suo popolo.

Il ciclo «Na stari temy» [Temi antichi] fa un richiamo esplicito al passato della Rus’ attraverso le epigrafi tratte dal «Canto della schiera d’Igor». In questa lirica il poeta considera la storia di sofferenze e di umiliazioni, che lega la Rus’ all’Ucraina. Ai Polovcy, che invasero la Rus’ nell’XI sec., seguono i chan tartari (XII-XIV ss.), i cosacchi (XV-XVIII ss.) e i Polacchi. I feudi principeschi del medioevo e la servitù della gleba dello zarismo delimitano questo passato tormentoso.

Accanto ai temi civili, l’opera frankiana mostra anche una vena lirico-romantica. Il temperamento passionale porta il poeta a rappresentare le proprie emozioni intime con forza e intensità.

Frankò «guida il popolo ucraino, destato da Ševcenko, alla rivoluzione, alla lotta di liberazione nazionale, aiuta ad accettare non solo la gioia, ma anche i doveri gravosi di chi partecipa alla costruzione di un mondo giusto». (D. Pavlycko)

Paolo Galvagni

La piccola Russia: la letteratura ucraina moderna