Siamo a Milano.
Il protagonista è l’ex poliziotto Guido Cravat, uomo di cinquant’anni che da un mesetto ha deciso di mettersi in proprio diventando un investigatore privato.
Un giorno viene contattato dall’amministratore unico della E.PU.D.O., il facoltoso Rossano Tommei: “Un bell’uomo di una cinquantina d’anni, alto e grosso. Occhi azzurrissimi e freddi. Capelli biondogrigi. Naso alla Principe di Galles. Completo blu quasi aeroportuale. […] è davvero cordiale”
Lo aveva trovato sulle pagine gialle elettroniche; lo aveva attratto proprio il fatto che fosse nuovo del campo quindi bisognoso di lavorare senza fare troppe domande.
Daniela Tommei, la sua giovane moglie di 26 anni, era sparita da otto giorni.
Aveva provato a chiamarla e richiamarla: telefono spento.
Aveva provato anche a chiamare quel numero che la mattina precedente aveva trovato sul telefono di sua moglie, lasciato maldestramente nel portasaponetta in bagno ma il telefono suonava a vuoto: non lo rispose mai nessuno.
Anche lo psicanalista della moglie, il dottor Giustiniani, non aveva più notizie della giovane donna da mesi ormai. Ma allora lei dove andava? Perché gli aveva mentito?
Ed ecco che entra in gioco lui: l’investigatore Cravat. Deve ritrovarla. Tommei non vuole contattare la polizia ma non dà neanche informazioni rilevanti sulla moglie: non ha famiglia, non ha amici. È una ragazza taciturna, malata di abulia.
“Questa è, o era, Daniela: una specie di nuvoletta umana da fumetto senza parole”
Omette anche gli incontri con lo psicoterapeuta: “Ricca e senza uno psicoqualcosa di supporto? Strano fin troppo”. Cravat è alquanto disorientato: come si fa a trovare una persona senza alcun indizio?
“Quest’uomo come ti ho detto è cordiale ma non mi piace. È uno di quelli che ha sempre la parola giusta, cammina col ritmo giusto, sorride con la giusta inclinazione della bocca; però è come se avesse scritto in faccia che nasconde tutto il resto”
Per uscire dallo stallo in cui si trova, Cravat prende un appuntamento con l’avvocato di Tommei: a quei livelli l’avvocato è qualcosa di più di un semplice difensore: è un custode di segreti, di confessioni. Spera di ottenere qualche informazione utile all’indagine ma ciò che ricava è solo un grosso buco nell’acqua. Riceve, poi, una chiamata da Tommei. L’avvocato lo aveva informato. Lui non voleva impiccioni: lo lincenzia inventando che la moglie lo aveva contattato e che a breve sarebbe tornata a casa. Quindi il suo compito è finito. A breve avrebbe ricevuto ciò che gli spetta. Cravat non crede ad una sola parola di Tommei. Dopo solo due giorni ha incassato duemila euro senza aver fatto niente. Di certo a Tommei i soldi non mancavano ma ormai la sua indagine era partita e lui non lascia le cose a metà.
“La vita mi ha reso un professionista nel mio campo, e ho fatto solo questo. La mia vita è questo lavoro, dal quale non si stacca mai, del quale si vive e alla fine si muore”
Decide quindi di continuare le indagini con quel niente che sa: con in mano la sola foto della donna.
Intanto Tommei, in ansia per la sorte della moglie, con l’aiuto del suo avvocato, si rivolge a Dino Saluzzi: un investigatore privato più giovane di Cravat, forse anche più in gamba e gentile o almeno questa è l’impressione che aveva dato a Tommei.
Anche a lui Tommei non dà particolari informazioni sulla moglie sennonchè la foto e stavolta nomina anche il dottor Giustiniani. Ed è proprio quello il punto di partenza del “Subentrato”: così Cravat lo aveva apostrofato.
In un susseguirsi di reticenze, bugie e colpi di scena, Franz Krauspenhaar in La presenza e l’assenza ci fa immergere in questo giallo in cui tutto non è come sembra.
Ma c’è di più. Oltre le indagini, in un dialogo a tu per tu con il lettore, Cravat parla di sè: della scelta di entrare in polizia e della seguente scelta di abbandonarla per mettersi in proprio; della sua relazione finita un anno e mezzo prima ma che a volte ancora le manca e del suo bisogno di condividere con qualcuno quella sua vita. E poi c’è “lei”: quella presenza che da circa un paio di mesi lo andava a trovare e ciò gli procurava un dolore dentro: gli arrivavano “le fiamme spente, le braci brucianti di quel dolore enorme dappertutto, e da nessuna parte”. A volte, invece, quando non l’avvertiva, quasi gli mancava in un continuo ripetersi di “presenza e assenza”.
Domenica Barbato
Vai alla tua libreria di fiducia o sul sito Bookdealer
Oppure compra su Amazon
E tu cosa ne pensi?