Premessa: provo sconfinato amore per John Grisham da quando, alla fine degli anni Novanta, con Il partner mi ha strappata via dagli appunti per l’esame di linguistica, trascinandomi non solo dentro il mondo corrotto e irresistibile del romanzo, ma anche nella realtà (meno corrotta e irresistibile, ma comunque rilevante) delle mie ambizioni per il futuro, cioè leggere e scrivere fino a consumarmi gli occhi e i polpastrelli.

Inutile dire che ho letto La resa dei conti, l’ultimo romanzo dell’autore, permeata di aspettative smisurate. Che non sono state deluse. 

La storia, ambientata in un lento e umido Mississippi in cui le discriminazioni tra bianchi e neri sono all’ordine del giorno, comincia nella cruciale mattina del 1946 in cui Pete Banning, amato cittadino di Clanton e pluridecorato eroe di guerra, esce di casa e uccide il pastore Dexter Bell.

Perché lo fa?

Sembra impossibile scoprirlo, perché Banning, interrogato dalla polizia, dagli avvocati e dalla sua famiglia (la sorella Florry, i figli Joel e Stella), si limita a rispondere: «Non ho niente da dire». 

Sono balle, ovviamente.

Perché Pete Banning avrebbe, invece, moltissimo da spiegare.Pagina dopo pagina, le ragioni dell’omicidio stentano a venire a galla. In compenso, poco alla volta emerge la vita, con luci e altrettante ombre, del protagonista. Pete, che da ragazzo ha perso la testa e sposato Liza, da cui ha avuto Joel e Stella. Pete, che durante la Seconda Guerra Mondiale ha combattuto contro i giapponesi, rimediando anni di prigionia, vessazioni e torture. Pete, che è stato creduto morto dalla sua famiglia, ma invece poi è tornato a casa.

Che uomo è davvero Banning? Un salvatore della patria o un assassino senza scrupoli? Come mai ha ucciso proprio il pastore Dexter Bell? Perché il giorno dell’omicidio sua moglie Liza non era con lui, ma nella casa di cura per disagi mentali in cui era stata internata mesi prima? 

Le domande sono tante, le risposte poche, gli indizi moltissimi. Solo nelle ultime, anzi ultimissime pagine del romanzo confessioni, rivelazioni e verità esplodono una via l’altra, sorprendenti eppure convincenti (e commoventi: in un attimo il cuore del lettore va in mille pezzi). 

La resa dei conti non è Il partner. E non è neanche Il socio né molti altri legal thriller di John Grisham.

No, La resa dei conti è un romanzo che si dipana con lentezza, e mentre leggi può sembrarti che te lo stia raccontando un vecchio del bayou, con un bicchiere di liquore in mano e qualche cicatrice stampata in faccia. Un romanzo ricco di umanità, che ti riporta a Il buio oltre la siepe, a Tennessee Williams, a un Sud degli Stati Uniti sornione e sudato che spesso anche oggi per noi europei è un rebus troppo impegnativo da decriptare.  

Erika Cordero