L’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti

A. D’Avenia. L’arte di essere fragile

Come possono realtà imperfette raggiungere l’armonia? O, diversamente, cos’è la perfezione? Se un titolo deve creare aspettative e solleticare la curiosità, L’armonia delle cose imperfette ci riesce appieno.

Agata ha solo sette anni quando il padre, di professione musicista e compositore, suona per lei  una melodia. La sua musica era molto bella. Mi disse di averla sentita nel vento e che me la voleva dedicare. Ci aveva trovato dentro l’inizio di una formula segreta, quella dell’amore. Adesso doveva completarla, ma doveva cercarla là fuori, nel mondo. In sintesi: il padre, Edoardo Russello, abbandona la famiglia, la sua stanza di lavoro viene chiusa a chiave e la musica è bandita dalle mura di casa.

Gli anni passano, Agata diventa giornalista e si stabilisce a Verona; è una giovane donna, quando il suicidio della madre la costringe a tornare a casa. Ad attenderla ci sono la nonna e l’amico Federico, ma anche i fantasmi del passato. Li ritrova nei colori, nei pennelli della madre e tra i campanelli che suonano nel bosco al levarsi del vento. Il dolore riporta a galla quanto di irrisolto c’è nella sua vita e nelle sue relazioni con i genitori, tra volontà di riscatto e bisogno di risposte. Nel ricostruire gli ultimi istanti di vita della madre, incappa di nuovo in quella melodia sentita da bambina. Risuona nelle note del pianoforte di Antonio Faustini, misteriosamente in possesso dello stesso spartito che il padre le aveva dedicato. Per risolvere questo mistero, Agata intraprende un viaggio che la porterà ad affrontare le sue fragilità e che farà venire a galla, una a una, verità nascoste.

A fine ottobre il caldo risaliva dalla terra e io ho pensato che fossi tu a trattenere l’estate, portandoti via la nebbia, il ghiaccio e la pioggia. Tutte le stagioni che non avresti più visto. Le prime righe ci introducono alla vicenda con un tono fortemente intimistico. La narrazione è in prima persona, la struttura è dialogica e la focalizzazione chiaramente interna. La prospettiva con cui ci vengono restituiti luoghi e personaggi è quella personale di Agata e con lei, un passo alla volta, il lettore vive il succedersi degli eventi e impara a conoscere le sfumature dei personaggi. Il fidanzato della madre di Agata, Federico e la nonna incarnano l’uomo sicuro agli altri e a se stesso amico, che non si preoccupa dell’ombra sua, per citare Montale. Persone che semplicemente accettano ciò che viene, non si pongono domande o da soli si danno le risposte. Le loro azioni sono lineari e non si fanno problemi a decidere per gli altri se necessario. Non ci sono egoismi o cattiveria in questo: semplicemente loro seguono gli schemi. All’opposto si collocano i genitori di Agata. Si sono amati, forse non si sono compresi, di sicuro non si sono completati. Nessuno dei due ha trovato modo di riempire il proprio vuoto o di realizzarsi. In loro si riconosce la fragilità di chi sposta il baricentro su qualcosa o qualcuno e che, da solo, non riesce a mantenere l’equilibrio. Per uno il baricentro è la musica, per l’altra l’amore, perderli significa perdersi.

Infine ci sono Agata e Antonio, personaggi in divenire, perchè si sentono note stonate alla ricerca dell’armonia. Le loro azioni sono guidate dalla determinazione, ma negli animi albergano dubbi, domande, paure. Il modo in cui affrontano la vita li distingue dagli altri personaggi: loro non accettano false certezze come i primi e non si lasciano annichilire come i secondi.

Nell’intrecciarsi di eventi e personaggi spicca lo stesso fil rouge: l’amore, forza destruens e costruens dell’esistenza umana. Ma l’amore cos’è? Nel romanzo la risposta sembra perdersi in un gioco di stabilità/ossessione, paure/certezze che assume forme diverse, ma che si replica all’infinito. L’ossessione della madre per quell’uomo che l’ha condannata al silenzio scoperchia il vaso di Pandora, lasciando emergere le fragilità dei diversi personaggi. Agata, Antonio, la nonna, Federico, Edoardo Russello sono tutti così concentrati nelle vicende altrui da non rendersi conto che nessuno è dispensato da una qualche ossessione o disequilibrio. C’è chi finge di non vederle, chi non si pone domande, chi ha paura, chi non ce la fa a gestire la forza di certi sentimenti. Solo Agata rompe gli schemi e lo fa guardando al suo dolore con onestà e senza paura. Ma anche questo non basta. Non accetta che ci siano ombre nel suo passato e vuole inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità. Uno alla volta tutti i pezzi del puzzle trovano il loro posto ed è finalmente possibile un nuovo inizio, perchè solo la verità rende davvero liberi e padroni della propria vita.

Non è un caso che questo romanzo parli di musica e di amore. A unirli è la legge fisica della risonanza; trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda è la conditio sine qua non per amare davvero ed essere amati. E questo è possibile solo quando, accettata anche la parte più oscura di noi, si possono cogliere quelle poche note perfette nel grande frastuono dell’esistenza

Cristina Merchiori