L’arte di sbagliare alla grande è il libro che ogni prof dovrebbe avere in cattedra, i nostri ragazzi alle prese con l’adolescenza nello zaino e i genitori che prima di loro ci sono passati sul comodino.

Ma davvero.

Il seguitissimo Enrico Galiano, già autore per Garzanti tra gli altri di Eppure cadiamo felici, Tutta la vita che vuoi, racconta stavolta i suoi salvifici sbagli, quelli che gli hanno permesso di arrivare a ciò che voleva, insegnare e scrivere per l’appunto. Inizia citando Freud che aveva postulato: non facciamo poi tanti errori nella nostra vita, facciamo sempre gli stessi, solo ripetuti infinite volte.

Così pare.

Gli scritti raccolti in questo libro sono la trascrizione quanto più fedele possibile, dice l’autore, degli incontri avuti con gli studenti delle scuole secondarie inferiori e superiori tra il 2017 e il 2019 e di quello che è avvenuto in più di quindici anni di insegnamento.

Leggendo si vedono adolescenti muoversi tra i banchi, si sente l’odore di gesso e di bianchetto, al quale viene sapientemente dedicato un intero capitolo. Il bianchetto è lo strumento al quale si affidano gli studenti per cancellare gli errori, attorniati da un mondo adulto che cerca di nasconderli quegli errori, in un moto perpetuo dove si sbaglia all’infinito, se il pensiero complice delle cadute è il pensiero consolatorio: tanto dopo basta una passata di bianchetto.

Perché poi si cresce e quel provvidenziale liquido bianco non basta più, “là fuori non c’è il bianchetto.”

Galiano, grazie ad una serie di aneddoti della sua vita, snocciola una dopo l’altra le pulsazioni umane che fanno parte del vissuto emotivo dei ragazzi che guarda negli occhi. L’ansia di perfezione, quel desiderio di annientare i nostri difetti che invece ci rendono unici per trasformarci nell’ibrida percezione che hanno gli altri di noi. La bellezza che è così personale e soggettiva da rendere inutili, se non patetici, i tentativi di standardizzarla.

I riferimenti sono tanti e sono puntuali. Dalle bugie che raccontava Ingmar Bergam da piccolo e che hanno stimolato la sua fervida fantasia tanto da farlo vivere di storie, alla sgridata incassata da un piccolo John Ronald Reuel Tolkien, futuro autore del Signore degli anelli, per aver sbagliato il titolo della fiaba che scrisse quando aveva sette anni e che si intitolava The Green Great Dragon. Errori che non andavano corretti perché erano il tentativo di immaginare vite altre.

Che sbagliare non sia bello ma inevitabilmente necessario, lo sapevamo già. Quello che ci regala in più questo libro è il viaggio dentro gli errori commessi dal narratore-autore, nel quale si va oltre l’identificazione, oltre il “cavolo pure io!”.

Con implacabile ironia e stoica empatia, queste pagine possono farci scoprire qualcosa di noi che forse non sapevamo già. Personalmente pagina dopo pagina dicevo a me stessa “è proprio vero, facciamo sempre lo stesso errore… anche io mi sono sempre posta così nei confronti degli ostacoli…la sconfitta, diamine, sempre in questo modo l’ho affrontata in passato!”.

Delle volte riusciamo a scoprire parte di noi proprio grazie alle cose che leggiamo, ai libri che decidiamo di far entrare nelle nostre vite e che riempiamo con la nostra immaginazione, alle poesie fulminanti, gli aforismi rivelatori.

Così capita pure a Galiano. E ci dedica un capitolo – Le farfalla e il giardino. In breve dice che dopo diciassette anni di fallimenti, cinque romanzi mai pubblicati e montagne di ore spese per inseguire il sogno di scrivere libri la vita gliel’ha cambiata Fabio Volo, in un giorno qualunque di una mattina qualunque, prima di entrare in classe. Era in auto ed era maledettamente in ritardo. Alla radio, pochi istanti prima di scendere dalla macchina Fabio Volo in una trasmissione cita una poesia di Mário Quintana che fa così:

Il segreto non è prendersi cura delle farfalle, ma prendersi cura del giardino, affinché le farfalle vengano da te. Alla fine troverai non chi stavi cercando, ma chi stava cercando te.

Come folgorato da rivelazione improvvisa Galiano capisce: tutto quello che avrebbe dovuto fare era prendersi cura del suo giardino. E qual era il suo giardino se non la scuola, i suoi ragazzi, quello che capita nelle mura di un’aula nella quale si formano gli individui ai quali passiamo la torcia olimpica della vita?

Anni spesi dietro a storie che non lo avrebbero portato da nessuna parte, in una catena di azioni che lui sintetizza con FLS, fotocopia-lettera-spedisci per incassare sempre la stessa risposta standardizzata che ogni autore si è sentito dire più volte: La ringraziamo per averci sottoposto il Suo manoscritto ma e bla bla bla.

Con quei versi invece all’improvviso la verità gli si palesa. Avrebbe semplicemente dovuto raccontare quello che conosceva meglio.

Così smette di inseguire farfalle e si concentra sul suo giardino. Inizia a pubblicare video della scuola sui social, inizia a raccontarla. I suoi post diventano virali. Viene seguito da tantissima gente e così alla fine accade. Una mail da parte di una casa editrice importante in cui gli si chiede di scrivere un libro. Il sogno inseguito per anni eccolo lì. Si materializza in una manciata di secondi.

L’errore, ripetuto per anni, viene superato.

Da lì il resto lo raccontano i suoi capitoli, dicendoci di come per riuscire sia necessario sbagliare.

E farlo alla grande.

Angela Vecchione

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