Alta, fiera, con lo sguardo luminoso. E un tatuaggio di un fiore che sembra spuntare dalle scapole per ergersi lungo le spalle, il collo e la testa. Ilaria ha una presenza che si fa notare e da cui si percepisce una grande energia. È lei la protagonista di Ai fiori non serve il pettine libro firmato da Marina Gellona – giornalista, docente alla scuola Holden di Torino e scrittrice – che racconta il percorso personale di Ilaria Santambrogio, coach, consulente aziendale e co-fondatrice di ISN Agency.

Una storia vera che parte da una condizione condivisa da molte persone – soffrire di alopecia – ma risolta in un modo che solo pochi riescono a mettere in pratica, ovvero trasformare una situazione di disagio in un punto di svolta della propria vita. Un percorso che può essere di ispirazione per condizioni molto diverse, ma tutte accomunate dalla libertà che l’accettazione profonda del presente e di sé stessi porta a conquistare. Gli esempi noti per fortuna non mancano: dalla schermitrice Bebe Vio al pilota automobilistico Alex Zanardi, dalla travel blogger in sedia a rotelle Giulia Lamarca, fino alla scrittrice Michela Murgia, la cui scomparsa recente è stata motivo di profonde riflessioni da parte di tutti.

Il libro, uscito per Capovolte Edizioni, “è per me uno dei modi che permettono di realizzare il mio proposito di vita, quell’intenzione profonda che mi fa alzare dal letto tutte le mattine” spiega Ilaria. “Io credo nella trasformazione positiva e nella fioritura verso ciò che è pronto a farsi strada. Come nella mia storia e nella storia di ciascuno di noi. Ho imparato a lasciar andare i capelli, il perfezionismo, un’idea di felicità basata sull’avere per fare spazio al mio sentire vero, autentico che mi ha portato un fiore sulla testa e poi tutta una serie di cambiamenti di vita molto significativi”.

E aggiunge: “la storia personale, poi, può diventare politica quando viene condivisa, quando non ha paura della vulnerabilità della relazione, quando distrugge la forza disgregatrice della conformità e omologazione creando relazioni tra persone, aprendosi alla diversità. Ecco perché il libro è inserito nella collana socio politica di Capovolte Edizioni chiamata Ribelle, dedicata a quei fiori che rompono l’asfalto, dalla celebre frase di Merielle Franco, politica, sociologa e attivista brasiliana”. 

“L’idea che Ilaria mi ha raccontato durante le nostre prime conversazioni era questa” racconta Marina: “lei desiderava ripercorrere la sua storia di fioritura e condividerla con chi vive difficoltà o sofferenza per una cosiddetta non-conformità, con l’obiettivo di creare, intorno al libro, momenti di dialogo collettivo e di confronto su come stiamo rispetto agli stereotipi ai quali sentiamo di dover aderire o ai quali la società ci chiede di uniformarci. Penso che molte e molti di noi possano identificarsi, anche metaforicamente, nel racconto del dialogo interiore di Ilaria con ciò che sentiamo mancarci. Per Ilaria è l’alopecia, negli anni nemica e fonte di ansie e di dubbi su di sé e sulla propria adeguatezza in molti contesti e, via via, anche amica, ovvero fonte di scoperte più profonde su di sé e di slanci di ricerca di un benessere complessivo adeguato al suo sentire e capace di incoraggiare l’espressione delle forme uniche di altre persone”.

Ci puoi spiegare il significato del titolo?

Avete mai visto qualcuno pettinare i fiori? Eppure ogni fiore in natura è stupendo, si apre quando è tempo, è in relazione con l’ambiente, è diverso dagli altri, è fonte di nutrimento per le api, è colorato, gioioso, capace di fare spazio ad altri fiori quando è finito il suo tempo di fioritura per poi tornare e, intanto, i suoi semi si propagano e si mescolano con il mondo. Il titolo e la copertina dialogano e raccontano il tema di questa storia di vita: la ricerca di una bellezza che nel fare i conti con ciò che non c’è, in questo caso i capelli, può contare su ciò che c’è in ciascuno di noi, ovvero la capacità creativa di trovare una propria forma soddisfacente per sé e per lasciar affiorare la nostra anima sulla pelle. A fior di pelle era un altro titolo in lizza, ma nel “buttar via il pettine” abbiamo visto un’energia ribelle che ben si accorda con il titolo della collana di Capovolte Edizioni in cui il libro ha trovato casa. 

Ora che hai fatto questa esperienza con Ilaria, qual è per te la definizione di bellezza?

Dopo aver esplorato e attraversato con Ilaria la sua storia, mi sento sempre più sintonizzata su un’idea di bellezza che nasca da un amorevole ascolto di sé e di un desiderio di benessere trasversale, che intreccia con cura ciò che è buono, e differente, per ciascuno di noi: nella vita personale, nel lavoro e nelle relazioni, nelle scelte estetiche e non necessariamente in quest’ordine. Ognuno trova il proprio e possiamo ispirarci a vicenda senza uniformarci, sperimentando e ascoltando il nostro gusto. E poi c’è una bellezza che definirei collettiva, intesa come sguardo e modalità di relazione capace di valorizzare la forma e il modo di essere peculiare di ciascuno di noi, unico e in continua trasformazione. 

Daniela Giambrone