Anno 1 | Numero 4 | Dicembre 1997

Nel bel mezzo della banlieue parigina, un giorno qualsiasi. Chimo, un diciannovenne magrebino, incontra Lila. Una ragazzina bionda, con gli occhi azzurri. Bella come un angelo, di quelli che puoi vedere stando a naso in su nelle chiese dei cristiani. Lila gli parla, e lo ipnotizza con la sua voce che non dà scampo, e gli dice: guardami, guarda i miei capelli e i miei occhi e le mie mani, le braccia, le gambe, ascolta la mia voce, guardami. Attorno, tutta la bruttura dì una megalopoli che sta volando giù da un precipizio; improvvisamente, sparisce. C’è solo più Lila, un po’ da guardare, un po’ da tenere gli occhi bassi. Poi, un attimo di silenzio. Infinito. Il sole sta tramontando, la gente si è nascosta in casa a ipnotizzarsi con la ruota della fortuna. EH, in quel momento, Lila guarda Chimo negli occhi e dice: “Hai voglia di vedere la mia figa?”.

Scorrendo le pagine di questo libro ‘‘tornano alla mente” immagini familiari: sono le immagini di film come “L’odio” di Mathieu Kassovitz, immagini dei reportages televisivi sullo sgombero a calci nel sedere dei ‘sans papiers’ dalla chiesa di St. Bernard, l’anno scorso. Immagini di un odio disinteressato, endemico nel suo nutrirsi dì tutto e nell’infilarsi in ogni stramaledetto interstizio della vita; dove anche gli oggetti, ci racconta Chimo, sono complici della disgregazione generale: “Noi qui non abbiamo mai bel tempo. I nostri sono edifici che sì oppongono al bel tempo. A volte capita che faccia caldissimo, roba da soffocare, ma non fa mai bello. Bello è una cosa diversa da qui.

Lila dice è un romanzo che in Francia è diventato un piccolo caso. Qui da noi meno, anche perché i ragazzi del marketing della Mondadori l’hanno lanciato come un libro erotico come dire che ‘Palombella rossa’ è un film sulla pallanuoto.

Non si sa chi sia l’autore: si firma Chimo, come il suo personaggio, hanno detto che può essere Daniel Pennac, ma chissà, forse è meglio di no. O un pubblicitario, il che sarebbe ancora peggio. Di certo si sa solo che ha scritto un romanzo stupefacente, che descrive sobborghi e immigrazione con candore, umorismo, originalità e slanci improvvisi di pornografia pura. Che non fa prediche, ma racconta una storia, quella di Lila, un angelo biondo che in mezzo all’inferno gioca a fare il diavolo, e Chimo, un ragazzo che non è più africano ma non è ancora parigino e che dunque, accidenti, se vuole davvero essere qualcuno deve reinventarsi da zero. Partendo dalla voce, e dal corpo, di Lila.

Marco Ponti

 

Chimo è uno scrittore francese, divenuto celebre nel 1997 con la pubblicazione del romanzo Lila dice, caso editoriale in Francia.
L’identità che si nasconde dietro lo pseudonimo non è mai stata rivelata. Potrebbe trattarsi effettivamente di un giovane abitante della banlieu parigina, di origine maghrebina, come il protagonista-narratore del romanzo, ma il fatto che la prosa rozza, che riprende il linguaggio parlato, possa essere invece una precisa scelta stilistica, fa pensare ad uno scrittore già conosciuto. Sono state avanzate anche le ipotesi che si tratti dell’editore del romanzo, Olivier Orban, oppure di sua moglie (CHI – Christine Orban – M [“aime”, “ama”] – O[livier]).
Fonte: Wikipedia

Il libro nel 1997

Chimo
LILA DICE
Mondadori, 1996
L. 24.000

 

Lila dice oggi è fuori catalogo.
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