L’imitazion del vero di Ezio Sinigaglia è una storia di artifici e di inganni, di invenzioni e di millanterie, dove sovente l’ingannatore si fa ingannato, in un continuo scambio di ruoli, e dove il supremo inganno è l’amore, che, al fine, di tutti si fa beffe.

Ambientato, verosimilmente, al tempo delle signorie, nel principato immaginario di Lopezia, scritto in una lingua che imita in maniera fedele, ma ironica, quella dell’epoca, che dà al racconto una piacevole musicalità, senza, peraltro, appesantirne la fluidità, ha per protagonista Mastro Orlando, detto, per la sua mole, Landone, artigiano finissimo, dal multiforme ingegno e dalle mani d’oro, ma dalle voglie pericolose, ancor più in quel di Lopezia, dov’era stata emanata una legge che puniva il peccato di sodomia con castighi così vergognosi e terribili, ch’al paragon la morte parrebbe un premio a ciascuno.

La storia racconta di come Mastro Landone accolga a bottega il giovane Antonio, detto Nerino per via della carnagione scura, proveniente da Napoli con in tasca solo una lettera di raccomandazione del suo precedente datore di lavoro, che ne magnifica il talento. Ma più che gli elogi del falegname napoletano, a convincere il maestro è l’avvenenza del ragazzo, che lo lascia impietrito come colui che la folgore subitamente trapassa.

Questo repentino invaghimento si trasforma in un batter di ciglia in ossessione, alla ricerca della cui soddisfazione Mastro Landone mette all’opera il suo acuto ingegno: per unire le sue due passioni, il legno e i bei fanciulli, costruisce una macchina del piacere, che con l’inganno fa sperimentare all’ingenuo Nerino. Ma se appagati sono entrambi nella carne, per motivi diversi dilaniate sono le loro coscienze e insoddisfatti restano i loro occhi e le loro menti. Gran parte del racconto si gioca proprio sui contrasti: tra la brama dei sensi e gli ammonimenti della coscienza, tra la forza del sentimento e i richiami della ragione, tra verità e menzogna, dando vita a un racconto erotico e sentimentale, comico e di vendetta, giocato sul filo dell’equivoco, sicuramente leggero e scorrevole; eppure non privo di spunti di riflessione, soprattutto su quanto facilmente ci lasciamo ingannare dalle apparenze e pieghiamo la realtà alle nostra visione, cogliendone, di preferenza, quegli aspetti che più si conformano alle nostre convinzioni e scartando, di contro, tutto quello che le sovvertirebbe. Sinigaglia ci mostra anche, tra il serio e il faceto, come ingenuità e saggezza possano essere facce di una stessa medaglia, e come facilmente si possano ribaltare i ruoli nei rapporti e stravolgere le convenzioni sociali. La storia si fa via via più torbida, finendo col coinvolgere anche l’amico di Nerino, Petruzzo, un gran fanfarone, ma proprio quando sembra che tutto stia per precipitare, l’autore la risolve con un finale inaspettato.

Fabio Sarno

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