
Anno 0 | Numero 8 | Maggio 1997
Salta sul davanzale e guarda fuori. Sbucano solo occhi gialli: non si confondono nell’ombra. È notte: fuori c’è vento freddo.
Sono curiosa perché lo incontro. Penso che forse avrei potuto farlo prima. Alcuni mi invidiano. Altri alzano gli occhi al cielo e pensano chissà che cosa per il mio ritardo.
Lo trovo seduto su una poltrona. Si accende una cicca. Beve un sorso. ‘‘Vuoi?” Mi chiede.
Vorrei rispondergli. Appoggio il libro sul tavolo. Con il dorso all’insù e aperto. Pagina cento nove. Mi siedo. Gli allungo il mio bicchiere. Mi offre una sigaretta.
Penso a Paco Ignacio, che fuma Habanos senza filtro e beve anche lui Coca-cola. Paco, Habanos e Coca-cola. Strani incontri. Lui non so che sigarette fumi. Non riesco ancora a riconoscere bene. Allungo lo sguardo. E lui, mentre aspira, mi sorride perché i suoi pensieri gli solleticano gli occhi ma anche i baffi ogni tanto. Sa che, nascosto nell’ombra, mi costringe a osservarlo. Forse anche per questo sorride. Da chiedergli ogni secondo che cosa stia pensando. “Io avevo un amico, prima.” Stacca la cicca. Fuori, solo Quartieri d’inverno. “Ogni tanto passavamo tutta la notte a parlare”. Piega la testa da un lato. “Era filosofo, lui.” Vede il gatto sul davanzale.
Gli alberi sono tutti tesi ad ascoltare. Il vento soffia dal mare questa notte.
“Diceva che girare con pochi soldi non aggiusta niente ed è noioso.” Aspira piano. Mi versa ancora un po’ di Coca-cola. Bevo attenta.
Aspira. Stacca la cicca dalla bocca.
Il fumo sale verso la lampada. Vorrei vederlo bene in faccia.
“Allora – continua – meglio non avere niente.”
Penso chi poteva essere questo filosofo. “Chi era questo filosofo?” Dice lui.
“Un pezzente come me. Non potrei dirle che era un tipo che aveva questo o quest’altro perché lei lo individui. Era pelato, ecco.” Abbassa la testa e io ne approfitto. Scatto veloce sul tavolo. Cade il bicchiere. La Coca-cola si spande schiumando. Il gatto salta. (“I tuoni, seguiti da vipere di luce, gli infondevano un certo timore”). Prendo la lampada tra le mani. La ruoto in avanti. Mi risiedo a pugni stretti. Allora, l’iride si stringe a guardare.
Una poltrona vuota con un libro aperto. Il dorso all’ingiù, sigarette spente dentro un posacenere, l’eco di un sorriso accennato, cruda ironia, forza di dire, coraggio di prendere e andarsene, coraggio di ritornare, sempre.
Sara Beltrame
E tu cosa ne pensi?