Qualche giorno fa, nell’intima e calda cornice della Libreria Trebisonda, ho incontrato Dario Voltolini e Demetrio Paolin per parlare insieme dei loro ultimi lavori, editi Tetra edizioni.

Il discorso, come poi spesso succede con persone che hanno una testa, un cuore e un pensiero particolarmente sviluppati, ha preso varie strade, dai bisogni primari all’editoria, ma è questa è la magia imprevedibile che accade solo negli incontri dal vivo.

Con Dario e con il suo Sedici passeggiate con Kuma (Tetra edizioni) abbiamo ripercorso quel momento molto vicino a noi, per paure e implicazioni sociologiche, della pandemia.

Pandemia che vedeva i padroni di cani come i fortunati vincitori di un tombolino delle libertà che, comunque, sempre tombolino era.

E, in quell’aria stranamente rarefatta, i giardini più verdi e la panificazione più attiva d’Italia, Dario si è davvero ritrovato a condurre queste passeggiate col suo cane, trasformandole in delle riflessioni solipsistiche sui valori, sulle cose, sulle rose (sì anche sulle rose) e sul mondo.

Kuma, un Akita Inu dal pelo arancione, è il compagno di queste lunghe passeggiate e conversazioni

“Kuma, sentimi bene, senti qua: “La totalità dei pensieri veri è un’immagine del mondo”, mi hai capito?”; -“Kuma, lo sai che “La filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero?”; “Ascoltami, Kuma, medita. Quando un maschio alfa dice a un altro maschio di tirare fuori le palle è quasi sempre per poterlo castrare meglio”.

Kuma, il fedele compagno, ascolta, osserva, senza poter rivelare i segreti condivisi dal narratore col quale interagisce con gesti e sguardi anche durante gli incontri con altre persone.

Viene trascinato lungo le vie e, a sua volta, trascina quando per bisogni primordiali impellenti, ricerca un luogo sicuro e intimo.

Il trascinato, dunque, diventa trascinatore nel momento della necessità.

La necessità è solo fisica? Può essere la minzione stessa una metafora voluta per indicare l’intrattenibile? L’imprevedibile ma umano?

Voltolini ci guida in un percorso narrativo spesso divagante e a tratti walseriano, intervallando voli pindarici a ritratti di vita quotidiana.

In un affresco contemporaneo, viene dipinta così la bellezza dell’interazione tra uomo e cane, il tutto in un racconto sul senso della vita, in cui con la consueta ironia e l’altrettanto solida profondità dell’Autore si giunge a comporre un mosaico coloratissimo dell’attuale universale quotidianità.

“In ogni caso mi sembri più meditativo di un tempo, per questo ti parlo della rosa. Tutti hanno parlato della rosa, perché la rosa è la rosa più di altre cose che sono tuttavia, anche loro, “cose”. Quello che ti voglio comunicare è l’entusiasmo per aver trovato una volta ancora qualcosa di sorprendente sul tema della rosa”.

La sorpresa non del nuovo, ma del modo nuovo di dire le cose.

Forse è questo il senso delle parole, delle lettere, dell’arte.

Natalia Ceravolo