Una serie di diapositive. Istantanei ritratti di vita quotidiana che messi uno accanto all’altro creano un racconto. È questa l’immagine che ho avuto nella mente per tutto il tempo, leggendo Tamarisk Row di Gerald Murnane.

I capitoli sono brevi, a volte brevissimi, e la narrazione ha un tono giornalistico, documentaristico quasi. Ma le immagini sono tutta un’altra cosa. Le immagini ci fanno entrare nella mente di un ragazzino australiano di metà Novecento. Un preadolescente, si diceva quando avevo io quell’età indefinita in cui non sei più un bambino ma non ancora un ragazzo.

Un’età in cui ogni giorno sembra uguale a sé stesso, in un loop che pare infinito e non lo è affatto. Un presente fatto di riflessi, dai problemi dei tuoi genitori alle loro passioni, che in un modo o nell’altro impattano sulla tua vita. Per Clement sono le corse dei cavalli, di cui suo padre è appassionato e ossessionato, che sono la sua vita e la sua rovina economica. Sarebbe una famiglia normale, dal tenore di vita decente, se suo padre non avesse quest’ossessione per le corse, che qualche volta sono fonte di ricchezza ma la maggior parte del tempo non fanno che dissiparla.

E Clement con lui ascolta le corse alla radio e quando è da solo in cortile ricrea con legnetti e cespugli l’ippodromo, gli spalti, le corse. Le biglie diventano cavalli, la telecronaca è tutta nella sua testa.

Ma non ci sono solo i cavalli in questa storia.

C’è tutta la vita di un ragazzino che non è più bambino e non ancora uomo. Una curiosità impellente per il sesso, la voglia di scavare e indagare il mistero che nascondo le bambine sotto le gonne. E la quotidianità a scuola, tra il bullismo che c’è sempre stato e i maestri più o meno competenti, più o meno violenti.

La curiosità per il diverso, siano essi gli zingari o i protestanti che pregano lo stesso Dio ma in modo un po’ diverso.

Il miraggio delle verdi colline irlandesi, abbandonate senza mai averci messo piede, ricordo ereditato da chi le ha lasciate per trasferirsi in Australia.

Ci porta nella sua mente, Clement, e capitolo dopo capitolo, diapositiva dopo diapositiva, ci si ritrova invischiati in questo loop che ti riporta a quegli anni che sembravano infiniti, lunghissimi, senza scopo, senza tregua, di lenta e costante scoperta del quotidiano. Ma soprattutto nella sua immaginazione, che trascende la realtà e che coglie ogni spunto per dare una propria interpretazione alle cose del mondo, una propria risposta, per farne una propria personalissima indagine.

Arianna Gasbarro