Capita che al Salone del Libro vai a salutare la casa editrice di un caro amico, che quell’amico ti faccia conoscere i suoi vicini di stand che hanno tanti libri dalle copertine colorate e accattivanti. Capita che tu ne prenda uno tra le mani e legga l’incipit, che in quell’incipit tu rintracci una frase dal quale viene fuori un lapsus freudiano che scacci con prontezza, che tu lo racconti al tuo amico editore e che ci ridi su.

E quel libro, afferrato per caso tra centinaia, tra le migliaia del salone, si mostra subito una lettura irrinunciabile che inizi lì tra la gente e finisci qualche manciata di ore dopo in solitudine.

È la lettura tuttadunfiato del romanzo Tutto daccapo, di A-Dziko Simba Gegele, autrice di origini giamaicane arrivata in Italia per i tipi di atmosphere libri.

Dai un’occhiata alla quarta di copertina e scopri che la scrittrice è pluripremiata ed è vincitrice del Burt Award per la letteratura caraibica del 2014.

Siamo nelle zone del romanzo di formazione, arrivatoci con la voce dirompente di un dodicenne che ci parla della sua famiglia, delle aspettative di una madre da non deludere, dei suoi compagni, degli scontri con il bullo dal quale deve imparare a stare alla larga, di Kenny, l’amico che sa tutto.  Il ritmo di questo libro è incalzante, e tu entri nella storia e ti sembra di essere accanto al protagonista che filtra la giovinezza condivisa con gli strumenti di chi si affaccia alla vita. Guarda i suoi genitori come un giovane Holden.

“Quello non è ballare. Come potrebbe essere ballare quando tuo padre sembra qualcuno intrappolato in una ragnatela e tua madre sembra dell’acqua che sguazza in un sacchetto di plastica? È veramente imbarazzante.”

Crescere è difficile, si sa soprattutto quando Kenny, il più popolare della Percival Thornton High School va dietro a Christina Parker, la tua Christina Parker e tua sorella, la piccola Mary Janga, tua spina nel fianco, è capace di piangere più forte di tutta Riverland. Tutto complicato, affannato, entusiasmante, avvolgente.

La voce narrante cerca di spiegarsi la realtà, di raccontarla a modo suo, circondata da un mondo adulto che accompagna la crescita.

“Mamma, che vuoi dire per applicarti?” …. Se lo avessi chiesto a tuo padre avrebbe detto: “Un ragazzo grande come te non sa come applicarsi? Stai scherzando. E se lo avessi chiesto a tuo nonno avrebbe ritirato fuori una delle sue vecchie storie e ti avrebbe parlato per tre ore di gente che non conosci e di posti che non hai mai sentito nominare e poi si sarebbe dimenticato di che cosa gli avevi chiesto e tu lo stesso. Tua madre non è così. Tua madre si asciuga le mani sul grembiule e ti porta fuori. Ti dice di prendere la bicicletta e di seguirla lungo la strada. (…) Spingere e spingere per arrivare in cima. Spingere. Ecco. Hai capito! Applicarsi. Ecco che cosa vuol dire applicarsi.

 È un romanzo per ragazzi ma si traduce in una lettura per tutti. La scelta della seconda persona singolare per un romanzo d’esordio è ardua, ma riflette il tono di un ragazzo che azzanna la vita, l’afferra e la ingurgita per poi restituirla con le parole di un futuro uomo che vive e sogna, fa baccano e resta senza parole.

“E gli adolescenti fanno cose da paaaazzi con gli skateboard nei centri commerciali e le mettono su Youtube e gli adolescenti guidano. Li vedi guidare nei programmi TV e nei film. Una volta hai visto questo film intitolato On Road, two Teens. Era su questi adolescenti che guidavano. Fico. I loro padri non erano come tuo padre, che non sembra capire che fare tredici anni è l’inizio di tutto. Tu sei in affari. Non hai la barba ma hai i peli sul petto. OK, sono solo due peli, ma sono sul tuo petto.”

Angela Vecchione