Ci sono storie che per essere raccontate vivono anni nelle intenzioni dei loro autori, lentamente assumono la loro forma, mutano come gli stati d’animo di chi li custodisce, ma si prendono tanto tempo per uscire fuori, tra i dubbi e i ripensamenti di chi ha un luogo ma non sa ancora con quale intonazione portarlo agli altri.

Succede a Tamar Hodes, israeliana classe 1961, autrice di Un amore a Hydra, tradotto in italiano da Roberta Donvito ed edito da Scritturapura.

Per molto tempo Hodes vuole raccontare di una suggestiva comunità di artisti bohémien che negli anni 60 del secolo scorso aveva abitato l’isola greca di Hydra, nel golfo Saronico.

Anche Tamar ha vissuto ad Hydra e le sue descrizioni dettagliate lo mostrano dalle prime pagine. I suoi genitori, sudafricani e membri anch’essi della comunità di artisti e intellettuali anticonformisti, si erano trasferiti lì quando l’autrice era solo una bambina. Prima che lei e i suoi genitori se ne andassero per trasferirsi nel Regno Unito, Leonard Cohen diede a suo padre i suoi diari nei quali racconta il suo grande amore per la modella norvegese Marianne Ihlen.

Così nasce la voce.

Per molti anni ho pensato di scrivere un libro sul periodo che ho trascorso sull’isola e sulle persone che conoscevamo lì. Ma è stato solo quando mio padre, prima di morire, mi ha dato il diario di Leonard e quando anche Marianne e Leonard sono morti a soli quattro mesi di distanza l’una dall’altro, nel 2016, che ho deciso di farlo.”

Cantautore, scrittore, poeta Leonard Cohen ha all’attivo le raccolte Let us compare mythologies e The Spice-Box of Earth prima di approdare sulle sponde dell’Egeo. L’isola–rifugio gli farà completare due romanzi, The Favourite Game e Beautiful Losers, e la sua terza raccolta poetica dal titolo Flowers for Hitler del 1964.

A Hydra incontra la bellissima Marianne con la quale vive un amore straordinario. Lei, divina, musa, presenza discreta e salvifica dei suoi processi creativi. Hodes non scade mai nel mero sentimentalismo, li ritrae così, nudi e crudi come direbbe il buon Bennet: immortalando però la dimensione totalizzante che solo una relazione destinata a finire può avere.

Marianne è sposata, ma il suo è un matrimonio finito da tempo, ha un bambino Axel Joachim che porta con sé a casa di Leonard. I tre vivono insieme per un po’, tutto sembra funzionare alla perfezione, tra l’artista e il bambino si stabilisce un rapporto speciale per il tempo che Hydra concede loro. Cohen è destinato ad avere successo, Marianne ne è consapevole. Così lo lascia alla sua sorte, alla sua fama e alle altre storie che vivrà.

Ho amato te e ho amato tuo figlio. Quando chiudo gli occhi, ti vedo seduta al tavolo, con tuo figlio dall’altra parte, e io ho in mano dei fiori bagnati di rugiada, e voglio che tu ti apra a me come se fossi entrato nella caverna della tua anima.”

Alle loro spalle la natura incontaminata, strade percorse da muli con catenelle dondolanti, la retsina il tipico vino greco di cui le case e le tavolate di amici sono piene. Le descrizioni dell’isola sono autentiche come solo chi ha abitato davvero un luogo è in grado di restituire fedelmente.

Angela Vecchione