Tutti conosciamo, per averle studiate a scuola, le vicende che, dal Risorgimento al referendum che ha sancito la fine della Monarchia e la nascita della Repubblica, hanno legato, nel bene e nel male, Casa Savoia alle sorti dell’Italia.

Ad essere comunemente noti sono, però, solo i personaggi principali e i grandi eventi che hanno segnato la Storia della nostra Nazione. A sfuggirci, con una visione “scolastica” degli eventi, è il contorno, l’ambiente in cui i “grandi” si muovevano, l’importanza delle corti e come si svolgesse la vita all’interno di esse.

Andrea Merlotti con il suo Vita quotidiana alla corte dei Savoia va a colmare proprio questa lacuna.

Nel suo testo evidenzia come la corte fosse un contesto molto più complesso e articolato di quanto appaia ad un osservatore superficiale e come i sovrani, pur essendone l’elemento trainante, non ne fossero i soli protagonisti.

I reali appaiono come l’elemento principale di un meccanismo, da essi stessi costruito, che non possono fermare, proprio a causa delle regole che hanno stabilito. Essi sono, in un certo senso, prigionieri di un sistema la cui ripetitività e i cui riti appaiono quasi immodificabili, rappresentando, al contempo, la più evidente espressione del loro potere.

Per la corte dei Savoia non sono disponibili diari e memorie di nobili appartenenti alla corte stessa, per cui le fonti principali sono documenti istituzionali come i regolamenti, che definivano i compiti di tutti i cortigiani, e i “registri di cerimonie” in cui si riportavano i principali eventi avvenuti a corte, mano a mano che si svolgevano. Altre fonti derivano dalla letteratura di viaggio, lasciata da viaggiatori che hanno frequentato la corte.

Merlotti sceglie di affidarsi, principalmente, ai documenti ufficiali, consapevole del fatto che i giudizi dei viaggiatori sono influenzati dalla personalità dello scrivente e dal contesto con cui ha potuto confrontarsi.

Il testo è diviso in tre parti ciascuna dedicata a un diverso aspetto della vita di corte, le informazioni fornite sono molte e non si possono analizzare nello spazio di una breve presentazione.

La prima parte, “Il re, la corte, le regge: tempi, luoghi e modi della regalità”, ci introduce l’insieme di regole che, scandendo la vita a corte, definivano nei minimi dettagli anche i compiti di ciascun componente, dal re ai paggi.

Interessante notare come le funzioni di servitù, che richiedessero il contatto con il sovrano, fossero destinate alla nobiltà con una gradazione dei compiti che coinvolgeva tutti, dai nobili agli sguatteri di cucina.

Solo la procedura per lavarsi e vestirsi al risveglio richiedeva l’impegno del gran ciambellano, due aiutanti di camera, tre paggi e un garzone di camera, ciascuno con il suo ruolo e un diverso livello di interazione con il re (per esempio il garzone di camera rimaneva fuori dalla camera e passava i vestiti e altro all’aiutante di camera o a uno dei paggi).  Etichetta analoga era prevista per i pasti e tutti gli eventi quotidiani. Nelle pagine si evidenzia come quello che a noi appare come un inutile e ridondante sfoggio di potere, era vissuto come un onore, permettendo a chi serviva il re, di parlargli e discutere con lui di questioni anche centrali per le proprie strategie politiche, sempre rispettando una serie di regole e procedure che riguardavano praticamente ogni attività.

Nella seconda parte del libro ci si concentra sulla vita a Palazzo e si evidenzia il legame tra la corte e la città di Torino. Nel periodo dell’anno in cui il re risiedeva a Palazzo Reale, di norma dal 16 dicembre al 4 maggio, erano i tempi della corte, con il suo calendario determinato in gran parte dalle festività religiose, a scandire quelli della vita della città. Tra Natale, San Silvestro e Capodanno i ceti dirigenti degli stati sabaudi confermavano la propria fedeltà ai sovrani porgendo i propri “complimenti”, il 26 dicembre iniziava la stagione, allora riservata alla corte, del Teatro Regio, dopo l’Epifania si apriva la stagione dei balli, nel periodo di Carnevale le corse in slitta erano un divertimento ancora nella prima metà del ‘700 e negli ultimi tre giorni prima della Quaresima si svolgeva il “corso delle carrozze”.

A parte gli eventi ufficiali, diverse testimonianze evidenziano come i Savoia, per i torinesi, non fossero una presenza distante e inaccessibile, ma facessero parte della vita quotidiana e come fosse possibile incrociare il sovrano e i principi a passeggio o durante gli spostamenti in città.

Fra tutte le cerimonie della corte sabauda, tra le più importanti sono citate le ostensioni della Sindone. Inizialmente più numerose, dopo il trasferimento definitivo nella Cappella del Guarini, furono per lungo tempo effettuate, salvo rare eccezioni, solo in occasione delle nozze del principe ereditario.

Le attività della corte scandivano la vita di Torino che ne era, per molti aspetti, l’estensione. La corte non solo rappresentava per la città la principale risorsa economica ma ne definiva proprio il volto, tanto che, quando si spostava nelle residenze, di norma da maggio a dicembre, la Torino vivace della corte, assumeva, agli occhi dei visitatori,  un aspetto decisamente più smorto.

La terza parte del libro si occupa proprio della vita nelle residenze di villeggiatura. Lo spostamento fuori Torino non era, per i regnanti, una vacanza, ma permetteva loro di allontanarsi dallo stringente cerimoniale di Palazzo Reale e soddisfare il bisogno di una dimensione più privata permettendo anche a ospiti di rango di presentarsi in incognito. Quindi si praticava il jeu de paume (antenato del tennis) nelle gallerie delle residenze di Venaria o di Moncalieri, si giocava nel labirinto della Venaria e si praticava la caccia, attività apprezzata anche dalle principesse.

La lettura è interessante e scorre piacevolmente per tutte le 150 pagine del libro, anche grazie alla scelta di non inserire note a piè di pagina che, pur permettendo la restituzione puntuale dei riferimenti, avrebbero deviato l’attenzione del lettore dal percorso tracciato sapientemente da Merlotti. L’analisi dei diversi aspetti della vita di corte, è approfondita e molto documentata, il libro si legge volentieri e riesce a dare una visione esaustiva e interessante, anche grazie a un ricco apparato iconografico, dell’ambiente, politico, culturale e privato che ha forgiato la dinastia destinata a unire l’Italia.

Valerio Milano