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Anno 0 | Numero 4 | Dicembre 1996

“Il romanzo è per me il tempo della concentrazione e della capitalizzazione delle mie energie, ma, quando l’ho finito voglio tornare a essere me stesso: un dissipatore della mia vita. Strana combinazione quindi: da un lato c’è il tempo che dedico alla produzione artistica (circa dodici ore al giorno), dall’altro ci sono io ancora idiota del villaggio, un po’ velleitario, un po’ ignorante”. Questo è Aldo Busi. Ultimo libro pubblicato con la casa editrice Frassinelli è Suicidi dovuti. Il romanzo contiene la propria trama in nuce in Sodomia corpo 11 pubblicato nel 1987. “Ha avuto sette anni di gestazione – racconta Busi – perché andavo alla ricerca del punto di vista: chi doveva raccontare cosa e quindi che tipo di estensione intellettuale dove-va avere questa persona e quale capacità di intervenire sul mondo e di capire la realtà. Insomma: chi era delegato a rappresentare il mondo per me”. Ed ecco Pigliacielo Pino sacrestano in seconda che decide dì festeggiare il suo sessantatreesimo compleanno suicidandosi con l’ossido di carbonio. Pìgliacielo è stato in seminario ma è stato respinto e, non ha potuto diventare prete. E un uomo che ha sempre vissuto nella falsa modestia e nell’omertà (è testimone oculare dì tutti crimini del suo paese, ma non ha mai detto nulla). Non ha mai avuto fiducia in se stesso ed è sempre stato all’ombra di un corpo altrui (Don Pierino). La storia è ambientata a Pieve di Lombardia. Suicidi dovuti è, quindi, un romanzo volutamente provinciale dove ritroviamo il prete, la bidella arrampicatrice sociale, il figlio scemo del farmacista, la panettiera, il sindaco, il preside, il primario… e poi Marì, la finta bionda. Marì che a 27 anni sconvolge questo paese commettendo adulterio. Marì che decide di riconquistare la propria perduta verginità spirituale e che quindi aspira alla sincerità. Marì che non si trincera dietro la doppia vita: lei aspira all’unicità, vuole essere se stessa, lei dichiara il proprio amore nei fatti. Questo dichiarare la propria passione la porta nel giro di poche ore ad uscire dì casa con la vestaglia senza, quindi, abiti vistosi comprati dal marito (un uomo borghese che lavora alla provincia), senza trucco, senza gioielli. Firma una dichiarazione in cui rinuncia a ogni patrimonio e soprattutto al figlio e sale sulla macchina dell’amante (“un nullafacente che, come tutti i nullafacenti, insegna matematica nelle scuole serali, è un comunista e si maschera dietro l’impegno sociale, ma in fondo è un ingegnere fallito”). L’ingegnere fallito vede che questo splendore dì donna che lui era abituato ad ammirare sui banchi di scuola serali come una regina piena di brillanti, truccata, bellissima si presenta ora, che ha abbandonato tutto per lui, nella sua intima semplicità. E cosa fa? L’abbandona in una strada di Forlì. Marì si ritrova dal lusso, da un’agiata posizione sociale alla disfatta. Gli amici scompaiono e lei, dopo altre traversie, si suicida. Ma in Suicidi dovuti c’è una morale? Sì, ed è la morale di Pigliacielo. Essendo, in fondo, un diverso lui ha sentito una calamita da parte di questa donna che un giorno l’ha fermato e l’ha sorriso. ‘Da lì nasce un grande amore da parte di lui per la donna e quando lei si suicida in lui nasce il pensiero del ‘suicidio dovuto’. Pigliacielo dice: Il sangue umano è il gusto più prelibato di un uomo in senso metaforico: noi siamo essenzialmente cannibali. Hai ammazzato? Hai stuprato? Hai fatto del male? Va be’ l’hai fatto. Fa pure queste cose ma alla fine suicidati. ‘E lui si suicida per scontare il gusto che si è preso nel fare qualcosa di questo tipo. “Ma il suicidio di Marì non è un suicidio dovuto (lo sono gli altri tredici del romanzo) la donna si suicida perché come tutte le persone che decidono dì togliersi la vita in fondo vogliono uccidere qualcun’altro attraverso se stessi. Forse però c’è un altro motivo: dai quattro quaderni che manda a Pigliacielo si capisce che è rimasta incinta, ma non dall’amante, da qualcun’altro incontrato in seguito. Nel romanzo interagiscono cinquantotto personaggi e il tutto si svolge in un istante: l’ultimo istante della vita in cui Pigliacielo si rende conto che la vita precedente non l’ha vissuta; si è negato alla passione e non è mai riuscito a comunicare il desiderio. È un romanzo molto drammatico ma è tremendamente comico perché la voce di Pigliacielo non è una voce dì grande strumenti culturali; è un uomo che ha una subcultura formatasi tra il mondo cattolico e la carta stampata pettegola.

Suicidi dovuti è un romanzo che nasconde una riflessione su questo nostro tempo: il suicidio di Pigliacielo, persona non autentica, e il suicidio dì Marì, persona troppo autentica, vogliono dire, in fondo, che tutti in questa società in cui regna la cultura dell’inautenticità siamo costretti al suicidio protratto, siamo cioè costretti a nascondere i nostri sentimenti perché nel momento in cui mostri la tua pochezza (come fa Marì) in quel momento lì appartieni all’emarginazione.

Lea M. Iandiorio

 

Questo libro oggi è fuori catalogo

Aldo Busi nel 2016

L’esordio letterario risale al 1984 con Seminario sulla gioventù.
Considerato uno dei maggiori scrittori italiani, è anche apprezzato traduttore letterario. Ha tradotto diversi libri tra cui Alice nel paese delle Meraviglie di Lewis Carroll e Intrigo e amore di Friedrich Schiller.
Tra le sue opere: Vita standard di un venditore provvisorio di collant, Sodomie in corpo 11, Altri Abusi, Le persone normali, Vendita Galline km 2, Manuale del perfetto single, La signorina Gentilin dell’omonima cartoleria, E io, che ho le rose fiorite anche d’inverno?, Casanova di se stessi, Dritte per l’aspirante artista (televisivo), Aaa!, Bisogna avere i coglioni per prenderlo nel culo, Vacche amiche (un’autobiografia non autorizzata), La camicia di Hanta, Seminario sulla gioventù-Seminario sulla vecchiaia.
Nel 1992 ha preso parte al film Mutande pazze diretto da Roberto D’Agostino. Ha lavorato anche per la televisione, in qualità di ospite e per il reality televisivo Amici di Maria de Filippi, dove conduceva la rubrica Amici Libri.
Nel 2010 ha partecipato alla trasmissione L’Isola dei famosi abbandonata per esasperazione con un monologo di denuncia sull’Italia, la sua politica e la società.
Nel 2012 esce per Dalai il romanzo El especialista de Barcelona.
Del 2013 E baci, pubblicato da Il Fatto Quotidiano.

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