Numero 18 | Marzo 1999

Una tensione speciale attraversa gli Autoritratti di Gian Ruggero Manzoni, quella della differenza. Credo che gli ultimi anni siano riusciti ad aprire una piccola falla nel processo di omologazione, una di quelle fessure che, prodotte nel cemento di una diga, infine la sventrano. L’orrore dell’omologazione su scala mondiale è qualcosa con cui facciamo i conti ormai quotidianamente. L’uguaglianza di ogni cosa, quella che ognuno può avvertire se solo prende un aereo e va dall’altra parte del globo, è stata disseminata in modo da creare la forma peggiore di razzismo: inquadrare tutti gli uomini nel modello produttivo occidentale (del bianco).

In realtà tutti gli uomini sono diversi, e proprio questo delinea la loro bellezza, la loro importanza, il valore che ognuno di loro possiede. Si tratta di un’immagine inflazionata ma credo vada ripetuta alla nausea: ogni uomo è la singola tessera del mosaico del mondo. Solo l’idea della differenza aiuta a capire il valore della singola creatura vivente, sia essa uomo, animale, pianta: ogni cosa concorre, nella sua singolarità, a formare il tutto.

Gli Autoritratti di Manzoni sono tessere di un cosmo variegato e cromatico, che ancora pullula sotto la crosta omologante del «mercato»: una serie di quadretti che emergono dalla succosa provincia italiana, e tutti dipinti a tinte forti. Il titolo si riferisce al fatto che le tante figure si raccolgono nella cruna dell’individuo che le osserva e ne delimitano infine l’autoritratto: ogni uomo incarna una parte di me stesso e se ho la forza di coglierne la singolarità non faccio che analizzarmi, che mettere a nudo un pezzetto di me.

Manzoni aborre gli orientalismi all’italiana, eppure dalla sua prosa sfocia proprio un insegnamento che nell’Oriente affonda la radice. Tat twam asi, «questo sei tu», disse il Buddha arrestando la sferza con cui il contadino frustava la vacca: quel Buddha vede che lui è Buddha e la vacca è vacca e il contadino contadino. Tat twam asi non è affatto un modo di mescolare le carte, viceversa un modo molto pitagorico di concepire l’armonia del cosmo: sta per «questo sei tu, e in quanto tale questo dà forma, con te, a un cosmo». Con questo riconoscimento l’individuo, sollevandosi oltre se stesso, si ravvisa nell’altro, vede che l’altro non è come lui ma è lui. Ecco dunque che il solo modo per concepire l’uguaglianza è far sentire all’uomo la meravigliosa differenza che attraversa il mondo, la legge per cui ogni cosa concorre all’unità, far sentire che il singolo è parte dell’intero.

Tutto questo emerge dal libretto di Manzoni e pertanto: non c’è bisogno di buddismi all’italiana, non c’è bisogno di sette o di templi per comprendere quell’armonia che, guarda un po’, si trova proprio alla radice del pensiero occidentale. E ne emerge anche un pensiero forte di cui abbiamo tanto bisogno per scrollarci di dosso i troppi legacci annodati nei decenni trascorsi. Non è poco che lo si possa fare mediante una lettura divertentissima e penetrante.

Antonio Castronuovo

«… a Vines bastava divenire partecipe, anche solo per un attimo, di un’altra esistenza, e ciò lo appagava.»

Il libro nel 1999

Autoritratti di Gian Ruggero ManzoniGian Ruggero Manzoni
Autoritratti
Essegi, 1998
pp. 64, L. 15.000

Il libro attualmente è fuori catalogo

Biografia del 1999

Gian Ruggero Manzoni è nato in Romagna nel 1957. È scrittore, poeta, pittore. Ha pubblicato numerosi libri. Dirige la rivista Origini. Nel 1990 ha realizzato con Gianni Celati la rubrica Narratori delle riserve per Il Manifesto.

Biografia aggiornata

Gian Ruggero Manzoni è nato nel 1957 a San Lorenzo di Lugo (RA), dove tuttora risiede. È poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, performer. Frequentato il Liceo Classico a Lugo di Romagna, nel 1975 si iscrive al DAMS di Bologna indirizzo Spettacolo.
Nel 1977, a seguito dei fatti riguardanti il famoso “Marzo Bolognese”, lascia la città emiliana e parte volontario nelle Forze Armate. Negli anni successivi soggiorna per lunghi periodi in Belgio, in Francia e in Germania, dove frequenta quegli ambienti artistici. Insegna Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino dal 1990 al 1995.
Come teorico d’arte, pittore e poeta partecipa ai lavori della Biennale di Venezia negli anni 1984 e 1986, edizioni dirette da Maurizio Calvesi. Ha al suo attivo oltre 50 pubblicazioni e 70 mostre pittoriche.
Ama abitare in provincia e, come di solito dice, “dell’uomo di provincia possiede tutti i difetti, ma anche tutti i pregi”.