Riassumendo temi e motivi dell’intera tradizione romantico- decadente, la grande esemplarità di Wilde, nella specificità di questo romanzo, è quella di restituirci – nel suo aspetto più estremo – la terribile potenza dell’arte che è poi, essenzialmente letteratura. È nello scoprire la grandezza di quest’ultima che Dorian, colui che appariva immune dalla corruttela del mondo, cade nel baratro a cui l’esaltazione delle sue caratteristiche più profonde, inevitabilmente conduce. In questo percorso Dorian è accompagnato e costantemente stimolato da una delle presenze più significative del romanzo, Lord Hanry: gli insegnamenti temerari e pericolosi di un nuovo estetico ideale di vita. La figura del pittore Basil, quindi dell’arte, è invece complice inconsapevole benché essenziale alla possibilità, all’evoluzione, alla fine, della vicenda; solo in quanto dipendente anche egli stesso dall’amico Hanry.
È Basil che, stimolato dalla particolare esaltazione che nutre per la bellezza del giovane – che è poi ciò che fa della sua arte la vita stessa – dipingerà il meraviglioso ritratto del giovane Dorian: tutto il candore, tutta la purezza appassionata della gioventù. Sarà poi il ritratto a costituire l’anello di unione tra queste tre figure.
Lord Hanry, che vede nel giovane passioni che l’hanno spaventato, fantasticherie e sogni vergognosi, gli insegnerà che «l’unico modo di liberarsi di una tentazione è di abbandonarsi ad essa. Resisti, e la tua anima si ammala di nostalgia per le cose che si è proibita, di desiderio per ciò che le sue mostruose leggi hanno reso mostruoso e illecito». Di queste parole, di questo inno ai sensi come cura per l’anima, Dorian farà un invito alla dissolutezza, alla corruzione, alla vanesia, alla consapevolezza troppo presuntuosa della propria bellezza. Quest’ultima pare al giovane di tanto valore, che persa quella, sarebbe stata meglio la morte. È così che il quadro di Basil viene a rappresentare per Dorian ciò che lui era destinato a perdere e il quadro a conservare in eterno; da qui nasce il suo desiderio e la sua condanna: «Se fossi io a rimanere giovane in eterno, e il ritratto a invecchiare! Per questo – per questo – darei qualsiasi cosa! […] La mia stessa anima.»
Il tema di un giovane che vende l’anima al diavolo in cambio della gioventù eterna non è un nuovo nella storia della letteratura, ma Il ritratto di Dorian Gray (Feltrinelli) ne costituisce una tipicità tutta sua. Come ha osservato Aldo Busi, in Wilde il Mephisto arriva al punto di scomparire come figurazione propria per fare tutt’uno con colui che la evoca, non a caso il ritratto costituirà per Dorian lo specchio della propria dualità.
Quel ritratto pareva avere coscienza degli avvenimenti della vita man mano che si verificavano, così che non solo i tratti del volto invecchiavano al posto dei suoi ma, rispecchiandone, l’anima stava, lentamente, diventando un essere orribile e disgustoso. I tratti del suo dipinto erano rugosi ed appassiti e la bella linea della sua bocca era ormai deturpata da pigli di perversa crudeltà. Dorian si era macchiato di delitto, era colpevole di molte sofferenze e alcuni suicidi, la sua freddezza e la sua crudeltà mostravano gli aspetti più degradati di tutti i piaceri, di tutti i vizi. Gioventù eterna, passioni infinite, gioie e peccati sfrenati. Quel dipinto custodiva costantemente la maschera della propria vergogna, il segreto della sua vita, narrava la sua storia: quel dipinto «gli aveva insegnato ad amare la propria bellezza: gli avrebbe anche insegnato ad avere orrore della propria anima?» Eppure, in un processo paradossale, contemplando quel dipinto Dorian pare sempre più affascinato dal corrompersi della sua anima, sorridendo con segreto piacere alla vista di ciò che portava il peso che avrebbe dovuto essere suo perché, come gli diceva Hanry, diventare lo spettatore della propria vita significa sfuggire le sofferenze. Si tratta di un’illusione: se Dorian è il Diavolo stesso, e il ritratto altro non è che uno specchio, allora la vergogna che l’uno rappresenta fisicamente, l’altro la sopporta interiormente. Ciò che Wilde rappresenta è infatti l’avventura di un’anima che è indissolubilmente legata al destino del corpo. Ecco perché, ad un certo punto, nasce in Dorian una finta necessità, di riscossione perché la vita era diventata per lui un fardello troppo odioso da portare. Ma è troppo tardi: era stato irrimediabilmente rovinato dal proprio fascino, ucciso da quella stessa gioventù che aveva tanto invocato.
Paola Mazza
«Quelli che sono sempre fedeli sanno solo il lato banale dell’amore: mentre gli infedeli ne conoscono le tragedie.»
In libreria
Oscar Wilde
Il ritratto di Dorian Gray
Feltrinelli, 2013
Collana: Universale economica. I classici
Traduzione di B. Bini
261 p., brossura
€ 7,50
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