La signora dell’acqua, Elena Pigozzi, Piemme

Impara dall’acqua. Non opporti agli ostacoli, ma vai avanti, scorri fino a superarli come fa lei. Se necessario, aggirali.” L’acqua è l’elemento che accompagna la vita di Sara: un amore perduto nell’acqua, una dinastia di donne con le onde nel cuore e una casa a pelo d’acqua che l’uomo, e il cemento, sta per snaturare. La signora dell’acqua è una saga di una famiglia di donne instancabili. Elena Pigozzi scrive con tre occhi, forse quattro. Come Sara, la protagonista del romanzo con il dono di sentire dove cresce l’acqua sotto la terra per creare pozzi di irrigazione, Pigozzi è una rabdomante. Scava nel sottobosco umano. Quando si tratta di raccontare l’umanità è instancabile, anche davanti ai dolori più incomprensibili. Come era avvenuto con La ricamatrice, Pigozzi mi ha guardata dentro, mi ha fatto riprendere la parola resistenza. Come l’acqua che resiste agli attacchi esterni, scorre per non dissiparsi. 

Per le vacanze di chi: conosce il potere ristoratore dell’acqua, lo attende per ritrovarsi a contatto con questo elemento come a contatto con la propria anima; per chi sceglie il lago, cogliendone il riverbero pacifico dentro un movimento perpetuo.

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Violet Kupersmith, Costruisci la tua casa intorno al mio corpo, Trad. di Michele Martino, NNEditore

Le pareti rosa come pelle, le luci acquatiche e caliginose, i soffitti cavernosi sorretti da travetti a vista simili a costole, insieme al pervasivo afrore salino che emanava dai corpi sudati che vi erano rinchiusi“. La storia di Winnie, ventenne americana che si trasferisce in Vietnam, di cui il padre è originario, è una storia che rivede in chiave spietata la dolcezza della mia parte intollerante. In un Vietnam pantagruelico, un labirinto di desiderio e di repulsione, c’è un cuore matto che batte al ritmo della paura. Non è un romanzo che fa paura ma un romanzo sulla paura. Nonostante la mole delle pagine, la vita di Winnie scorre lieve come una poesia e seduce come un ipertesto. Ho amato molti dettagli, mi sono tenuta stretta le piccole descrizioni, percettive, precise, mai una goccia che trabocca dal vaso. 

Per la vacanza di chi: sceglie il perturbante e l’Oriente. Una compagnia adatta ai lunghi soggiorni; per cullarsi nel gap linguistico e culturale di un lungo viaggio; per avvolgersi e accogliere l’ignoto di un sapore o di un odore; un urban fantasy per vivere una città esotica senza strategie, privilegiando il paesaggio interiore.

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Elisabeth Pich, Fungirl, Coconino

«Posso avere la vostra attenzione per favore?» Dicono sia un fumetto fuori dalle righe. Lo è. Dicono che la protagonista sia fuori dagli schemi. È vero. Ma la storia non sembra affatto folle. Fungirl è la ragazza della porta accanto, quella vera. Sfacciata e goffa, incapace di gestire relazioni e ostinatamente alla ricerca di un legame, non è in grado di essere gentile eppure è uno dei personaggi più teneri che abbia incontrato dentro un  fumetto. Fortemente incentrato sulla verve naïf della voce che racconta, il fumetto è costruito in maniera verticale per quanto riguarda la vita quotidiana della protagonista, con episodi autoconclusivi. Mentre esiste un sottile ma tenace filo conduttore verticale con cui si arriva al finale con la sensazione di aver letto una storia di lotta e di amore, in cui si ride (molto) e ci si intenerisce (moltissimo). La libertà sessuale in Fungirl non è un manifesto politico ideologizzante ma è un respiro, quello di una storia e di un legame umano. 

Per la vacanza di chi: per chi è appena arrivato alla casa al mare con la famiglia, e piove. Per quando il temporale non passa; per chi in una vacanza di gruppo si sente il più solo; per chi parte per un weekend in città mitteleuropea e si ritrova innamorato della prima o del primo di passaggio e pensa sia un dono bellissimo, il caos nel caso, e allunga di qualche giorno il soggiorno.

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AA VV, Quasi di nascosto, Accento Edizioni 

«Avrei preferito non farlo mai. Ma eravamo chiusi in uno scantinato, un rifugio antiaereo. C’erano solo materassi e patate. Nessun altro oggetto. Erano i primi giorni di invasione, a Kiev c’era chi si rifugiava nella metro, chi semplicemente scappava, noi avevamo quella specie di scantinato. Apparteneva a degli amici dei miei. Stavo lì insieme a un ragazzo, mio coetaneo. Vent’anni.» Se dovessimo trovare una strada comune per ognuna delle dodici voci presenti questa ricondurrebbe al titolo. Ogni voce, seppure diversa dall’altra, condivide uno spasimo, una specie di sussulto inconsapevole, di chi racconta “Quasi di nascosto”. La scoperta del sesso, la prima volta di una storia scritta che si immerge nella prima volta di un’esperienza sessuale, la scoperta del corpo come la scoperta di una voce, senza vergogna ma con il pudore di chi racconta la fine di una vita dentro un amore gay estivo (“Ragazzacci” di Nicolò Bellon); si prosegue con il racconto della prima volta in cui una ragazza diventa donna eppure per lei è solo fisiologia non identità, la negazione dell’esterno per l’affermazione dell’interiorità (“Non diventare donna” di Martino Giordano); la spettacolarizzazione delicata e mai ruffiana di un amore tra donne, nascosto sotto il velo di pulcinella, una storia tra le più cicatrizzate, complice uno sguardo autoriale dall’alto che fa una cosa molto under25: non perdonare le proprie Maestre (“Abbandono” di Michela Panichi). Non ci sono confini tra linguaggio e corpo, tra desiderio e nausea, niente è un tabù nemmeno la devozione per alcuni mostri sacri come Miller, Bukowski, Palahniuk, ogni dettaglio nutre un assolo senza fiato dove il ritmo è più importante della trama, come in un pezzo dei Pink Floyd. 

Per la vacanza di chi: non va in vacanza. Oppure ci va, per esempio sulle Dolomite, e passa tutto il tempo a scrivere.

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Verso il Mar Ionio, George Gissing, trad. Mauro M. Minervino, Exòrma editore

“Il loro sforzo lento e paziente parlava di una consuetudine immemorabile con quel tipo di fatica, un lavoro in armonia con una dimensione che scandisce il tempo, la vita stessa”. George Gissing (1857 – 1903) è uno scrittore quarantenne quando, nel novembre del 1897, comincia un viaggio nel Sud Italia, da Napoli alla volta della Calabria, passando per Taranto. Convinto com’è che la vocazione di uno scrittore sia l’esplorazione di punti di vista lontani dal senso comune. In “Verso il Mar Ionio” lo scrittore racconta in prima persona l’esperienza esotica, mai leziosa, di “un vittoriano al Sud”. Pescatori, pastori, donne in nero, ragazzini, marinai: è alla gente di tutti i giorni che Gissing dedica le pagine più dolenti di questo imperdibile reportage. Gissing restituisce un ritratto di Taranto profondamente realistico e poetico, senza tralasciare mai il piglio antropologico e scettico di uno “scrittore nato”, come lo definisce una sua fedele sostenitrice, Virginia Woolf. Immensa, nella postazione inedita del volume. 

Per la vacanza di chi: non conosce la Puglia; ogni anno va in Puglia ma sceglie l’Adriatico, invece è il momento di provare lo Ionio; torna in Puglia, dove è cresciuto, dopo moltissimi anni e vuole conoscere le sue radici; per la vacanza dei pugliesi in Calabria.

Alessandra Minervini