Il romanzo d’esordio di Giuseppe Maria De Maio non passa inosservato, anche tra chi – come me – non può dirsi né incuriosita né tantomeno appassionata al mondo del calcio.

Pubblicato nel 2023, il romanzo, Il prossimo anno non contatemi, è stato edito da Urbone Publishing, una piccola casa editrice di Sant’Andrea di Conza, in provincia di Avellino.

Il leit motiv dell’intero libro è il gioco del fantacalcio, vissuto come un’esperienza totalizzante dal protagonista Edoardo, il quale ogni anno partecipa a questo gioco e, ogni anno, ineluttabilmente, viene sconfitto dai suoi amici.

Vittima di questo infausto destino – un po’ per sfortuna un po’ per via dell’assenza della giusta carica motivazionale – decide di impegnarsi, sacrificando sé stesso, gli esami universitari, gli affetti e la fiducia che gli altri riponevano in lui.

«Sii più grande del palcoscenico che ti propone la vita» mi ripeteva nonno mentre con la mano callosa mi accarezzava la testolina bruna. Un monito che mi è servito per forgiare il carattere: dove non arriva il talento arriva la tenacia. Qualsiasi cosa decida di fare, dalla più importante alla più sciocca, cerco di farla al meglio. Vale anche per il fantacalcio.

Così viene inaugurata la lega 2019/2020, otto i partecipanti, trenta le regole del fantacalcio che Edoardo elenca una per una con ritmo cadenzato lungo tutto il libro.

Il primo momento cruciale di ogni fantacalcio che si rispetti è l’asta: un momento complesso, tra strategie da mettere in atto, calcoli matematici e il caldo asfissiante di agosto.

Un momento sacro, qualcosa di magico che ogni fantallenatore che si rispetti sogna per un’intera stagione. È un po’ come il Natale: a dicembre nasce Gesù e a settembre il campionato.

Superata questa prima fase – non già la più complicata – seguono la prima giornata di campionato e poi la seconda e così via, fino all’asta di riparazione e ancora oltre.

Insomma, per quanto io ne sappia, si procede così: tra ansie, piagnistei (perché se non piangi non vinci), gesti scaramantici e scaramucce con chi proprio non tollera tanto accanimento per un gioco.

Ed è quanto succede a Edoardo, i cui giorni non sono più scanditi dagli impegni universitari, dagli appuntamenti con la sua fidanzata Beatrice, dai pranzi in famiglia, dalle uscite di gruppo, bensì dai goal, dagli assist, dai falli, dagli infortuni.

Tuttavia, proprio quell’anno in cui Edoardo ha investito tutto sé stesso per raggiungere la tanto agognata vittoria, qualcosa in quell’ingranaggio perfetto si spezza: l’avvento di una pandemia globale costringe il mondo intero – anche quello calcistico – a fermarsi.

In tutti noi sono ancora vivide le emozioni contrastanti vissute, ma nella fiction del romanzo, l’unica preoccupazione più ingombrante per Edoardo è: ricomincerà il campionato? Saremo costretti ad annullare la lega di quest’anno?

È stata questa parte a colpirmi particolarmente, perché è qui che ho realizzato ciò che Edoardo ha poi affermato alla fine, nella regola numero 28: cominciare a seguire sui social i calciatori che prendi all’asta, mandare loro messaggi di conforto per una partita giocata male, leggere sui siti specializzati notizie attinenti al loro stato di salute e pregare per la loro incolumità, il fantacalcio è tutto questo e molto di più. Non venitemi a dire che è solo un gioco.

Il fantacalcio, così come ogni altra passione, rischia di diventare una vera e propria missione, una sfida contro sé stessi e contro gli altri, come se ogni cosa dipendesse da quello. Infatti, il loop nel quale il nostro protagonista è avviluppato sembra che faccia fatica ad allentare la presa.

Per fortuna, la pandemia ha prodotto uno stop temporaneo, per cui il campionato riprende, e così anche il fermento dei fantallenatori, soprattutto di chi – come Edoardo – era ad un passo dalla vittoria.

Alla fine, però, pur avendo conquistato la vittoria tanto desiderata, il protagonista non prova quella gioia che si era prefigurato e che sarebbe stata sicuramente giustificata.

Se era tutto finito, perché non ero felice?

Qui l’autore utilizza il non detto: preferisce tacere i motivi per i quali Edoardo non prova alcun entusiasmo. Questo spazio lasciato vuoto nella narrazione è però funzionale: richiama, infatti, tutta l’attenzione del lettore in questo punto che risulta cruciale per comprendere il senso intimo della storia. Sta a noi rispondere a questa domanda. Quale consapevolezza ha maturato il nostro Edoardo? Al prossimo fantacampionato (perché il fantacalcio non finisce mai) Edoardo si comporterà allo stesso modo?

Marco Masullo commenta così il libro di Giuseppe Maria De Maio: «Se fate il fantacalcio – e se non lo fate inizierete dopo aver letto questo libro – qui non incontrerete dei semplici personaggi: ma i vostri amici».

Caro Marco, il fantacalcio non lo faccio e non lo comincerò, ma ho sicuramente incontrato i miei amici. Ed è per questa stretta e calda familiarità che ho trovato e che, sono sicura, ognuno di voi troverà, che ho riso e sorriso quasi ad ogni riga.

Anna Rita Ambrosone