Fino a che punto possono la rivalità e l’odio fra due artisti trasformarsi in una vera e propria forza generatrice dell’arte? Questa domanda è il tema principale su cui si propone di riflettere il libro di Valerio Magrelli Proust e Céline. La mente e l’odio. In particolare, l’autore ci aiuta a capire il ruolo dell’odio nella creazione artistica di Louis-Ferdinand Céline, un odio multiforme che ha pervaso completamente il suo stile di scrittura, si è nutrito ed è culminato nell’odio contro un altro scrittore francese del ventesimo secolo: Marcel Proust.
L’odio come meccanismo creativo
La storia della letteratura, così come più in generale il mondo della creazione artistica, è costellata dalle relazioni di amore e odio tra creatori, una serie di sentimenti che vanno dall’ammirazione reciproca e la collaborazione fino alla rivalità professionale e all’inconciliabile conflitto ideologico. Come ci spiega Magrelli, uno degli esempi più esplicativi della rivalità come meccanismo creativo è ‘l’opposizione epocale’ tra gli intellettuali tedeschi, protestanti, di umili origini ed un po’ provinciali, e quelli francesi, cattolici, benestanti e cosmopoliti. Secondo il pensatore e filosofo Isaiah Berlin, la contrapposizione fra questi due modi di pensare differenti avrebbe infatti contribuito significativamente alla profonda trasformazione che diede inizio al Romanticismo. In questo caso l’odio viene visto come una fonte di creatività e una forte motivazione che spinge a creare qualcosa di nuovo, diverso e unico rimettendo in discussione le idee già esistenti. Tornando al binomio a cui è dedicato il libro di Magrelli, l’odio tra Céline e Proust è unilaterale e ‘postumo’ perché’ i due scrittori non si sono mai incontrati e Céline fa il suo esordio dieci anni dopo la morte di Proust.
Céline e la lingua dell’odio
Per aiutarci a comprendere meglio gli attacchi celiniani contro Proust, Magrelli inizia spiegandoci lo stile di Céline e come sia profondamente caratterizzato dall’odio che lo rende uno scrittore ‘odiato e odiatore seriale’ per antonomasia. Nel fare letteratura così come nella vita, Céline odia in modo intenzionale e non fa mistero della propria avversione per le cose e le persone che non rispecchiano la sua visione della vita e della scrittura e quindi molto di quello che leggiamo nelle sue pagine è proprio l’odio trasformato in arte. Celine uomo è profondamente segnato dal traumatismo della Grande Guerra e spesso dice che l’odio è quello che lo tiene in vita e la sua principale fonte di ispirazione creativa. Non fa mistero di essere anticomunista, antimassone, antisemita e collaborazionista tanto da impegnarsi attivamente nella propaganda nazista e canalizzare tutto il suo odio contro gli ebrei.
Anche per quanto riguarda lo stile di scrittura, Céline ha un’idea ben chiara di come lo scrittore debba utilizzare la lingua francese, è a favore di un francese ‘puro’ ed elegante, e spesso si scaglia contro quella che definisce una putrefazione letteraria ed una vera e propria decadenza francese dovute all’involuzione del linguaggio utilizzato. Parlando del proprio stile, Céline utilizza la metafora del treno e della rotaia per spiegare la creazione letteraria: come la metropolitana permette di viaggiare senza distrazioni, così il suo modo di scrivere rimane concentrato sull’emozione e non viene deviato dal proprio obiettivo principale. Nell’ambito letterario l’odio di Céline trova quindi un obiettivo perfetto in Proust, che incarna perfettamente tutto quello che Céline odia di più in una persona ed in uno scrittore, e nella ‘Recherche’ proustiana che rappresenta un modello letterario perfetto da criticare e a cui contrapporsi con la sua opera.
Due scrittori e due universi culturali molto diversi…
I due scrittori infatti non potrebbero essere più diversi ed appartengono a due mondi completamenti opposti. Céline è un tipo solitario, di origini modeste, figlio di due piccoli commercianti, è cattolico e un accanito omofobo e antisemita. Proust invece proviene da una famiglia agiata dell’alta borghesia, ha origini ebree, è omosessuale e grande frequentatore della vita mondana durante la maggior parte della sua vita. Anche i loro rispettivi stili di scrittura sono antitetici: quello di Céline si basa sull’emozione mentre quello di Proust sul pensiero tanto da essere considerato da Céline come troppo ‘lento’, studiato e caratterizzato da una raffinatezza e una precisione analitica eccessive. E’ molto marcata anche la differenza tra la produzione letteraria di ciascuno di questi scrittori: Céline ha prodotto vari romanzi mentre invece Proust ha dedicato la propria vita ad un’unica opera che si è trasformata in pura ossessione, portandolo a rinchiudersi nella sua stanza per quasi un ventennio nel tentativo di completarla alla perfezione.
…ma con vari punti in comuni
Nonostante l’odio di Céline contro Proust sia fermamente radicato nelle palesi differenze tra i due, Magrelli ci fa riflettere su come in realtà ci siano anche molti aspetti che li accomunano. Sul piano letterario entrambi sono ossessionati dallo stile come elemento centrale delle loro opere, hanno una grande attenzione al dettaglio e dedicano la loro vita alla creazione di uno stile di scrittura unico e diverso che li rende entrambi due pilastri della letteratura francese, per non parlare del fatto che sul piano personale sono entrambi ipocondriaci e la malattia ha un ruolo importante nella vita di entrambi. Come se tutto ciò non bastasse, sia Céline che Proust hanno anche dovuto superare il grande rifiuto inizialmente ricevuto dal noto editore Gallimard e sono considerati tra i primissimi utilizzatori del genere letterario che oggi chiamiamo autofiction e che fonde l’autobiografia e la narrazione tipica della fiction.
Un sentimento complesso
Nonostante si prefigga un compito arduo nel tentativo di guidarci attraverso le complessità di un sentimento intricato e bivalente come l’odio, Magrelli riesce molto bene a mostrarci come possa essere allo stesso tempo un potere distruttore e un’impareggiabile forza creativa. Dimostra anche una profonda conoscenza dell’argomento e riesce non solo a descrivere in maniera molto interessante l’odio di Céline contro Proust ma anche a darci una visione più ampia dell’odio come forza generatrice dell’arte, facendo riferimento a numerosi autori tra cui Jan Miernowski, Antonin Artaud e Manlio Sgalambro che hanno trattato questo tema in relazione a varie forme artistiche dalla letteratura alla poesia e la musica.
Magrelli riesce dunque a darci una chiave di lettura diversa per interpretare in maniera nuova sia l’opera di Céline che quella di Proust, così come la produzione artistica in senso più ampio, facendoci riflettere sulla linea sottile che marca la differenza tra odio come sentimento fine a sé stesso da un lato e fonte di ispirazione e genio creativo dall’altro. E soprattutto nel secondo caso ci lascia il dubbio di come a volte l’odio in ambito letterario possa chissà in fondo nascondere una certa segreta ammirazione e curiosità verso l’obiettivo a cui è diretto.
Valentina Lorenzon
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