Ex-Libris-0-5-9

Anno 0 | Numero 5 | Gennaio-febbraio 1997

Il sax basso è un monologo che Josef Skvorecký dedica a se stesso. Anzi dedica a quel giovane se stesso diciottenne, complessato e non certo saggio perduto tra le folli illusioni nella grande e altrettanto illusa Boemia comunista degli anni ’50. Quel ragazzo aveva pochi pregi, ma un unico profondo e autentico talento: suonava il suo sax basso, color miele e sangue, con tutto il cuore, il dolore e la nostalgia del mondo. Ma cos’era il jazz per un ragazzo dell’est abituato alla continua sorveglianza di zar, Führer, primi segretari, marescialli, generali, generalissimi e ideologi del totalitarismo? Abituato al controllo asfissiante della gente al potere che non amava la vita reale e detestava l’arte, prodotto della sete di vita, perché non poteva avere il pieno controllo di entrambe? Era tutto. Il jazz era proprio tutto. Un’esplosiva energia, la protesta proibita, l’eterno richiamo, la catarsi. Il jazz era la libertà, ciò a cui bisogna rimanere fedeli a ogni costo perché senza il sentimento di libertà, lì, in Boemia, si sarebbe certo impazziti. Il sax basso (Adelphi), però, non è soltanto un’interessante e pensosa rievocazione di quella gioventù impulsiva e romantica trascorsa appunto dall’autore per le strade di Praga, tra i suoni del jazz e della tradizione di un grande popolo. E qualcosa di più. Un ritorno a ieri con la maturità di oggi. Un rimpianto per quello che non c’è più e per quello che non si è potuto raggiungere. Il sax basso non gli fa pensare soltanto alla libertà, ma al senso della sua vita. La musica di Duke Ellington, Louis Armstrong, Count Basie, Glenn Miller, Benny Goodman, della grande Ella gli parla della sua nostalgia di esule, delle sconfitte, della sua solitudine chiusa, stretta nel cuore. Ma anche dell’amore, quello non colto e a cui si è rinunciato un po’ per paura, un po’ per ingenuità. Il jazz ora gli parla di Emöke, stupenda ungherese dagli occhi neri e inquietanti più della notte. “Una ragazza alla quale uno non si può avvicinare e dire Signorina, mi concede un ballo? No, quella lì era una ragazza profonda e da qualche parte nel fondo della sua anima si celava una filosofia della vita e bisognava parlare di quella filosofia, solo in quel modo le si poteva avvicinare, altrimenti no.” Ma di Emöke, di tutta la sua poesia e del suo sorriso non è rimasta che la leggenda e la traccia di una lacrima per qualcosa che non tornerà più.

Daniela Ciampi

Josef Škvorecký. Scrittore ceco (Náchod 1924 – Toronto 2012). Nel romanzo Zbabělci (1958; trad. it. I vigliacchi, 1969) e nei primi racconti (Legenda Emöke “La leggenda Emöke”, 1963; Konec nylonového věku “La fine dell’età del nylon”, 1967; Hořkej svět. Povídky z let 1946-1967 “Il mondo amaro. Racconti degli anni 1946-1967”, 1969) descrisse sogni e ideali della sua generazione: gli amori giovanili, il mito dell’America e soprattutto la passione per il jazz. Dello stesso periodo sono il libro di racconti di tema ebraico Sedmiramenný svícen (“Il candelabro a sette bracci”, 1964) e alcuni volumi che testimoniano l’interesse di Š. per il poliziesco (i saggi di Nápady čtenáře detektivek “Le trovate di un lettore di gialli”, 1965; i racconti di Smutek poručíka Borůvky “La tristezza del tenente Borůvka”, 1966; il romanzo Lvíče, 1969, trad. it. Leoncino, 1971). Abbandonata la Cecoslovacchia nel 1969, si è stabilito in Canada, dove ha fondato (1971) la casa editrice Sixty-eight publishers. Qui ha pubblicato ancora romanzi (la satira antimilitarista Tankový prapor. Fragment z doby kultů “Il battaglione carristi. Frammento dell’epoca dei culti”, 1971; Mirákl. Politická detektivna “Il miracolo. Romanzo poliziesco politico”, 1972; Příběh inženýra lidských duší “Il racconto dell’ingegnere delle anime umane”, 1977), saggi sul jazz, sulla letteratura, sul cinema ceco degli anni Sessanta; meno felici sono i romanzi più tardi, che tentano di coniugare elemento ceco e contesto americano (Scherzo capriccioso, 1983; Nevěsta z Texasu “La ragazza del Texas”, 1992). È autore anche di sceneggiature e dell’autobiografia Příběh neúspěšného tenorsaxofonisty (“Il racconto del sassofonista tenore cui non ha mai arriso il successo”, 1994). Tra gli ultimi romanzi, si ricordano: Dvě vraždy v mém dvojím životě (“Due omicidi nella mia vita doppia”, 1996); Krátké setkání s vraždou (con Z. Salivarová, “Breve incontro, con omicidio”, 1999); Setkání po letech, s vraždou (con Z. Salivarová, “Incontro dopo molti anni, con omicidio”, 2001); Setkání na konci éry, s vraûdou (con Z. Salivarová, “Incontro alla fine di un’era, con omicidio”, 2001).

Biografia tratta da http://www.treccani.it/enciclopedia/josef-skvorecky/

skvorecky.jpgJosef Skvorecky
Il sax basso
Adelphi, 1993  (Collana Fabula)
Curatore: G. Dierna
194 p.
€ 14,00