Anche i geologi hanno un’anima e, se vogliono, una coscienza.

È un titolo da far girare l’ultimo libro (nel 1998, ndr) di Tim Parks, Shear, malamente tradotto in Fuga nella luce. Sì avete letto bene: shear, ovvero taglio, come un taglio netto, come breccia, come falla, come sforzo di taglio, che genera rottura nel senso di spaccatura, nel senso di apertura da cui inaspettatamente anche l’anima può sgusciar via, finalmente libera, come suggeriscono i versi posti a epigrafe del romanzo e tratti dalla prima raccolta di liriche del poeta Eugenio Montale, Ossi di seppia.

L’importanza che si crede di assegnare alla vita umana e, in particolare, a una singola vita umana stroncata da un incidente sul lavoro, impone la capacità di riconoscere un giusto valore etico-morale alla perdita, nonché l’inderogabile necessità di scoprire il colpevole, ossia colui al quale attribuire con sicurezza la responsabilità dell’incidente, perché non è data fatalità. E chi si deve accollare questo ingrato compito? Chi resta, chi ha diviso la propria esistenza con chi ora non c’è più, cioè, chi continua a vivere.

Ed ecco allora il geologo, Peter Nicholson, protagonista del giallo di Tim Parks, prendere gradualmente e quasi inconsapevolmente coscienza del proprio agire e della propria travagliata storia passata e presente, grazie alle franche insinuazioni e alle perentorie richieste della moglie del morto, Hazel Owen, che, accompagnata dalla sua saggia bambina Wendy vuole sapere la verità sulle cause della morte del marito, Jerry Owen, colpito da una lastra di granito spaccatasi durante il rivestimento di un grattacielo nella lontana Sidney, Australia. Lontana sì, ma presente e vicina come remoto scenario da cui prende forma la trama del romanzo, cadenzato dal trascorrere serrato dei pochi giorni utili alle indagini. Ed è così che la storia assume anche la forma di un diario, cui viene affidata la memoria sia delle osservazioni sul campo, sia dell’evoluzione interiore del protagonista.

Geologo, e quindi scienziato, sposato con Anna incinta del terzo figlio, ma umano, e quindi, afflitto dalle debolezze e dai problemi comuni a molti mariti, nonché padri di famiglia, che scelgono di vivere una perigliosa e, un tempo si sarebbe detta, gaudente vita con l’amante di turno, Margaret, amata sul serio, ma prontamente tradita per l’irresistibile Thea. Vita parallela cui affidare il proprio equilibrio mentale e alla quale, generalmente, aggrapparsi come a un’ancora di salvezza o come a un sogno di felicità, la cui realizzazione sembra però destinata ad essere solo procrastinata. Ma geologo è e come tale ragiona e riflette: egli non si limita a esserlo nell’adempimento dell’incarico pseudo-investigativo affidatogli dall’impresa di costruzioni australiana, per scoprire eventuali e determinanti inadempienze commesse dalla ditta fornitrice delle lastre di granito, e per addossare così a questa un’eventuale richiesta di risarcimento per i ritardi accumulati; egli utilizza, infatti, questa sua professionale capacità a interpretare la realtà inanimata della crosta terrestre per descrivere la vita in generale e, in particolare, la sua e quella delle persone con cui entra di volta in volta in contatto, facendo quindi volentieri similitudini e paralleli tra la genesi delle rocce, i processi che modellano la superficie terrestre, da un lato, e i processi che plasmano ogni singola personalità rimodellata dalle inevitabili metamorfosi che la vita comporta, ma riassumibili in quel complesso programma chiamato «La Gran Madre Terra». Dall’inconsapevolezza propria della materia che popola e genera il mondo inanimato, si giunge alla consapevolezza del valore della vita umana attraverso la graduale ma irresistibile ascesa dell’inconscio, che popola di incubi e sensi di colpa il sonno e la veglia del protagonista; inconscio che assume nel romanzo una forma reale ma sempre immaginaria quale può essere, necessariamente, quella del magma fuso, che diventa, oltre a origine-simbolo del mondo inanimato, anche principio del mondo vivente, attraverso il parallelo che l’autore propone tra magma e inconscio, ovvero, tra il magma origine comune di tutte le differenti rocce che costituiscono la superficie terrestre, e l’inconscio-anima che, analogamente, prende forma e corpo in un essere umano unico e irripetibile. Il nostro magma-origine, quindi, di cui oscuramente intuiamo il sacro richiamo, pari al richiamo del sesso e pari all’istinto di conservazione della specie, che ci spinge e attira verso il nostro destino, che ubbidisce alle leggi di una forma primordiale di giustizia, alla cui equità non ci si può sottrarre, anche nel caso si tratti del compimento di un tragico destino, perché esiste comunque un taglio da cui deve erompere, un taglio nella rete, che ci imprigiona, dal quale la nostra anima è attratta, risucchiata: «Cerca una maglia rotta nella rete / che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!».

Un giallo, quindi, magistralmente tradotto da Gino Scatasta, un giallo a sfondo psicologico-geologico: non comune, davvero. Ma si parla solo di geologia? No, per fortuna.

La trama del giallo segue un file rouge geologico: i personaggi che popolano il romanzo non sono certo rocce ma donne e uomini che, anche se vengono descritti e analizzati utilizzando inaspettatamente materiali e forme del mondo inanimato, si muovono umanamente in un paesaggio mediterraneo, forse una piccola isola italiana o greca, dominata da un certo dott. Maifredi, fine archeologo e, al contempo e provocatoriamente, bieca figura al servizio del corrotto sistema politico locale. Un giallo ben costruito e con la suspense sempre alta, tanto che prima di aver azzardato ipotesi sul presunto colpevole o di aver dato una spiegazione plausibile alla motivazioni dell’agire incongruo ma ineluttabile del protagonista si pensa già a una sua rilettura, in cui gustare con più calma lo stile originale e geo poetico dell’autore, che si esprime a pieno nelle ardite e inconsuete similitudini e metafore generosamente sparse nel romanzo.

Laura Ivani

 

«Si mise a osservare il paesaggio. Ertii pendii. Rada vegetazione su suolo sottile. Erosione di un’antica altura. Più o meno lo stesso si poteva dire del suo matrimonio, trascinato nella deriva generale dei continenti.»

Biografia del 2018

Scrittore e giornalista inglese, nonché professore universitario presso l’Università IULM di Milano. È autore di molti romanzi e di saggi. È stato traduttore di romanzi dall’italiano in lingua inglese per autori quali Alberto Moravia, Italo Calvino, Antonio Tabucchi e Roberto Calasso.
Ha scritto romanzi, tra cui Lingue di Fuoco, Destino e La doppia vita del giudice Savage, Il silenzio di Cleaver, Bontà, La fortuna dei Medici, tre libri di non-fiction, in cui descrive la vita nel nord Italia (il più recente è Questa pazza fede), e una raccolta di saggi intitolata Adulterio e altri diversivi.

Il libro

Fuga nella luce di Tim ParksTim Parks
Fuga nella luce
Adelphi 1998
Collana: Fabula
Traduzione di Gino Scatasta
216 p., brossura

 

Il libro attualmente è fuori catalogo
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