L’inizio di ogni recensione si trasforma nell’occasione utile a ricordare dei momenti e delle motivazioni che spingono e accompagnano verso la lettura di un nuovo libro.

È una mattina di fine Agosto, sta per terminare una delle estati più calde, quella 2019, e sono trascorse solo poche ore da quella notizia che ha fatto velocemente il giro del mondo: la manifestazione di interesse del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per l’acquisto della Groenlandia.
Apro la casella di posta elettronica e leggo una email arrivata da un’amica con cui condivido la passione per i libri: “(…) ‘Ghiaccio’ di Marco Tedesco, professore della Columbia (…) dimmi se è nelle tue corde. Un abbraccio.”

Ancora prima di leggere l’indice del libro per capire di cosa tratti e intuire se possa o meno interessarmi, mi trovo a domandarmi il perché quel titolo, GHIACCIO, mi abbia colpito e incuriosito tanto, immediatamente.
Capisco che non è solo “colpa” del mio essere “ingegnere dei materiali” che amplifica ogni tematica prossima alla materia o della calda estate che sta per terminare o dell’aver letto da poco della richiesta del presidente USA citata sopra.

C’è altro e ci vuole poco perché la mente me lo ricordi; è l’incontro piacevole e inaspettato con questo materiale – acqua allo stato solido – fatto a Londra tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 in occasione della esposizione temporanea ICE WATCH dell’artista Olafur Eliasson e del geologo Minik Rosing.

L’esposizione consisteva di 24 blocchi di ghiaccio artico ognuno con un peso compreso tra le 1,5 e le 5 tonnellate, posizionati sul piazzale antistante la Tate Modern che guarda alla cattedrale di St. Paul; quegli enormi pezzi di ghiaccio arrivavano direttamente dal fiordo Nuup Kangerlua, in Groenlandia.

Ci sono tornato più volte a fotografare quei blocchi di ghiaccio, al mattino presto, la sera, con il sole, con le nuvole. C’era qualcosa di ipnotico nel loro ghiaccio dalle forme uniche, organiche, naturali diverse, nel loro ghiaccio fatto di parti trasparenti come un vetro, di striature azzurro cielo, limpide come l’acqua da cui si sono formate, striature accese di luce grazie al contrasto con il bianco puro che le circonda, un bianco così caldo alla vista da invitare molti a toccarlo per scoprire quanto fosse freddo.

Un ghiaccio unico, senza tempo, primordiale; quel ghiaccio artico che, come scrive l’autore nel suo libro, ha la capacità di infondere “un senso di pace, di tranquillità”.

Non ero mai solo tra quei 24 blocchi, ero in compagnia di famiglie, studenti, bambini, anziani, persone disabili, fotografi, ciclisti, lavoratori; tutti eravamo attratti da quei blocchi glaciali, arrivati da un luogo così lontano e destinati a scomparire in un tempo limitato: una settimana, dieci giorni, un mese? A nessuno era dato saperlo.

Quel ghiaccio ha qualcosa di magnetico, attrae e probabilmente è questo uno dei motivi per cui il libro di Marco Tedesco, ambientato proprio in Groenlandia, si legge velocemente, capitolo dopo capitolo, incuriositi dai racconti della sua spedizione artica fatta di aneddoti, di leggende inuit, di racconti di vecchie spedizioni artiche finite male e che oggi diventano trame per documentari Netflix, di esperimenti vissuti in compagnia degli amici ricercatori accomunati dalla stessa passione: la scienza e il dubbio come metodo da utilizzare per mettere in discussione ogni teoria, ogni convinzione, immaginando con continuità esperimenti sfidanti che aiutino a consolidarla nel caso i risultati siano conferme o a migliorarla nel caso siano smentite.

Ghiaccio (scritto da Marco Tedesco con Alberto Flores d’Arcais) è un libro che fa riflettere su cose che è normale dare per scontate nella vita di tutti i giorni ma che nella fredda ma sempre meno fredda e bianca ma sempre meno bianca Groenlandia tanto scontate non sono.

Ad esempio, facile concordare sul fatto che l’acqua solidifichi in ghiaccio a 0°C e che sopra questa temperatura si attivi la trasformazione inversa: il ghiaccio solido passa allo stato liquido trasformandosi in acqua.

Se siete tra i fortunati a vivere in zone temperate e non prossime al mare, a tutti gli effetti lontani dai due fatidici zero termico e zero idrometrico, non c’è da meravigliarsi se ritenete che un innalzamento delle temperature compreso tra 1°C e 2°C o un innalzamento del livello dei mari di qualche decina di centimetri non faccia una grossa differenza; la sindrome “not in my backyard” ha molti seguaci.

Immaginatevi però in un luogo dove le temperature sono prossime allo zero termico, quei luoghi in cui la temperatura è tale da permettere all’acqua di solidificare e trasformarsi in ghiaccio: in questo luogo, qualsiasi esso sia, anche un solo grado cambierà tutto, perché impedirà quella trasformazione da acqua liquida ad acqua solida, quell’equilibrio termodinamico preciso e conosciuto, e lo farà istantaneamente e in modo irreversibile: quel grado in più, in questo luogo, garantirà lo scioglimento del ghiaccio.

Per dare una spiegazione semplice ed efficace sul perché di tanti dubbi e diffidenza nei confronti delle previsioni in merito al cambiamento climatico l’autore utilizza un bell’esempio: l’acqua che bolle.

L’autore scrive che chi oggi si ritrova a dubitare del cambiamento climatico spesso lo fa perché sostiene che se i modelli non sono in grado di simulare con precisione gli effetti di una tempesta in arrivo sulle nostre coste nel giro di pochi giorni figuriamoci se possono simulare il comportamento della Terra tra mille anni.

Una tempesta che si forma – un uragano come Dorian che è appena passato sopra le Barbados – è assimilabile ad una delle tante bolle che si generano quando l’acqua raggiunge i 100°C; il modello climatico è del tutto simile al modello termodinamico capace di prevedere le condizioni e le modalità con cui l’acqua cambierà di stato (e bollirà a 100°C); ancora oggi però, il modello termodinamico non è in grado di simulare e spiegare nel dettaglio e con precisione la formazione e il moto delle singole bolle.

Di acqua che bolle si leggerà più volte in questo libro: è quella che, opportunamente conservata nelle borracce termiche, permette a tutti i componenti della spedizione la preparazione della cena della sera a base di zuppa calda, liofilizzata; è quell’acqua bollente che Marco utilizza per preparare il caffè al mattino, un gesto gentile verso di sé e verso il suo team prima di iniziare la giornata lavorativa nel ghiaccio artico.

L’amore per il “buon caffè” svela le origini campane dell’autore: ricordi della natale Irpinia e della studentesca Napoli, regione e città di cui accenna più volte nel suo personale racconto; lo fa sempre con parole sentite, intense e ricche di memoria, intrise di quelle “radici” che hanno permesso al ricercatore, scienziato, professore Marco Tedesco di raggiungere gli USA, lavorare alla NASA e da lì in poi farsi conoscere e apprezzare per i progetti svolti negli anni.

Una volta arrivati al termine di questo libro, l’aver letto gli episodi in cui Marco e i suoi amici-collaboratori vivono e lavorano circondati da ghiaccio, acqua, nuvole, nebbia, neve, vapore – l’acqua nelle sue tre forme liquida, solida e gassosa- renderà più naturale pensare al suo titolo in termini di “acqua allo stato solido”.

L’acqua che costituisce circa il 60% del nostro corpo e ricopre circa il 70% della superficie terrestre è protagonista indiscussa del libro e avrà la capacità di presentarvi l’autore, farvi conoscere le sue origini, le sue passioni, i suoi successi, i suoi fallimenti; conoscerete lo scienziato italiano che con questo libro condividerà con voi esperienze di vita utili a farvi conoscere qualcosa di diverso di questa terra estrema chiamata Groenlandia.

I 24 blocchi esposti sul piazzale davanti alla Tate Modern li ho visti sciogliersi nel giro di poche settimane perché, come scrive Marco, “a sciogliersi il ghiaccio impiega poco tempo”. Poco rispetto a cosa? “Rispetto alle migliaia di anni che il ghiaccio della Groenlandia impiega a formarsi”.
Un tempo “geologico”, lentissimo per chi oggi è abituato alla velocità “fuori tempo” raggiunta grazie all’evoluzione tecnologica.

Per quanto tempo resterà ancora bianca la verde Greenland? Non è dato saperlo con precisione, ma possiamo ragionevolmente presumere che non sarà molto.

Alessio Cuccu