Si dice che uno scrittore di romanzi debba leggere almeno una poesia al giorno per nutrire i suoi scritti di quella poetica che consenta alla prosa di sopravvivere a sé stessa, grazie al sigillo di una semantica che non si limiti a narrare solo di fatti, sentimenti e attori dialoganti.
È altresì vero che una poesia al giorno dovremmo leggerla tutti: da un lato per donare a noi stessi la possibilità di fermarci e riflettere, dall’altro per consentire alla poesia medesima di esercitare quella funzione catartica capace di operare un’astrazione dal mondo reale. E immaginare mondi, inventare suoni, sentire colori, introiettare scenari diversi dal qui e ora.
Una terapia d’urto, per utilizzare un registro linguistico coevo, si rintraccia tra le pagine di Gocce di notte, una raccolta di haiku scritti dalla bravissima Valentina Mariani edito da Qudulibri.
Haiku è una forma poetica giapponese semplice ed espressiva, un tipo di componimento breve che racchiude in una rigida metrica scenari onirici, rimandi a universi naturali, sensazioni percepite attraverso uno sguardo fotografico rapido come un momento. Incisi in una cornice predeterminata, gli haiku rispettano uno schema fisso di sillabazione 5/7/5 e in tre sole righe sono in grado di regalare al lettore uno scatto di polaroid fatto con le parole.
Per la Mariani, “scrittrice politica”, attiva in quell’area di sinistra che conserva sull’azione più che sulla mera idea il significato più radicato dei suoi valori fondanti, attiva come femminista, sindacalista, scrittrice e critica, questo libro come lei stessa afferma “nasce come un gioco di stile e un esercizio di linguaggio, ma soprattutto come un tentativo di auto-miglioramento, ovvero un superamento delle mie talora inestetiche prolissità.”
L’autrice raccoglie i suoi haiku in due anni di studi e di spunti, regalando al lettore vere e proprie pennellate di stile, un esercizio alla brevità tutt’altro che semplice per chi deve muoversi in un perimetro verbale di sole diciassette sillabe e sperimentare un’esiguità espressiva tutta nuova.
I versi poetici sono fatti di elementi naturali, di mare, acque, colline e montagne che catturano di volta in volta lo sguardo dell’autrice, spogliata delle umane resistenze e pronta a sperimentare suggestioni frazionate in attimi verbali millimetrici, eppure in grado di autoalimentarsi e alla fine dilatarsi nella percezione di chi li legge.
Cammino nuda
tra verdi simmetrie
rito gioioso.
Più che azzardare ipotesi esegetiche sui singoli haiku, quello che verrebbe spontaneo fare trovandosi Gocce di notte tra le mani è sperimentarne una lettura libera, che renda possibile l’atto della creazione personale, assecondando l’esigenza individuale di proiettare attorno ai tre versi il mondo che più aggrada. Lasciarsi ispirare senza aspirare a trovare un senso univoco e universale. Il candore delle pagine che incastonano versi come diamanti diventa la tela sulla quale poter immaginare il proprio disegno, la propria fotografia, il proprio gioco di lune e di ombre.
Pesco proietta
tarsie d’ombra sul viso
respiro piano.
La scelta parsimoniosa di frasi reali e astratte al contempo, semplificate ulteriormente dalla mancanza quasi totale di articoli, rende questi haiku ancora più eleganti dei tradizionali di Matsuo Basho o Kobayashi Issa, per azzardare una comparazione. E si ergono a vere suggestioni visive.
Salda volontà
innaffia l’utopia –
seme germoglia.
Dall’occhio acuto dell’autrice sulla realtà che l’avvolge emergono rinascite, risvegli, germogliano sensazioni, si determinano idee.
Nel luogo vuoto
nascono lenti cosmi
soffi battiti.
Gli haiku di Gocce di notte sono da leggere e rileggere. Da sorseggiare come un buon calice di vino rosso, da assaggiare e digerire lentamente, da assaporare minuziosamente penetrandone l’intimità e cogliendone la personale essenza.
Arde camino
delicata esplosione –
scorgo armonie.
Angela Vecchione
2 Luglio 2018 at 11:30
La presentazione entusiastica di questo libro (fin troppo entusiastica, visto l’inaccettabile comparazione con maestri del calibro di Basho e Issa), definisce questi componimenti come “haiku”. Da quello che si legge in queste cinque poesie citate nel commento, invece, si capisce che (almeno questi cinque) sono quasi tutti sono lontani dalla logica e dalla peculiarità del mondo haiku.
Componimenti come “Salda volontà/innaffia l’utopia –/seme germoglia” o come “Nel luogo vuoto/nascono lenti/cosmi/soffi battiti” (solo per citarne un paio) non sono Haiku e non possono essere definiti Haiku.
Saluti
Ale
3 Luglio 2018 at 10:17
Gentile Ale, noi di exlibris20 siamo sempre aperti a qualsiasi forma di dialogo che possa fornire nuovi stimoli culturali. Amiamo i libri e la letteratura e poterne parlare e confrontarci è il senso di questo spazio. Ma ci aspetteremmo che chi commenta in modo negativo un testo (almeno la sua recensione più che positiva) abbia voglia di argomentare le sue riflessioni. Che saranno sempre accolte con piacere, s’intende.
Ti riporto le parole dell’autrice stessa in merito a quanto hai scritto.
“Lo haiku occidentale ha assunto le più svariate forme. Nei miei quasi sempre si rispetta il kigo e sempre la metrica. Per il resto, lo haiku è molto soggettivo. Resta componente essenziale, che io seguo spesso ma non sempre, il riferimento alla natura.”
3 Luglio 2018 at 14:51
Gentile Angela,
trovo questa tua risposta piuttosto discutibile, nel senso che le argomentazioni sulla riflessione sono implicite e chiarissime nella mia frase:
“questi cinque componimenti sono quasi tutti sono lontani dalla logica e dalla peculiarità del mondo haiku”.
Se si conosce il mondo haiku (e io mi aspetto che chi scrive un libro di haiku e chi ne scrive la recensione conoscano appunto il mondo haiku), conosce anche la logica e le peculiarità di questa poetica; non ritenevo pertanto necessario aggiungere altro.
Dal momento però, che mi si chiede di entrare nel merito e che l’autrice stessa ha risposto dettagliando concetti distantissimi dalla logica haiku e dallo spirito che dovrebbe muovere chi scrive haiku, scendiamo in dettagli che spero rendano il mio commento ancora più intelligibile:
Già leggere che il componente dichiarato dall’autrice come fondamentale (la natura) a volte lo segue ma altre volte non lo segue… è una cosa allarmante (oltre che inquietante); poi leggere che non rispetta sempre il “kigo”, la dice lunga sulla “filosofia” dell’autrice nella composizione di quelli che lei chiama Haiku.
Sulla teorizzazione dell’autrice che “Lo haiku occidentale ha assunto le più svariate forme” si può dire solo che è un’affermazione che non solo non ha senso ne logica, ma è un’affermazione che si spiega soltanto nella maldestra operazione di qualche autore che, cercando scorciatoie, pretende di scrivere haiku non riuscendo però a raggiungere quella poetica (purtroppo ci sono diversi esempi), non solo, ha anche la pretesa di chiamarli “Haiku”.
Non esiste lo “Haiku” e lo “Haiku occidentale” (non scherziamo). Esiste lo haiku punto!
La poetica Haiku è qualcosa di bellissimo, affascinante ma, nel contempo, qualcosa di estremamente complesso.
Per dare un’informazione ancora più pregnante di questa poetica poi, devo ricordare all’autrice che una delle peculiarità di base, la più assoluta e imprescindibile per poter parlare di Haiku (in tutto il mondo) è il “quì e ora” (forse è meglio che lo scrivo maiuscolo per evidenziarlo meglio il “QUI’ E ORA”) e in componenti come:
Salda volontà
innaffia l’utopia –
seme germoglia.
…non esiste “quì”, non esiste “ora” … non esiste niente.
E’ solo un vago pensiero filosofico che vaga nell’aria senza potersi appoggiare a nulla, lontanissimo da ogni logica e da ogni peculiarità del mondo haiku.
Se si vuole scrivere “massime” o “aforismi” o “pensieri filosofici” o poesie, va tutto bene, basta chiamarle con il loro nome.
Questo non è uno haiku.
Gent.ma Angela, spero che ora la mia riflessione risulti più dettagliata.
Saluti
Ale