Ha da poco valicato i settant’anni (nel 1999, ndr), Hubert Selby Jr. E se sfogliate una qualche antologia della letteratura americana il suo nome pare non avere diritto di cittadinanza, viene appena menzionato. Così, di passaggio: destino ingrato per chi agli enigmi della metropoli ha dedicato una vita intera e qualche libro. Non tanto l’incubo imploso descritto ne La stanza (The Room, Feltrinelli 1971, da tempo oramai irreperibile), e neanche il primo racconto che nel ’60 gli concesse sufficiente popolarità – Due film due, (Double Feature) – da convincere Krim ad antologizzarlo nel volume collettivo I Beats. Non sono quelli i libri da cui partire per affrontare, detto senza enfasi, uno dei massimi autori contemporanei. Meglio puntare sul romanzo che nel ’64 gli donò la fama, Ultima fermata a Brooklyn (Last Exit to Brooklyn). mettete da parte il campionario horrorsplattergoreccetera erogato oggi a gettito continuo da fumettinternetlibridischifilmrivistecompagnia. Niente Stephen King, Wes Craven, Marylin Manson, James Ellroy. Non è per quello che Ultima fermata a Brooklyn ti addossa un senso di paura inelusibile. Un libro che, letteralmente, non ti fa dormire, ti spinge a rifiutarlo, che non riesci ad andare oltre le prime venti pagine. Non che sia così brutto, anzi: siamo negli anni ’60. In America fioriscono i Baby Boomers mentre la metropoli rapida abortisce i desideri di chi la abita. Li stravolge, rendendo pubbliche nevrosi e violenza che si annidano in ogni dove. In ogni uomo, anzi nell’«ogni uomo»: una differenza semantica di non poco conto. Selby Jr. è difatti soprattutto l’ultimo degli autori a narrare la saga dell’ogni uomo, l’«everyman» che discende dall’Elckerlyc descritto e inaugurato nel tardo medioevo dal monaco certosino Diester Petrus Dorlandus in De spyeghel der salicheit van Elckerlyc (Lo specchio della santità di Elckerlyc, 1496). La versione aggiornata di quest’uomo comune, che con comune sentire agisce alienato nelle metropoli occidentali al tempo presente, nei libri di Selby Jr. riceve il nome, anche solo per l’assonanza, di Harry. Lo si incontra in tutti i racconti di Canto della neve silenziosa (Song of the Silent Snow, 1986), beatificato via tv da Alessandro Baricco – ergo, tuttora disponibile in economica Feltrinelli – per via dell’omonimo e conclusivo e bellissimo racconto. Harry incarna tutti, davvero. Selby Jr. lo prende a esempio della meschinità che ogni uomo, anche solo un po’, in fondo in fondo, molto oltre il cuore e la ragione, custodisce. Quella di chi zittisce il proprio figlio raggirandolo (esemplari le poche pagine di San Martino) o stringe stretto sua moglie figurandosi il seno – non la proprietaria, ma proprio il solo pragmatico seno – di una pendolare incrociata in stazione ( uno dei suoi capolavori, il racconto Che pensi?. Più ancora che in Ultima fermata a Brooklyn, in Canto della neve silenziosa Selby Jr. porta a compimento quest’epopea dell’alienazione, del defraudamento di cui ognuno è vittima e carnefice. Si potrebbe poi continuare col suo rivoluzionario stile, che amalgama con continuità asfissiante dialoghi, pensieri, descrizioni, o con le innovazioni grafiche – i salti di riga, gli a capo, l’esasperazione delle minuscole – che oggi incontrate in un libro sì e nell’altro pure. O si potrebbe dire degli omaggi che Selby Jr. – con ogni probabilità, insieme a Sam Shepard, Raymond Carver, Ernest Hemingway uno dei più influenti autori per chi si cimenta con la stesura di canzoni – ha ricevuto da numerosi musicisti: Eels, Fugazi, Pearl Jam e l’ex testa pensante dei Dream Syndicate, Steve Wynn, che in Dazzling Display gli dedica un brano. Si potrebbe, ma a che vale di fronte al fatto che Selby Jr. è uno di quei pochi scrittori in grado di invogliarti a leggere anche quando il desiderio e l’attenzione latitano. Non lo sai, ma ti ha già conquistato: senza corteggiarti, basta aprire un suo libro. In quel caso, dovendo scegliere, il consiglio è per il secondo racconto di Canto della neve silenziosa. Pagina 12, Ciao Campione. «Nient’altro che una maniera per torturare la solitudine che se ne sta nascosta in ogni cuore…»
Rossano Lo Mele
«Molti, molti anni fa un tale mi disse che negare i propri sogni equivale a vendere la propria anima.»
In libreria
Hubert Selby Jr.
Ultima uscita per Brooklyn
Sur, 2017
Collana: BigSur
Traduzione di M. Testa
350 p., brossura
€ 18,00
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