Chiudo gli occhi e li tengo stretti,
spaventato da quel che porta il mattino,
aspettando un domani che non arriva mai.
Nel profondo di me, ciò che mi lascia la notte
è la sensazione del vuoto,
e tre ragazzi immaginari che cantano
nel mio sonno dolce di bambino.

The Cure, Three Imaginary Boys

Numero 16 | Gennaio-Febbraio 1999

Il carnevale è una festa, e tutte le feste dopo un po’ vengono a noia. Capita allora che ci si isola come si può. Il nostro qui, stordito dall’alcol e dal fumo si ritrova accasciato sotto i portici del corso della sorridente Bologna e tra i multiformi vapori della sua coscienza annebbiata gli compare dinanzi uno spirito. Sembra una versione moderna del canto di natale dickensiano, ma in realtà il misterioso visitatore è un ragazzo in carne ed ossa, e decisamente ancora sbarbo, intenerisce quasi nella sua gioventù recidiva. Sembra tuttavia che sia riuscito a doppiare la boa dei diciassette-diciott’anni senza alterare la sua personalità come invece si fa coi vini pregiati per ottenere liquori dolciastri e nauseabondi. Poche battute instaurano tra i due una vicinanza inattesa. Compare Chiara (ricordo lieve e rosato, tra gli strati più anonimi nella scatola cranica ottusa dai troppi stimoli artificiali): piantina di foglie profumante che era. Compare così come era quando aveva sedici anni.

«Mi sarei fatto raccontare il suo primo giorno di scuola, l’avrei un po’ presa in giro nei modi che alle ragazze non dispiacciono, e quando i suoi occhi mi avrebbero detto che andava bene, mi sarei avvicinato per baciarla, come se le vacanze non fossero finite, ancora, e dalle parole sgorgassero i significati di cui c’è bisogno per vivere. Ché se li interroghi con devozione, prima o dopo, parlandoti ti daranno risposta.» Una stagione lontana e presente come il giorno in cui hai montato la tua prima bici senza ruotine. Uno.

Ballare è eccitante. Se c’è fuoco poi si crea un’atmosfera da esaltazione tribale. Ma il nostro non ha proprio la forza, né la voglia di scuotere la sua pesante materialità corporea, così preferisce rimanere a guardare le ragazze che arrivano, gialle, convinto che Massimo Morgana stia sempre al suo posto, seduto lì accanto. E invece lui non c’è più: il sedile lì accanto è vuoto, mentre qualcun altro gli parla. Il nuovo arrivato assomiglia parecchio al ragazzo di prima, ma è cresciuto, ha anche una voce diversa: «Il timbro del ragazzo, di sicuro non esitava come quella del pinolo diciassettenne che ambedue eravamo stati, ed era, anzi, a una mezza via fra il vibrato dell’estrema giovinezza e il rauco flanger d’adesso.» Il ventenne che fu il nostro ha ancora una storia da raccontare, intessuta delle prime goffe strategie di sopravvivenza, e delle prime fregature mollate a conoscenti e amici con una facilità che stupisce persino se stessi.

Com’è che è così facile tradire chi si ama e la propria innocenza? E non sentirsi in colpa nemmeno un poco… Due

… 3. SANTISSIMOCIELO ti dicono che sei arrivato: hai pubblicato, e quello che ora giace come un folletto addormentato nel suo sonno cellulosico sopra il bancone delle librerie di tutto il Paese, in attesa di essere ridestato dalla noia vorace di qualche passante, è il LIBRO che hai partorito tu. E non è il primo: potresti anche cominciare a far proficuamente fruttare il prodotto delle tue fatiche extrauniversitarie, diciamo metà in buoni postali a termine e metà in fondi bilanciati, dice il buon commercialista di famiglia, ma tu credi sia meglio andarci a Rotterdam con l’amico Centocapelli Nelson.

Un’intera pagina poi l’hai dedicata a tuo fratello che con te proprio non ha nulla a che vedere epperò senza il collegamento sotterraneo, invisibile ai più, con la nitidezza della sua anima saresti morto.

Ancora un paio di pagine ed è la fine. Alla prossima.

Il carnevale è finito. Disperdetevi.

Barbara Basso

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Collana: Oscar 451
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