Numero 16 | Gennaio-Febbraio 1999

«That evening the guests gathered in Boris Makaver’s apartment on the Upper West Side. The apartment building into which Boris had just moved reminded him of Warsaw. Built around an enormous courtyard, it faced Broadway on one side and West End Avenue on the other. The cabinet de travail- or study, as his daughter Anna called it – had a window overlooking the coutryard, and whenever Boris glanced out he could almost imagine he was back in Warsaw. Always quite at its center, the courtyard enclosed a small garden surrounded by a picket fence. During the day the sun crept slowly up the wall opposite. Children ran around on the asphalt in play, smoke rose from the chimney, sparrows fluttered and chirped. All that seemed to be missing was a huckster carrying a sack of secondhand goods or a fortune-teller with a parrot and a barrel organ.»

Per Boris Makaver, sua figlia Anna, Stanislaw Luria e Hertz Grein, rispettivamente secondo marito e amante di Anna, e per tutti i numerosi personaggi che popolano questo romanzo di Singer, la New York della seconda metà degli anni ’40 è solo una terra di dorato esilio. Ma la ricchezza di questi opulenti clan ebrei non sconfigge i demoni dei ricordi: la seconda Guerra Mondiale appena conclusa, i familiari più cari trucidati nei campi di concentramento e bruciati nei forni crematori stendono sulle loro vite un velo di folle, impotente disperazione. Così essi vivono in un purgatorio terreno di calma apparente, una calma che si sgretola pian piano, e dove un attimo prima c’erano solo crepe si aprono voragini improvvise, atroci.

Varsavia, Cracovia, Vienna; la Russia staliniana e la Germania nazista; tutto riemerge dai meandri di memorie stanche e tormentate: è l’olocausto di sei milioni di ebrei uccisi da Hitler ma è pure l’atavica, primordiale maledizione dell’ebreo errante che non lascia pace, che ha fine solo nella morte. Tutti questi fantasmi del passato calano sulle placide acque dell’Hudson, su una New York ignara di tante tragedie che si gode la giovane storia americana, fatta solo di ascesa economica e florido benessere.

E pure in quest’America, in questo limbo fatto di ricevimenti, feste ma anche di soldi e affari, i protagonisti si fanno trascinare in un turbinio di passioni; passioni travolgenti, ma che hanno tutte un sapore putrido di morte, anche quando sono all’apice dell’appagata sensualità.

Anna fugge con Grein e suo marito Luria muore d’infarto; è l’ultimo atto di una vita ormai trascorsa a rimpiangere la propria famiglia sterminata nei campi. Grein, a sua volta sposato, si pente e ritorna dalla moglie Leah, che si ammala di tumore. Grein si sente responsabile della morte di Luria ( come pure Anna) e della malattia di Leah, ma dopo essersi calato addosso il cilicio del penitente non riesce a sopportarlo, e scappa di nuovo con Esther, la sua prima amante, da cui in seguito verrà abbandonato. Anna, rimasta sola, si butterà a capofitto negli affari e alla fine tornerà col suo primo marito, Yasha Kotik, un attore sadico e lunatico: anche se era stata lei stessa a chiedere il divorzio, ora sembra spinta da un assurdo destino a riunirsi a lui.

Singer non lascia speranze neanche per il futuro: la nuova moglie di Boris Makaver, risposatosi in tarda età, genera un figlio anormale. La colpa dei padri ricade sui figli; è come l’antica maledizione dell’Orestiade greca.

Shadows on the Hudson è una saga potente, pregna di dibattiti religiosi e filosofici, densa di matrimoni d’amore e convenienza tentati ma falliti miseramente, di separazioni di amanti, di morti disperate e di persone care che vorrebbero riemergere al mondo dall’aldilà. È uno degli ultimi romanzi di Isaac Bashevis Singer (Radzymin, Polonia, 1904 – Miami 1991), Premio Nobel per la letteratura nel 1975, e il più importante scrittore in jiddisch, la lingua degli ebrei dell’Europa orientale. Di lui Claudio Magris scrive: «… a Singer riesce l’imperturbabile rappresentazione della totalità; egli ritrae il caos e l’ordine, la tenerezza e la perversione, la luminosa presenza del senso e l’acre putredine del nulla. ( … ) Singer vede spietatamente il reale nella sua nudità, proprio perché vede dietro e oltre di esso, perché lo investe nell’intensa luce visionaria che deriva da una prospettiva religiosa».

Laura De Palma

Il libro

Ombre sull'Hudson di Isaac B. SingerIsaac B. Singer
Ombre sull’Hudson
TEA, 2015
Collana: TEA Biblioteca
608 p., brossura

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