Nel piccolo mondo antico della campagna senese, è come un figlio della mezzanotte, Omero Bastreghi, che viene al mondo proprio il giorno in cui qualcuno si mette in testa di sparare a Togliatti, proprio lui, quello “che aveva insegnato ai contadini a ‘un levassi il cappello”. Catapultato nella storia, quella della sua famiglia e quella di un paese che avanza troppo veloce, Omero, figliolo della tremenda Rosina, detta Terrora, operaia tra le più battagliere, ci traghetta lungo un arco temporale che va dal secondo dopoguerra ai primi anni del nuovo millennio, tra scioperi di mezzadri, ideologie socialiste e una famiglia che sboccia, sotto lo sguardo condiscendente della Rosina che, dalla cornice di una foto ingiallita sul comò, tutto sorveglia.

Un romanzo familiare, che mette nel titolo un uomo ma è di fatto raccontato attraverso lo sguardo e lo spirito di tre donne, la mamma dell’Omero, testa calda operaia, poi la Giglia, studentessa ripetente, poi la Viola, madre e moglie, ma anche segnato da un pluralismo di voci e registri, una ricchezza lessicale e quasi sonora, una lingua che muta e si trasforma, come fosse anch’essa protagonista del libro. Ne Il figliolo della terrora, Silvia Cassioli dipinge come un affresco di terra rossa e verde intenso il mondo sparito della mezzadria toscana, per poi approdare alla metropoli, quella degli spazi chiusi e delle finestre piccole, dei partiti che entrano nelle accademie, delle mamme che crescono i figli da sole e del paese che scompare in un vecchio album dei ricordi.

Pagine che prendono per mano, a cui si finisce per voler bene, dove si cede volentieri alla tentazione di sentirsi a casa, come ci si sente a casa nel salotto di quelle zie che non si vedono da tanto tempo e dove si ritorna sempre. Un romanzo familiare e storico, collettivo e intimo, dove il personale diventa politico e viceversa, e dove le vicende di un paese s’insinuano nelle esistenze più piccole delle sue genti, modificandone le idee, i costumi, il linguaggio, la resistenza al tempo e allo spazio intorno. 

Erudito e terra terra, profondo e giocherellone, delicato e salace, Il figliolo della terrora rispecchia lo spirito della ambiziosa e ben riuscita collana “quisiscrivemale”, della casa editrice Exòrma, che nasce proprio per dare spazio a quelle scritture non conformi, che fuggono l’addomesticamento e la “necessità di farsi vedere”, come scrivono gli editori, “sudando caparbiamente sulla lingua”, frutto di uno studio e di una cura meticolosa per i dettagli, che seleziona prose inattese, anzi, insperate, in grado di far sentire un lettore fortunato per il solo fatto d’averle tra le mani. Il risultato ha il sapore di una piccola grande chicca letteraria, un oggetto e una storia preziosi come un tesoro antico, da custodire, da diffondere come si confessa un segreto, sicuramente da conservare nella biblioteca e rileggere.

Valeria Nicoletti