Il 27 aprile del 1910, nella bellissima piazza San Marco di Venezia, accadde qualcosa di certamente singolare: un gruppo di giovani artisti scalmanati (tra i quali anche Aldo Palazzeschi) riuscì ad occupare la cima della Torre dell’Orologio, e da lassù prese a gettare sulla folla sottostante una marea di volantini (si racconta che fossero addirittura 800.000), scritti sia in italiano che in francese (a beneficio dei turisti), mentre il mandante della spedizione – Filippo Tommaso Marinetti – declamava attraverso un megafono il contenuto di quei fogli che volavano ovunque, urlando a squarciagola il suo disprezzo per la Venezia passatista, «estenuata e sfatta da voluttà secolari», con i suoi canali puzzolenti e le sue gondole («poltrone a dondolo per cretini»), affermando la necessità di fare spazio a una nuova versione della città, finalmente industriale, all’interno della quale la divina Luce Elettrica avrebbe potuto sconfiggere una volta per tutte il venale chiaro di luna, simbolo di un sentimentalismo ormai non più necessario.

In questo breve aneddoto è racchiusa l’essenza del Futurismo, un movimento d’avanguardia con aspirazioni dichiaratamente rivoluzionarie, fondato proprio da quell’uomo armato di megafono, e il cui inizio si fa ufficialmente coincidere con l’uscita del primo Manifesto del futurismo, pubblicato sulla rivista francese Le Figaro il 20 febbraio 1909. Quel manifesto fu solo il primo di innumerevoli testi programmatici, che sono forse il lascito più interessante del movimento futurista: la critica letteraria ne ha individuati ben 323, dedicati agli argomenti più svariati – dalle arti visive e letterarie fino alla moda e alla cucina –, ma tutti accomunati dalla stessa urgenza di tagliare i ponti con il passato e da un atteggiamento provocatorio di fermo disprezzo nei confronti della tradizione, alla quale bisognava contrapporre i valori della velocità, del dinamismo e del progresso. Manifesti improntati nella ricerca di un completo rinnovamento della sensibilità umana, in linea con le grandi scoperte scientifiche e tecnologiche del nuovo secolo.

Un manifesto in particolare, pubblicato da Marinetti nel 1913 e intitolato Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole in libertà, riassume molto bene lo stretto rapporto di causa-effetto che il futurismo individua tra le varie forme del progresso e l’evoluzione dell’uomo, evocando immagini che sembrano visioni profetiche, per quanto fedelmente rispecchiano la quotidianità dei nostri giorni: «[Gli uomini] hanno mediocremente bisogno di sapere ciò che facevano i loro avi, ma bisogno assiduo di sapere ciò che fanno i loro contemporanei di ogni parte del mondo. Conseguente necessità, per l’individuo, di comunicare con tutti i popoli della terra. Conseguente bisogno di sentirsi centro, giudice e motore dell’infinito esplorato e inesplorato. Ingigantimento del senso umano e urgente necessità di fissare ad ogni istante i nostri rapporti con tutta l’umanità».

Marinetti descrive un prototipo di uomo moderno che è stato moltiplicato dalla macchina, poiché le innovazioni tecnologiche – tra cui il telegrafo, il grammofono, il quotidiano cartaceo («sintesi di una giornata del mondo») – hanno ampliato incredibilmente le sue possibilità di conoscenza, dandogli la possibilità di fare esperienza della varietà del mondo anche mentre si trova comodamente «coricato sul suo letto borghese». Parallelamente, la terra stessa è stata rimpicciolita dalla velocità, le distanze geografiche di ogni sorta sono facilmente superabili e chiunque può spostarsi in poco tempo da una piccola città morta verso una qualche zona di vita intensa. Si tratta, insomma, di un modo di abitare il mondo del tutto nuovo. Marinetti, infatti, è convinto che le nuove forme di comunicazione, di trasporto e d’informazione esercitino una decisiva influenza sulla psiche dell’uomo, portando anche a un profondo rinnovamento del suo linguaggio. In un mondo dominato dalla velocità e dall’urgenza, non c’è più spazio per la punteggiatura e l’aggettivazione, né la necessità di costruire periodi complessi e rispettare la sintassi, ma bisogna anzi distruggere la prigione del periodo latino e puntare su una comunicazione essenziale, incalzante, all’insegna dell’abbreviazione e del riassunto – «Raccontami tutto, presto, in due parole!», scrive al punto 16 del Manifesto.

È ironico quanto le parole di Marinetti suonino incredibilmente adeguate, a distanza di più di cento anni, per descrivere l’attuale relazione tra l’uomo e le innovazioni tecnologiche. Basta pensare a quello stile comunicativo incredibilmente diffuso nel nostro tempo, quella varietà della nostra lingua – etichettabile come “italiano digitato”, o e-taliano – che guadagna ogni giorno sempre più terreno, e che viene moltiplicata dalle varie nuove forme di comunicazione. La rapidità che i futuristi tanto amavano, in fondo, è una dimensione propria della scrittura telematica, essendo la condizione tipica di chi consuma i testi mediati tecnicamente e, spesso e volentieri, anche di chi li produce (si pensi al gesto quotidiano di scrivere un messaggio su Whatsapp: in fondo, quanto spesso si superano le tre parole per stringa?).

La struttura ipertestuale e partecipativa tipica di tutte le forme del Web 2.0, inoltre, si presta molto bene a quel gioco di sintesi e analogie immaginato da Marinetti, sancendo – almeno in questi spazi – la fine del testo come percorso di lettura unico e lineare e premiando a suon di “mi piace” chi riesce ad evocare l’immagine più efficace, comunicando contenuti emotivamente significativi: attraverso poche parole, un’immagine, o una gif particolarmente calzante. Volendo utilizzare uno stile che i futuristi approverebbero: l’emozione-vapore provoca lo scoppio del tubo-periodo e fa schizzare via le valvole-punteggiatura e i bulloni-aggettivi. Ed ecco quindi arrivare le fantomatiche parole in libertà, il trionfo del meccanismo analogico che non ha bisogno di lunghe sequenze di subordinate sintatticamente ben costruite, perché basta l’accostamento di poche parole alla volta – o addirittura il condensamento visivo offerto da un emoji – per comunicare in modo efficace. Mi piace pensare che Marinetti ne sarebbe incredibilmente felice.

Valeria Garozzo