Le due parole “LAVORO” e “FUTURO” che compongono il titolo del libro di Luca De Biase, quando accostate, vanno a comporre quello che ritengo sia uno dei paradossi del contemporaneo; mi spiego più chiaramente condividendo l’immagine che mi è passata per la mente mentre, prima di addentrarmi nella lettura del libro, leggevo e rileggevo il titolo: un rinoceronte.

Chiedersi quale sarà il lavoro del futuro mi è sembrato simile a chiedersi “quale sarà il rinoceronte del futuro?” e quando provate a dare risposta a questa seconda strampalata domanda capite se siete in grado o meno di immaginarvi un rinoceronte diverso nei prossimi 20-30 anni.

Ho scelto il rinoceronte ma avrei potuto scegliere un altro animale come il panda o anche una tecnologia come il motore diesel; in modo simile immaginate il “diesel del futuro”? – no, non pensate alle auto elettriche e ai loro motori elettrici, perché quelli non sono diesel, sono elettrici.

Se animali e motori non vi piacciono trovate voi l’esempio che preferite, l’importante è che, come avrete già intuito, si tratti di qualcosa in via di “estinzione” o messa in crisi da cambiamenti veloci e radicali.

Perché di questo si tratta anche quando si parla di LAVORO : cambiamento radicale. Il libro di De Biase lo esplicita fin dalle prime pagine citando la ricerca dei due studiosi dell’università di Oxford – Carl Benedict Frey e Michael A. Osborne – che nel 2013 hanno dichiarato che quasi il 50% dei lavori negli Stati Uniti scomparirà nel giro dei prossimi 20 anni; un dato che a molti può sembrare esagerato ma che è stato quantificato con misure diverse anche da altri enti di ricerca come McKinsey per cui entro il 2055 circa un miliardo di posti di lavoro cambierà radicalmente o scomparirà.

Per capire la rilevanza del tema e quali conseguenze potrà avere credo meriti ricordare come il lavoro sia una delle parole fondamenta del primo articolo della nostra costituzione:

art.1 “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”

Sempre all’inizio del suo libro De Biase scrive due righe che riporto parafrasate qui di seguito: tra pochi mesi il 2018 terminerà e una/o ragazza/o che ha cominciato la scuola a Settembre potrà essere pronta/o ad entrare nel mondo del lavoro nel 2031, quando terminerà il periodo dei suoi studi obbligatori.
E allora domandiamoci, nel 2031 questa/o ragazza/o cosa farà? Andrà a lavorare in fabbrica, in banca, in posta, farà un concorso per insegnare, per entrare nel pubblico, continuerà gli studi all’università, aprirà una sua partita IVA o avvierà la sua attività, una start-up? Esisteranno e si chiameranno ancora così nel 2031?

Se avete a che fare con il mondo del lavoro vi sarà chiarissimo quanto siano vecchie in partenza la maggioranza di queste ipotesi, quelle che il sottoscritto e molti altri nati ad inizio anni ‘80 e negli anni prima si sono trovati di fronte al termine dei propri studi obbligatori. A chi sarà pronto nel 2031 cosa vi sentite di suggerire? Avete una visione che vi convince?

Per aumentare l’incertezza aggiungo un altro dato citato nel libro, quello di Ernst & Young che sostiene come da qui a 5 anni il 30% delle competenze utilizzabili adesso non saranno più necessarie; ci sarà bisogno di nuove competenze che però le stesse aziende oggi non conoscono (aggiungo io, dovranno scoprirle strada facendo, vivendo e partecipando ai cambiamenti in corso). Sarà di fondamentale importanza far sì che domanda e offerta di lavoro rimangano allineate con il cambiamento in corso, questo per evitare che una o entrambe le parti rimangano indietro e si inneschino così problemi di comunicazione, comprensione causate da una differenza di linguaggio.

A questo punto però mi piace soffermarmi a vedere il bicchiere nel suo insieme, non importa se mezzo pieno o se mezzo vuoto, e così è vero anche che il 70% delle competenze sarà ancora valido; c’è da capire chi è desitinato a finire dentro a quel 30% “inutile”?
Microsoft con il suo rapporto Tomorrow’s Jobs condivide la sua risposta alla domanda iniziale: “il 65% degli studenti di oggi farà lavori che non esistono”, risposta che manca però di proposta e per questo non sembra darci una mano.

Per generare una proposta occorre una visione ma lo sforzo immaginativo questa volta necessita di energie e sforzi decisamente più impegnativi e continui dei precedenti quando l’arrivo delle prime macchine automatiche ha cominciato a sollevarci da lavori manuali, ci ha dato una mano a essere più produttivi, a ritagliarci tempo e spazi per famiglia, hobby o nuovi lavori “creativi” in cui fare uso più della nostra testa e meno della nostra forza muscolare; i trattori e le macchine agricole nell’agricoltura, le lavatrici, le lavastoviglie, gli aspirapolvere e tutti gli elettrodomestici nella vita domestica sono esempi di come la tecnologia ci sia venuta incontro.

Oggi però le nuove macchine, la nuova tecnologia comincia a sollevarci non più solo dalla fatica del lavoro fisico ma anche dalla fatica di una scelta, dal prendere decisioni che algoritmi e intelligenze artificiali più o meno complessi stanno prendendo in nostra vece; succede nella selezione dei dieci migliori Curriculum Vitae da scegliere tra le centinaia arrivati oppure quando si tratta di decidere in quale paese, quale prodotto spingere nella prossima campagna commerciale; la tecnologia ci sta sollevando dal lavoro che ci siamo inventati qualche decennio fa e comincia a toglierci la fatica di “pensare” arrivando a concederci così del “nuovo tempo” che dovremo comprendere come utilizzare in modo nuovo e utile per il nostro futuro.

Quale sarà il nuovo lavoro da inventarsi? Di certo non sarà cosa facile “prevedere che cosa saremo capaci di fare quando le nostre menti saranno amplificate da computer davvero intelligenti” e in effetti più che immaginarlo – bello o brutto, buono o cattivo che sia – il futuro alla fine sarà fatto di tutto ciò che creeremo e realizzeremo.

Il libro in questo senso porta molti esempi di imprese e imprenditori che il futuro se lo sono creato, se lo stanno creando e lo stanno continuamente modificando, migliorando, immaginando e progettando.

Expert System e la sua tecnologia COGITO, in sintesi “quattrocento anni-uomo di lavoro e formazione per insegnare alle macchine grammatica e semantica”.
Deliveroo che in Italia gestisce 2300 persone per la consegna a domicilio di pasti preparati da ristoranti grazie ad un platform business model.
Le Cicogne, una piattaforma tutta italiana che mette in contatto genitori e babysitter, un po’ come le più famose e globali AirBnb o Uber fanno con “alloggi” e “auto”.
Dallara, un’azienda in cui i suoi laminatori insegnano ad un robot ABB come va steso il tessuto in fibra di carbonio per la produzione di manufatti ad altissime prestazioni.
Poi l’azienda Modula nel distretto della ceramica di Sassuolo, la pionieristica Eurotech, i colossi STM, Luxottica, Gruppo FS, Electrolux e molti altri.

Tutti esempi che a posteriori possono essere considerati la reale risposta alla domanda “quale sarà il lavoro del futuro?”

Leggere questo libro vi racconterà dell’importanza nel lavoro del futuro di considerare il corretto mix di tradizione e innovazione, di qualità umanistiche e qualità tecniche, della necessità di adottare un’attitudine che consideri apprendimento e aggiornamento continui; un libro che aiuta ad innescare pensieri per immaginarselo questo “lavoro del futuro” che si tratti di quello svolto in autonomia e/o all’interno di una azienda, di quello full time e/o part time, di quello artigianale e/o digitale, perché la cosa più sensata da cui partire è condividere una “narrazione” del futuro, una “prospettiva” di leonardesca memoria che Luca De Biase ricorda alla fine del libro citata anche in uno studio di Goldin e Kutarna: si tratta di pensare, immaginare e creare la propria storia lavorativa dentro un mondo in continuo cambiamento.

Alessio Cuccu