È da poco uscito il nuovo romanzo (Sul fondo sta Berlino) di questo autore, Sirio Lubreto, che sicuramente leggerò, e mi sono affrettata a leggere il precedente (Il primo giorno della tartaruga), che avevo sul comodino da un po’.
In questo romanzo picaresco ci sono tutti gli ingredienti e sono perfettamente dosati. Non un grammo di più e non uno di meno. C’è il viaggio, l’ironia, la variopinta umanità, il riscatto, oltre a temi di sfrontata attualità come l’immigrazione.
Issa è un immigrato clandestino con una smisurata passione per l’alcool, a Napoli ha toccato il fondo del fondo, cerca di sopravvivere come può, senza permesso di soggiorno e con la polizia e la camorra che lo cercano. Quando l’agente Raffaele Carrone – in arte Bokassa (un nome un programma, di cui lui, ignorante come una capra, senza offesa per le capre, va orgoglioso perché pensa sia il nome di un famoso calciatore) – gli chiede di scortarlo in un viaggio attraverso il Sahara, non ci pensa due volte ad accettare. L’agente Carrone, che altro non è che un poliziotto corrotto, razzista e intollerante che ha appena perso l’egemonia sull’ufficio Stranieri di Napoli, deve fare a sua volta questo viaggio perché sotto ricatto e mette insieme una squadra di disperati per il viaggio che dall’Africa deve portare lui e il suo carico in Germania: oltre a Issa, vengono reclutati Samira, prostituta sveglia che ha messo nei guai il suo protettore e sta cercando in tutti i modi di cambiare vita e Jenny, uno scafista mezzo egiziano e mezzo napoletano appena uscito dalle carceri saudite.
Accompagnare Bokassa e i suoi trecento chili di coca fino a Berlino per tutti è l’alternativa ad una vita di stenti e soprusi: quel mucchio di soldi che li aspetta a fine corsa sembra davvero un premio irrinunciabile per chi conduce una vita senza alternative o vie di fuga.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati. Sono credibili. Non ci sono buoni e cattivi: ci sono persone che si trovano a dovere fare scelte, a sopravvivere, a riscattarsi. Il ritmo è avvincente. Ci sono continui cambi di direzione. Il finale è rocambolesco ed è reso visibile come se fosse la sequenza di immagini di un film.
Il linguaggio è moderno, essenziale, come tutto il libro: non c’è nulla di eccessivo, nonostante gli accostamenti contraddittori, le iperboli che non sono iperboli, è tutto perfettamente dosato per tenere agganciato il lettore e trasportarlo nel mondo, anzi nei mondi dei protagonisti, le loro peripezie, i loro contrappassi.
Questo libro è per chi ha amato le comiche di Stanlio e Olio, per chi preferisce il finestrino abbassato all’aria condizionata, per chi colora fuori dalle righe. Questo libro non è per chi ordina sempre e solo una margherita in pizzeria.
Patrizia Carrozza
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