Con un libro in mano, casa e scoperta coincidono. Un viaggio dal nostro luogo più confortevole verso lo spazio aperto e ritorno, accresciuti più di prima. Come ci ha insegnato il libro di Cortázar, come ci insegnano i templi contemporanei della lettura.

Il gioco del mondo è un gioco che si fa da bambini, basta avere un gessetto, qualche pietrolina e tanta voglia di saltare. Alcuni lo conoscono anche come La campana o La settimana.

Rayuela – Il gioco del mondo è anche il titolo del più famoso romanzo di Julio Cortázar, scritto nel 1963. Nel libro, il riferimento a questo gioco è letterario e metaforico. L’autore, già prima dell’inizio della sua opera, mette il sasso nella mano del lettore che può, a scelta, optare per una lettura tradizionale o a saltarello, saltando  dalla prima parte del romanzo (“dall’altra parte”), alla seconda (“da questa parte”) o alla terza (“da altre parti”).

Una bella riflessione su questo testo di riferimento l’ha scritta Santiago Greco per Il Tascabile: “Doveva chiamarsi Mandala. ‘Quando ho pensato a questo libro ero ossessionato con l’idea del mandala’, quei labirinti mistici della cultura induista e buddhista composti da quadri o disegni divisi in settori ‘grazie ai quali si facilita il compimento di una serie di passi spirituali. È come la fissazione grafica di un processo spirituale’. Una volta finito però, decise di chiamarlo Rayuela […] Ora, benché la risposta alla domanda che cos’è Rayuela? sarebbe incompleta, e di fatti lo stesso autore afferma che non è per nulla facile ‘sintetizzare qualcosa che, in un certo senso, è l’esperienza di tutta una vita e il tentativo di dirla e di portarla alla scrittura’, ritengo comunque utile la definizione trovata dalla saggista Beatriz Sarlo, secondo cui Rayuela è un ‘romanzo sperimentale che si collega alle avanguardie europee, specialmente il surrealismo e la patafisica, però ha anche radici fortemente argentine’.”

Il gioco del mondo è anche il tema guida del prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino (9-13 maggio 2019), che ovviamente fa esplicito riferimento al libro di Cortázar, come è stato dichiarato nell’annuncio della nuova edizione: “La cultura non contempla frontiere o linee divisorie, la cultura i confini li salta. Supera divisioni, frantuma muri, balza dall’altra parte. Per creare. Come fa il lettore del contro-romanzo di Julio Cortázar, grande maestro del Novecento, libro sconfinato e invito alla ribellione, alla fuga e all’avventura, perché costruito in modo che chi legge possa scegliere dove andare attraverso le pagine, da leggere oppure scartare”.

In questo piacevole saltellare per associazione di idee in cui mi sono persa, ho visto che il filo tra Cortázar e il Salone del Libro continua, si allunga e si tesse in una rete dove ogni libro è una “rayuela” diversa, ma sempre con la missione di “superare divisioni, frantumare muri, balzare dall’altra parte”. Una sorta di macchina del tempo e di teletrasporto capace di partire in ogni momento e da ogni luogo.

Perché tutto questo mi sembra così straordinario? (In fondo, la nostra è l’epoca dei social, dello sharing, della globalizzazione, del network). Perché straordinaria è la natura del libro, duplice, della stessa sostanza di ciò che chiamiamo casa e al contempo scoperta. Leggere a casa, dentro il nostro angolino preferito, diventa presto un viaggio al di fuori, nello spazio aperto. Dentro e fuori con un libro in mano coincidono, in un magico scambio di visioni, informazioni, spunti, ispirazioni. La comfort zone più estesa e più stimolante che riesca a immaginare. Perché con un libro ogni luogo può diventare casa e ogni scoperta può diventare parte di noi. Al riparo da pregiudizi, rigidità mentali, confini territoriali, reali o virtuali che siano. Così non solo la nostra casa, ma anche altri luoghi possono diventare divani che accolgono chi crede nel potere vettoriale dei libri. Il Salone Internazionale del Libro è sicuramente uno di questi, ma fortunatamente ce ne sono anche altri dove questa trasformazione accade. Ne ho scoperti due, ai lati opposti del mondo, a riprova della trasversalità e universalità di questa magia.

Uno si trova nel Bronx, a New York, dentro la Concourse House, un rifugio temporaneo per donne con figli sotto i nove anni fondato nel 1991 sia come centro di accoglienza sia come centro di risorse per le famiglie in transizione dalla condizione di senzatetto. A dicembre dello scorso anno ha ricevuto una biblioteca per bambini mozzafiato grazie alla gentile concessione dello studio Michael K. Chen Architecture (MKCA) di New York. “L’amore per i libri e per la lettura è qualcosa che ha definito la mia infanzia e quella di tutti i membri del nostro team”, ha dichiarato il fondatore di MKCA Michael Chen. “Lo spazio per l’immaginazione e per la riflessione che ci regalano i libri è un dono importante, specialmente per i bambini che non hanno una casa permanente o potrebbero non avere uno spazio tutto loro”. Il progetto è stato completato pro bono e con l’aiuto di piccoli donatori. La biblioteca è stata riempita con 1.200 libri attraverso Sisters Uptown Bookstore a Washington Heights, mentre MKCA ha sollecitato donazioni da progettisti, fabbricanti, fornitori e appaltatori per completare il progetto.

L’altro si trova a Roppongi, uno dei quartieri più famosi di Tokyo. Si tratta di Bunkitsu, una libreria che fa pagare l’ingresso: i clienti possono sfogliare gratuitamente le 90 riviste nell’area della reception, ma devono pagare 1.500 yen (pari a 12 euro più o meno) per consultare i suoi circa 30.000 titoli al secondo piano, dove c’è anche un bar. Qui si può trascorrere il giorno intero, perché oltre ai free refill di té o caffé si può anche acquistare il pranzo al bar. Gli scaffali sono suddivisi per sezione come “Viaggi” o “Storia” ma i libri esposti sono tutti collegati fra loro: per esempio, accanto a un libro di storia su Lenin si trova una serie di fumetti ambientati durante la rivoluzione russa. O ancora: un fumetto sta sopra un libro di filosofia, che è messo in cima a un romanzo, tutti e tre in qualche modo collegati da qualcosa, il colore nero, i film, il cibo. Questo disordine ragionato fa scoccare scintille di felicità. “Bunkitsu è un posto per appassionati di libri e, allo stesso tempo, è un luogo che invita le persone a camminare e scoprire titoli che non avrebbero mai pensato di leggere”, sostiene Hikaru Yoshino, manager delle relazioni pubbliche.

Ogni libro e rivista è in copia unica. A differenza di altre librerie, Bunkitsu compra i suoi titoli e non li vende in consegna, il che significa che deve conservare copie invendute. I libri rimangono in negozio finché non catturano lo sguardo di un lettore.”È come comprare un regalo nel negozio di un museo”, dice Akira Ito, responsabile del negozio. “Le persone hanno pagato la loro quota di iscrizione, quindi si sentono investite della ricerca di un libro”. Vogliono portare a casa con loro quello che hanno vissuto qui. Bunkitsu vende libri ma anche quell’atmosfera rilassata che cattura tutti noi lettori, quel senso di casa/scoperta in cui tutti amiamo ritrovarci.

Ogni libro è una rayuela, ma tutti hanno la stessa missione: trasformare la scoperta nella casa dentro di noi.

Daniela Giambrone