Numero 15 | Dicembre 1998

Sembrava, quella di Serra di Pratola, una ricerca come tante fatte da me in precedenza. Un registratore, ore e ore in una piccola stanza, un camino, voci lente, occhi pazienti.

Per me calma ed eccitazione insieme.

Parole che scendevano forti di stagioni e di storie di vita a calmare l’impazienza, a fermare la vertigine di tempi di vita spezzati. L’eccitazione per aver trovato il ritmo che aspettavo e per essere immersa in un tempo di vita ricomposto. Sembrava una ricerca come tante, il materiale registrato fermo in scatole colorate, tempi di lavoro limitati da impegni, doveri sempre non rimandabili. Dopo un po’ di tempo, però, le storie ascoltate hanno cominciato a passarmi nella mente.

Lampi di vita passata: per protagonisti i narratori e le narratrici, mi attraversavano all’improvviso la testa. Le scene mi si presentavano nei minimi particolari. A volte in bianco e nero: le nebbie, i vapori, le notte inospitale. A volte i colori: il verde in tutte le sue sfumature delle macchie intricate di rovi e di bacche. Prima di scrivere il libro, ho girato un film, nella mia testa. Tutti i personaggi, le scene mi aspettavano pazienti.

Ma alla fine ero diventata io, impaziente.

Le storie dei miei narratori occupavano troppi spazi nella mia vita e sempre più precisa era la consapevolezza che solo svolgendo le loro vite avrei trovato un senso alla vertigine e all’immobilità che, a turno, occupavano la mia vita. Perché in questa storia fatta di storie, c’era anche la mia storia.

Inurbata troppo presto, brevi ricordi di momenti collettivi ad ascoltare nel mio paese, Prata, un narratore eccezionale: Antonio Velli. Altro, comunque, rispetto alla mia vita, al mio liceo, alla mia università. Un mondo, quello della cultura popolare, che nell’immaginario collettivo, stava in uno spazio e in un tempo indefiniti e affidato a persone ormai tutte consegnate al passato.

Incontrando i narratori e le narratrici, in situazioni comunicative precise, ho legato la cultura popolare a un luogo reale: Serra di Pratola; ad interlocutori precisi: i contadini; e soprattutto ad un tempo definito: il presente.

Il tempo presente non solo per le circostanze in cui sono avvenuti gli incontri ma poiché l’atto del ricordare, come insegnano gli studiosi di storia orale, è condivisione di una esperienza trascorsa da una pane, ma per farne parte del presente dall’altra. Ricordare non è mai solo sguardo rivolto al passato, ma intervento sul presente. Il passato, dal portatore di memoria è riadattato alla nuove situazioni di vita che si presentano a lui e al gruppo cui appartiene.

Dietro l’atto di memoria, c’è dunque un progetto per il presente.

Ed io ho accettato – scelto di essere l’altro reale cui si rivolgevano gli uomini e le donne che ho incontrato.

Alla luce di questo sguardo partecipante ho ascoltato i «Cunti» e ho cercato di decifrare i messaggi sottesi alle scelte di memoria fatte, ho scrutato volti e condiviso storie di vita.

La ricerca era stata avviata per registrare il materiale narrativo classificato di tradizione orale (fiabe, scherzi, aneddoti) nel paese di Serra di Pratola, nella Valle del Sabato (in Irpinia). Partivo dalla convinzione che le donne fossero le maggiori depositarie di questo tipo di racconti.

Così non è stato. Gli uomini erano portatori di materiale narrativo tradizionale classificato, mentre le donne mi hanno parlato della morte, mi hanno avvolto di ombre non reali e questo non per farci sprofondare nel buio, ma per stringere le maglie del presente, legarci ad esso, segnare percorsi sicuri, mappe di agio.

Un narrare diverso degli uomini e delle donne, dunque, segno di uno sguardo al presente, diverso.

Ai maschi, il tempo lineare, costruito e regolato dall’uomo, alle donne il tempo già dato di natura che gira in tondo per avvolgersi su se stesso e attraversare la luce e l’ombra, la vita e la morte.

E intorno, in mezzo ai racconti, le storie di vita, i ricordi personali, in un insieme forte ed emozionante. Storie antiche che grazie alla voglia di soggettività, presenza – senso dei narratori – sono diventate storia per l’oggi.

Vittoria Troisi

Il libro nel 1998

La montagna di lame di Vittoria Troisi


Vittoria Troisi
La montagna di lame

Valentino Editore, 1998
Collana: Ricerche 2 del CEIC Centro Etnografico Campano
263 p., L. 25.000

Il libro attualmente è fuori catalogo