I rapporti umani possono essere molto complicati ma che dire di quelli familiari nello specifico? In pubblico abbiamo forse la tendenza a difendere la famiglia e tutti i suoi membri ad ogni costo ma spesso il terreno di scontro più grande è proprio al suo interno. È lì che lottiamo per affermarci, critichiamo apertamente i comportamenti che riteniamo sbagliati, ci allontaniamo per rimarcare le nostre differenze, giudichiamo i sentimenti, siamo spietati, ossessionati o ancora completamente distaccati.

Ne sa qualcosa Ciro Chirichella, il personaggio principale de La strada degli ulivi, opera prima di Clelia Attanasio, edito da Eretica Edizioni a luglio 2023, che ci racconta sé stesso, i suoi sentimenti, in relazione alla famiglia, in particolar modo alla madre ma ci lascia la sensazione di non volerlo veramente fare. Sembra quasi un burattino nelle mani di Attanasio; costretto a concedere al lettore il suo io più profondo, un io che forse nemmeno lui ha così voglia di scoprire data la sua natura.

Il sipario si apre con la morte di Rachele Mele, madre di Ciro e Angela, due fratelli poco uniti che hanno preso – volutamente? – strade diverse nella vita. Sarà proprio Ciro a dare la notizia della morte della madre alla sorella visto che lei si è trasferita a Napoli dai tempi dell’Università mentre lui non si è mai mosso da Camporella, paesino chiuso del Cilento e in netta contrapposizione con l’aperta Napoli, dove è nato e cresciuto e dove albergano tutti i suoi affetti. Sua madre è al centro di questo suo piccolo mondo, una madre oggetto di adorazione e stima, una madre che lascerà, alla sua morte, degli scritti che saranno fonte di sofferenza per un figlio così devoto.

Passato il funerale, dove i due fratelli si riannusano tra la folla come due cani sconosciuti, si ritrovano soli nella casa materna ma questa solitudine non è una cosa nuova, è solo rafforzata dalla perdita della madre perché le direzioni prese negli anni li hanno portati a non provare quasi più alcun tipo di affetto l’uno per l’altra. Angela è stata una ragazzina ribelle e noncurante che ha sempre anteposto il suo bene a quello della famiglia, che è voluta partire di casa appena ha avuto l’età per farlo, a costo di fare la guerra con tutti. Ciro ricorda molti scontri che hanno visto lo schieramento di Antonio, il padre, con Angela e che hanno provocato non poca sofferenza in Rachele. Ciro giudica il comportamento di Angela così diverso dal suo. Ma giudica anche Angela. Ed è questo forse l’aspetto più complicato e difficile delle relazioni umane e familiari che porta inevitabilmente a incomprensioni: accettare la diversità dell’altro, cercare di capire ciò che ci è estraneo. Camporella è sempre stata piccola per Angela, chiusa, ottusa quasi così come del resto è chiuso il carattere di Ciro, che al contrario della sorella, non ha mai voluto lasciare il paese né, soprattutto, la madre. Mansueto, semplice, poco ambizioso e dedito alla famiglia, ha trovato una moglie “facile”, una moglie che la madre avrebbe senza dubbio approvato, una moglie per cui non ha slanci ma del resto sembra proprio che Ciro eviti questo: le grandi passioni, le impetuosità, le pulsioni. Quello che invece ha trovato, inaspettatamente, nelle lettere che sua madre indirizzava da giovane a suo padre. È incredibile per noi quanto per lui pensare che Rachele Mele sia stata una donna passionale che si sia innamorata di un uomo sposato, che abbia infranto certe regole non scritte dell’epoca e si sia portato a Camporella quest’uomo che Ciro non ha mai veramente capito o voluto capire. Ed è bello vedere con che precisione e cura Attanasio delinei le due storie che poi sono l’una l’intreccio dell’altra: la storia di una madre prima di essere madre e la storia di un figlio in relazione a sua madre, la storia di Ciro, che non riesce a togliersi di dosso questo essere figlio e nient’altro, figlio prima di ogni altra cosa, neanche una volta rimasto orfano.

La lingua utilizzata dall’autrice è molto ricercata, attenta al dettaglio e soprattutto elegante come si addice del resto ai suoi personaggi – le lettere di Rachele Mele al marito sono un bellissimo esempio di letteratura epistolare – e non fa altro che incorniciare la sua bella storia.

Brava Clelia!

Veronica Nucci