Le tre stagioni di Sabrina Cinzia Sorìa, pubblicato dalla casa editrice La Torre dei Venti nel marzo del 2023, è un romanzo di formazione che raccoglie l’estate, l’autunno e l’inverno della protagonista nel passaggio tra le scuole elementari e le medie.

La voce narrante è quella di una bambina che non ha un nome ma tutta la stagione estiva per esplorare la casa dei nonni. Sua madre e suo padre vivono al piano superiore ma vanno a lavorare e non hanno tempo per seguirla. I nonni, entrambi quasi sordi, si dividono tra la cucina e i campi litigando per la divisione della cura del giardino tra verdure per il nonno e fiori per la nonna.

La piccola, però, non sembra preoccuparsi troppo di questa solitudine, anzi, al contrario, ne è lieta perché le offre la libertà di assaporare indisturbata i dintorni dell’abitazione, di fare i primi approcci verso la propria sessualità, di aprire armadi, scatoloni e indagare, pian piano, sui piccoli segreti e dolori della sua famiglia.

Il nucleo familiare vive poco lontano dal paese, Castelnuovo vicino al fiume Belbo, a metà strada tra essere vera campagna o essere già cittadini. Per la piccola ogni giorno è una scoperta e la costruzione di una nuova casa vicino alla sua con l’arrivo di Marta, sua coetanea, ampliano la bellezza di un’estate che raccoglie nei profumi contadini, nella bellezza dei panorami, nella natura e nella semplicità dei giochi con la palla e la bicicletta, un fascino ormai dimenticato e impossibile da poter riproporre alle nuove generazioni.

Lo stile narrativo di Sabrina Cinzia Sorìa è equilibrato, delicato e suadente tanto da accarezzare il lettore in una trama dove, sebbene non accada nulla di esaltante, riesce a tenere avvinghiato il lettore per la sua capacità di stillare pezzi di un passato non così lontano suscitando l’emozione di accarezzare un vecchio album di fotografie dal quale non ci si vuole staccare. Necessitano davvero poche pagine per fare un viaggio temporale nell’infanzia della protagonista e in quella di qualsiasi lettore che abbia compiuto dieci anni negli anni ’70.

«Sotto il portico, è stato accatastato ogni genere di cianfrusaglie: […] dentro l’ultimo in alto sbuca un fustino del Dash pieno di pezzi di ferro…»

«In soffitta trovo uno scatolone con su scritto “Tex”; è sigillato con del nastro adesivo che col caldo si è in parte staccato diventando appiccicoso.»

«Papà fuma molto. Compra le sigarette confezionate in stacchi da dieci pacchetti – bianchi con tre strisce: rossa, blu e dorata. La marca è Stop.»

L’autrice, poi, inserisce alcune frasi che racchiudono la bellezza di vivere le giornate e il tempo con il cadenzare semplice del ritmo del sole e il fascino del mondo che si apre agli occhi di una adolescente.

«Spesso rimango incantata sul terrazzino o sotto il portico a pensare, ma poi non saprei neanche bene dire a che cosa. È quello il bello delle mie giornate.»

«Con lui sto in giro tutto il giorno, sua mamma […] non ci chiede dove andiamo, a lei basta che ci presentiamo per il pranzo e per la cena.»

Frasi che non sembrano essere messe là per provocare solo quel pizzico di nostalgia per uno stile di vita e un mondo passato quanto per rammentare come la bellezza della vita risieda nella piccole cose e come sia difficile in ogni caso diventare grandi.

La forza dello stile narrativo di Sorìa credo sia da ritrovarsi nella semplicità espositiva, nella scelta di pochi ma appropriati aggettivi, nel non infiocchettare con superflui giri di parole ciò che i protagonisti vivono.

Se la semplicità di scrivere in maniera delicata e parca è un talento personale oppure una caratteristica acquisita dopo aver frequentato la Scuola Holden non saprei dirlo. Ciò che mi interessa come lettrice è riuscire a entrare nella trama e nella mente del personaggio in punta di piedi e di assaporare il mondo che vive e, in questo, Sabrina Cinzia Sorìa è decisamente brava.

Stefania Piumarta