«Non so immaginare la mia vita senza la scrittura. Perché non c’è stata mai vita per me senza scrivere».

Scrittrice, sceneggiatrice, giornalista, partigiana: Alba Carla Laurita de Céspedes y Bertini è nata per la scrittura, per la lotta, per la resistenza. Categorizzata dalla critica come una scrittrice “per donne” di situazioni domestiche, Alba de Céspedes è stata invece una scrittrice universale, capace di indagare l’animo femminile e maschile, la società e le sue ingiustizie, «aveva a cuore l’anima degli altri e le sue smarginature, ma anche la sua capacità di cambiare le cose con gesti impercettibili, quotidiani».

Per troppi anni Alba è stata oscurata e dimenticata, e da poco è finalmente tornata a invadere gli scaffali e le nostre letture, prendendosi il suo spazio. Quando si incontra de Céspedes è impossibile non rimanere folgorati per la schiettezza della sua scrittura, per il suo arrivare al cuore dei personaggi, al loro dolore. Per il suo saper dare vita a personagge che cercano sé stesse e chiedono giustizia. Alba si muove sui bordi delle loro vite, si intreccia nei loro dubbi. È impossibile non sentire la sua passione (Sandra Petrignani la definisce “la pasionaria”), il suo spirito letterario, la sua forza tra le righe dei suoi romanzi, ma anche il suo animo rivoluzionario, antifascista, e il suo impegno politico. Alba de Céspedes è un’intellettuale a tutto tondo, una figura che merita il suo posto nella storia della letteratura italiana del Novecento.

Alba nasce l’11 marzo 1911 a Roma in una famiglia dal grande peso politico e rivoluzionario: il nonno è il padre della patria per i cubani, Carlos Manuel de Céspedes del Castillo, il primo presidente in armi dell’isola, ucciso dai colonialisti spagnoli nel 1874, il padre, Carlos Manuel de Céspedes y Quesada, è ambasciatore di Cuba In Italia. La madre invece è italiana, Laura Bertini Alessandrini.

L’infanzia di Alba è quindi tra Italia e Cuba, tra le sue due anime, e sente fin da piccola la necessità di scrivere. Suo padre è il suo maggior lettore: quando Alba gli mostra una sua poesia e ammette, spaventata, che non scriverà più, lui la sprona a continuare, a coltivare il seme della letteratura.

A vent’anni invia il suo primo racconto a «Il Giornale d’Italia», Alba vuole poter vivere con la sua scrittura. Viene pagata dal quotidiano duecento lire, che però la pubblica con la firma A. de Céspedes, per celare la sua identità femminile. Il giorno della pubblicazione, quando si rende conto che il suo nome è stato reciso, quasi fosse uno scandalo, va in redazione, ritira il suo assegno, e ottiene che il suo nome compaia per esteso nei suoi futuri racconti. Alba scrive anche per «Il Piccolo», «Il Mattino», «Il Messaggero».

Il primo racconto, chiamato Il segreto che poi diventa Il dubbio, viene pubblicato assieme ad altri nella sua prima raccolta, 🔗L’anima degli altri nel 1935, quando de Céspedes ha soli ventiquattro anni. L’anima degli altri è stato poi ripescato e ripubblicato nel 2022 grazie al lavoro di Paolo Guazzo e Federico Cenci della casa editrice Cliquot. Una delle poche copie rimaste era conservata alla fondazione Bellonci. Alba, famosa in vita, e dimenticata dopo, riprende terreno grazie al lavoro di Cliquot, che ripubblica anche Prima e dopo e Invito a pranzo. La Mondadori le dedica il Meridiano e ristampa i suoi romanzi più famosi.

Nel 1938, durante il regime fascista, pubblica con Mondadori il suo primo romanzo, 🔗Nessuno torna indietro. Il romanzo, che racconta la storia di otto ragazze che vivono in un pensionato di monache, fa scalpore. Sono libere, anticonformiste, donne moderne e questo non piace al regime, che non solo censura il romanzo ma ritira il premio Viareggio, vinto ex equo con Vincenzo Cardelli. È un romanzo che nonostante l’epoca in cui viene pubblicato, vende moltissime copie e va persino in ristampa. Si avviano anche trattative per la trasposizione cinematografica con Urbe film. Dirà Alba: «Non ho mai concorso a premi letterari, dopo il Viareggio del 1939, non assegnatomi per motivi politici. Non tengo ad avere, io, un premio oggi; spero che tra cent’anni il tempo lo assegni magari a uno solo dei miei racconti». Mondadori, il Mond. delle numerose lettere, suo amico e sostenitore, la aiuta con le pratiche legali per la censura, la difende; Alba viene chiamata a comparire in tribunale diciassette volte. Le viene chiesto di riscrivere il romanzo, di cambiarlo, di trasformarlo col voi mussoliniano: Alba si rifiuta sempre, e viene processata. Il governo fascista decreta di fermare la ventunesima ristampa, ma Mondadori ottiene il permesso di esaurire le numerose copie della precedente edizione ancora in giacenza, e in segreto ne stampa altre presentandole come la ventesima edizione.

Dopo l’armistizio del 1943 Alba e il suo compagno Franco Bounous lasciano Roma e dopo un mese in Abruzzo, a Torricella Peligna, giungono a Bari. Qui Alba partecipa alla Resistenza con Radio Bari, la prima radio libera della Resistenza in Italia. Italia Combatte è la trasmissione in cui Clorinda, il nome fittizio di Alba – tutti gli speaker adottano nomi fittizi per proteggersi –, legge comunicati, trasmette messaggi cifrati ai partigiani: «Attenzione, attenzione, vi trasmettiamo dieci messaggi speciali, La messa è finita, il gallo canta, Tira vento, Tre per tre, Maria si prepari, Abbi fede, La gavetta è vuota…». Quello che non può fare con la penna, invece, lo fa con la voce: esorta le sue ascoltatrici (sono per la maggior parte donne, gli uomini sono in guerra) ma anche i ragazzi e le ragazze a reagire e ad agire, a opporsi al fascismo, alle sue restrizioni, sabotando i tentativi di oppressione.

«Credete di non poter far nulla, voi, chiuse nel giro della vostra vita consueta, casa e ufficio, casa e ufficio. Credete. E invece io vi dico che potete, voi, proprio voi, col vostro grembiulino nero, davanti alla vostra macchina da scrivere, essere altrettanto utili di un patriota o di un soldato. Ci sono anzi cose che essi vorrebbero fare e non possono, cose che non potete fare che voi. A voi sono dettate certe lettere che avrebbero, a volte, tutt’altro significato con un piccolo errore di macchina, con una parola saltata. Ordini importantissimi vengono dattilografati da voi e una data alterata può essere più utile di dieci fucili. Siete voi che aprite la corrispondenza e potete stracciare una lettera che giudicate dannosa. Tante lettere non arrivano, anche quella non è arrivata. E così per le lettere in partenza. […] Sbagliare un indirizzo è poi ancora più facile. […] Vi chiediamo un continuo, sordo sabotaggio sotterraneo. Ricordatevi che per essere un patriota è necessario odiare i tedeschi e i fascisti. Voi li odiate, lo so. Ma dovete odiarli dal mattino alla sera, pensando, studiando continuamente il modo di nuocere loro. E vi sentirete più forti, dentro di voi, dopo il piccolo errore alla macchina, dopo la lettera strappata o spedita in ritardo, vi sentirete complice o compagna dei patrioti che combattono sulle montagne, di noi che siamo qui, esuli, lavorando per la libertà…».

Rientrata a Roma nel 1944, fonda e dirige la rivista «Mercurio», un mensile di politica, arte, scienze, un luogo di dibattitto per i più importanti intellettuali del secondo dopoguerra. Alberto Moravia, Eugenio Montale, Sibilla Aleramo, Paola Masino, Natalia Ginzburg, Mario Luzi, Aldo Palazzeschi, Renato Guttuso, Giorgio Morandi, Toti Scialoja, sono solo alcune delle firme che accompagnano la rivista di de Céspedes. Dopo la chiusura di «Mercurio» nel 1948 per mancanza di fondi, entra a far parte di «Epoca», settimanale sul quale cura la rubrica Dalla parte di lei, che riprende lo stesso nome del romanzo omonimo uscito nel 1949. Nella rubrica, Alba risponde alle domande dei lettori, ammetterà lei stessa che spesso erano uomini a scriverle per chiederle consigli. Nel 1958 la rubrica si trasforma in Diario di una scrittrice, una sorta di diario personale dell’autrice, uno spazio per permetterle di parlare di argomenti più disparati. La collaborazione con «Epoca» si interrompe bruscamente con un licenziamento tramite una lettera dell’editore Enzo Biagi. 

Il dopoguerra è per Alba de Céspedes un periodo prolifico: 🔗Dalla parte di lei (1949), 🔗Quaderno proibito (1952), 🔗Prima e dopo (1955), 🔗Il rimorso (1962), 🔗La bambolona (1967), 🔗Nel buio della notte (1976). All’inizio degli anni Settanta pubblica una raccolta di poesie, Le ragazze di maggio, sulle rivolte studentesche del ’68 a Parigi, città in cui si trasferisce.

Dopo una lunga malattia, Alba ci lascia a 86 anni il 14 novembre del 1997, ma ci resta un’autrice non di letteratura rosa come la voleva la critica, ma una scrittrice capace di scandagliare l’animo umano, le vite delle donne e degli uomini, di raccontare con lucidità la società e le sue contraddizioni. Di dare poesia e forza alla scrittura. Una scrittrice, una donna della Resistenza, un’intellettuale che oggi ritorna attraverso le sue personagge e i suoi personaggi e soprattutto la sua scrittura.

«Tu dici che le donne non sono esseri liberi: e io credo invece che debbano soltanto acquisire la consapevolezza delle virtù di quel pozzo e diffondere la luce delle esperienze fatte al fondo di esso, le quali costituiscono il fondamento di quella solidarietà, oggi segreta e istintiva, domani consapevole e palese».

Ilaria Amoruso