“Ovunque guardi, vedo segni di lotta. La posta è sparsa dappertutto sul pavimento della cucina; gli sgabelli sono ribaltati. Il telefono è stato sbalzato dalla base, la scatola delle pile penzola da un ombelico di fili metallici”.
Avete presente uno dei mantra evolutivi che pervadono le nostri basi accademiche di essere umano che risuona tipo “l’erba del vicino è sempre più verde?” e sta ad indicare che disprezziamo ciò che abbiamo molto di frequente perché consideriamo la fortuna di chi ci sta intorno superiore rispetto alla sorte toccata a noi? Ecco, se questo libro fosse una torta, avrebbe questo come primo ingrediente q.b., da versare in una ciotola insieme al macrotema della diversità, della diffidenza verso ciò che comprendiamo poco, verso l’autismo del protagonista, da spennellare con un po’ di crime e noir dall’epilogo sorprendente ma grazie al quale emergono profonde criticità e crolli di porti sicuri.
In tutto in un bel forno di scrittura precisa, da cuocere finché la voglia persiste.
“A volte penso che il cuore umano non sia altro che uno scaffale. Vi si può accumulare sopra un sacco di roba, prima che qualcosa cada dal bordo e non rimanga altro da fare che raccogliere i pezzi.”
Emma Hunt: poco più di quarant’anni, due figli, Jacob e Theo, tiene una rubrica su un giornale firmandosi ‘zia Em’- a lei si può scrivere confidandole qualunque problema.
Jacob Hunt: 18 anni, genio in matematica. Ha la sindrome di Asperger.
Theo Hunt: 15 anni e una vita da sempre condizionata dall’autismo del fratello.
Emma deve cavarsela da sola, perché il marito se n’è andato di casa poco dopo la diagnosi fatta a Jacob, quando Theo aveva pochi mesi. Il nodo centrale della trama è quello che porta la situazione ad un livello di difficoltà estrema. La giovane insegnante privata di Jacob scompare.
Viene trovata morta nei boschi vicino alla sua abitazione, avvolta in un piumone colorato che appartiene a Jacob. Se prima del ritrovamento del cadavere si pensava che l’assassino fosse il fidanzato di Jess, ora Jacob viene arrestato e portato in prigione. Un confinamento insostenibile per un ragazzo con la sindrome di Asperger che non è in grado di tollerare alcun cambiamento nella sua routine giornaliera, men che meno la lontananza dalla madre, l’unica persona capace di tranquillizzarlo.
Un processo fatto dagli abitanti della cittadina, dai vicini di casa, dai finti amici, prima ancora che nelle legittime aule di tribunale.
Un processo in cui l’accusa più che di omicidio è di diversità.
Chi può essere stato se non lo “strano”? Lui che si rintana? Lui che urla? Lui che scuote ripetutamente la testa senza apparenti ragioni? La sindrome di Asperger è complicata da decifrare. Mi viene da dire che per comprenderla appieno si debba in qualche modo vivere una persona che ce l’ha. Perché come ben spiega l’autrice, spesso ci si sente spiazzati. Da quando a Jacob è stata diagnosticata questa sindrome, la vita per Emma non è stata più la stessa. Tutti i suoi sogni, i suoi progetti e le sue aspettative di madre e moglie felice in un colpo solo sono andati in frantumi. Eppure, nonostante tutte le difficoltà, l’abbandono del marito, i problemi economici, lei non smette di combattere per quel figlio così diverso, così difficile ma pur sempre parte di lei. E lo fa ormai da diciotto anni. Per Jacob, Emma è disposta a tutto. Ma per Theo è diverso. Lui, figlio e fratello più piccolo, di tutti è quello che sembra averci rimesso di più. Da sempre si è dovuto prendere cura del fratello più grande, a causa del quale si è ritrovato a quindi anni senza avere degli amici su cui contare, senza l’affetto del padre, fuggito via quando lui era ancora molto piccolo, e senza le attenzioni della madre, troppo impegnata a gestire la vita di Jacob. È così che il suo disperato bisogno di vivere in una famiglia normale lo porta a spiare quelle degli altri, entrando furtivamente nelle case accoglienti di sconosciuti, per sentirsi parte di loro. Jacob, dal canto suo, sembra vivere unicamente in un mondo fatto di scene del crimine e analisi forense, ignorando tutto e tutti.
Questo omicidio metterà in discussione le vite di tutti.
Un po’ anche quella del lettore.
Anche del lettore che si ritiene indenne dal giudizio e pregiudizio.
Alzi la mano destra e dica la giuro.
Natalia Ceravolo
E tu cosa ne pensi?