O meglio, che l’hanno cambiata. E ne ho le prove. Tutto è iniziato con la domanda che un giorno mi sono posta “un libro può cambiare la vita?”. La risposta per me è stata sì. Io credo che tutti noi abbiamo un libro che ci ha cambiato la vita. Il come è una storia diversa per ognuno, bella da raccontare, bella da ascoltare. Perché un libro può avere tante interpretazioni quanti lettori, aprire tante porte verso orizzonti innumerevoli.
Così ho provato a porre questa domanda a cinque persone che in qualche modo, con la loro scrittura, mi hanno cambiato la vita:
- Stefania Bertola mi ha rivelato le regole del romanzo rosa che prima o poi avrò il coraggio di scrivere
- Licia Granello racconta quel cibo che per me non è solo nutrimento, ma anche condivisione, cultura, passione
- Vito Mancuso mi ha insegnato a leggere fra le righe e a ricercare il vero significato nascosto nelle parole
- Enrico Remmert con Rossenotti mi ha portato per la prima volta nella mia città con occhi diversi
- Enrica Tesio, con il suo blog, mi dimostra ogni giorno che la quotidianità è la più bella fonte di ispirazione.
Qui sotto le storie dei libri che hanno cambiato la loro vita.
- Il maestro e Margherita // STEFANIA BERTOLA
Il libro
A cambiarmi la vita sono state, di continuo, persone, avvenimenti, casi, libri, musica… un flusso ininterrotto che ancora agisce. Un libro, singolo, non mi ha mai cambiato la vita, ma di sicuro ci sono autori che me l’hanno cambiata per quello che riguarda il mio lavoro, e cioè scrivere. Ad esempio Dickens e Salinger (Salinger veramente è anche uno di quelli che mi hanno cambiato un po’ la vita più in generale).
Però, se dovessi citare proprio un solo libro che ha avuto un impatto deflagrante sul mio modo di scrivere, non è uno dei loro, ma è un romanzo che forse non metterei neanche fra i dieci che mi sono piaciuti di più come lettrice, ma che ha influenzato tantissimo il mio rapporto con la scrittura. Il maestro e Margherita di Bulgakov.
Con i suoi diavoli e Ponzio Pilato, e i gatti parlanti e l’amore assoluto di Margherita che vola di notte, e i poeti, i politici, i manicomi, mi ha spalancato le porte della libertà. Allora si poteva, scrivere di streghe e contadine tutto insieme, nella stessa storia, allora si poteva mescolare personaggi contemporanei e passati, inventare ed essere quotidiani, lasciar andare la fantasia ma farla muovere in un contesto reale. Ha sbloccato qualcosa in me, una difficoltà, una insofferenza che avevo quando provavo a scrivere, di dover stare dentro certe regole: la fantasia era la fantasia, la realtà era la realtà. E invece no, per niente, avevano diritto di coesistere dentro la stessa storia.
Curiosamente, nello stesso periodo avevo letto anche Cento anni di solitudine, che più o meno avrebbe dovuto farmi lo stesso effetto, e che di sicuro come lettrice mi aveva entusiasmata, ma non mi aveva coinvolta a livello personale. Ho sempre sentito la letteratura sudamericana come estranea, altro da me. Ma il gatto Behemoht, lui no, lui era ME, e il mondo in cui si muoveva era un mondo che capivo, e in cui mi ritrovavo.
Quando
Avevo quattordici anni, abitavo a Torino, ero allieva del liceo Gioberti. Era il 1967, mi pare, il 68 era alle porte, io vivevo in quotidiana comunione con i Beatles (loro, sì, mi hanno cambiato la vita) portavo minigonne non troppo audaci, avevo lunghi capelli rossi, una passione per Mozart, una vita familiare interessante ma faticosa, mi innamoravo ma non avevo un ragazzo, e poi… e poi leggevo tanto, aiutata dal fatto che anche i miei genitori leggevano tanto, e portavano in casa i libri appena pubblicati. Appunto Bulgakov, e On The Road di Kerouac, che ho provato a leggere ma niente al mondo poteva appassionarmi meno di moto, America, bevute e tradimenti. L’ho mollato dopo dieci pagine.
, e sempre in quegli anni, ad esempio,Perché
Un po’ l’ho già detto prima, cosa è stato per me. Liberarmi da certi obblighi, per cui in un romanzo contemporaneo ambientato a Torino, ad esempio, non ci potevi mettere le streghe. Difatti, un po’ di tempo dopo aver letto Il Maestro e Margherita, ho cominciato a scrivere la storia di una certa Cecilia che a un certo punto scopriva di essere una strega, e per la precisione lo scopriva una sera durante un concerto in Conservatorio, il nostro Conservatorio di Piazza Bodoni, dove studiavano i miei fratelli. Non l’ho mai finita, e poi quando è uscito Harry Potter, ho avuto dei rimpianti. Potevo essere la Rowling di Piazza Vittorio!
Poi non so, credo che ognuno di quelli a cui un libro ha cambiato la vita vi racconterà una storia diversa. Probabilmente, in certi casi, davvero può essere tutto: una rivelazione, l’aiuto a prendere una decisione.
Una volta, un paio di anni fa, avevo fatto una di quelle orribili presentazioni in una libreria mezza vuota, e alla fine, mentre me ne stavo andando giurando a me stessa che non ne avrei fatte mai, mai più, arriva una signora, una bella donna elegante, bruna, che mi dice che era venuta apposta per ringraziarmi. E di che? Perché leggere un mio libro le aveva cambiato la vita. Il libro era Biscotti e sospetti. L’ho guardata veramente incredula: è un libro carino, ma che potesse cambiare la vita a qualcuno! E invece lei mi ha spiegato che qualcosa che io avevo scritto l’aveva aiutata a valutare diversamente un certo problema importante che aveva, a vederlo in un’altra luce, e quindi lo aveva affrontato in un altro modo, e la sua vita era cambiata. Mi ha tramortita. Caspita! Allora ho pensato, per la milionesima volta, che un romanzo lo scriviamo insieme a ciascuno dei nostri lettori, e che a volte sono loro a metterci quello che credono di trovarci.
- Teresa Batista stanca di guerra // LICIA GRANELLO
Il libro
Teresa Batista stanca di guerra di Jorge Amado.
Quando
Avevo sedici anni, ero una brava studentessa nel miglior liceo classico di Torino. Gli anni erano quelli delle grandi battaglie su aborto, divorzio, il dopo ’68 vissuto nella città della Fiat e dell’alleanza studenti-operai. Avevamo formato un gruppo di lavoro sulle istituzioni totali: carceri, manicomi, ospedali, caserme. Facevo la volontaria in un doposcuola sociale. Partecipavo a cortei e assemblee. Insomma, un’adolescente tosta, impegnata, non esattamente un tipo leggero.
Perché
Amado arrivò come una brezza primaverile, intrisa di mare. L’amante di Teresa le era morto addosso, durante un amplesso. Una cosa orribile, raccontata con leggerezza consapevole. Rimassi come stordita. Un ritratto di donna così diversa, attraversata dalla vita eppure forte, generosa, piena di energia. Capii che si poteva essere calati nel sociale e insieme grati alla vita. Un regalo di sfrontata allegria che ho mandato a memoria.
- La Bibbia // VITO MANCUSO
Il libro
È stato un incontro casuale con questo libro che ritengo fondamentale per l’inizio del mio percorso: la Bibbia, il libro della Sapienza.
Quando
Avevo 16 anni nemmeno compiuti, era il periodo del sequestro Moro, gli anni di piombo. Mi imbattei per caso in questo libro. Lo presi e mi rifugiai nell’angolo più remoto e tranquillo della casa per sfogliarlo. Lo aprii in un punto a casa e fui fortunato perché capitai proprio nel passo che elogia la sapienza: fu questa la scintilla che portò alla luce ciò che risiedeva già in me, l’amore per il sapere. Andavo bene a scuola, avevo già un rapporto di amore con l’istruzione, ma sentivo che era la sapienza a dare sapore a ciò che si impara. Perché il sapiente è anche saggio, in questo è diverso dall’intellettuale. Così è iniziato il mio amore per un sapere che ha sapore.
Perché
L’incontro con la Bibbia ha segnato l’inizio del mio percorso, ho trovato un orientamento, da lì in poi sono approdato allo studio della filosofia al liceo e all’incontro con un altro libro fondamentale, Dio esiste? di Hans Küng, che ravvivò la scintilla accesa dalla Bibbia. Capii che volevo dedicare la mia vita a Dio come principio della sapienza, così arrivai agli studi della teologia. I libri sono fondamentali quando contribuiscono e accompagnano la nostra continua evoluzione.
- Altri libertini // ENRICO REMMERT
Il libro
Vorrei dire che non è questo, che è qualcosa d’altro, di più “alto”, ma alla fine preferisco essere sincero: un libro che mi ha cambiato la vita è stato Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli, pubblicato nel 1980 da Feltrinelli.
Quando
Avevo quattordici anni ed ero uno studente di quarta ginnasio. Avevo chiesto di essere iscritto all’artistico ma i miei genitori non volevano sentirne parlare: c’era questa convinzione – e convenzione – molto borghese che il liceo potesse essere soltanto classico o scientifico. Soprattutto c’era la convinzione che un ragazzo uscito dalle medie non sapesse giudicare le proprie predisposizioni, non lo si ascoltava. Un errore che con le mie figlie ho cercato di non ripetere.
Perché
Quel libro mi ha fatto venire voglia di leggere molto di più. Fino a quel momento avevo dedicato tutte le mie energie creative al disegno, che per me era una sorta di ossessione, qualcosa a cui dedicavo tutto il mio tempo libero di studente liceale. Da quel libro in poi non ho più fatto altro che leggere, per un decennio. E, dopo un migliaio di libri letti, ho cominciato a scrivere.
In quella raccolta di racconti, per la prima volta in vita mia, sentivo raccontare la contemporaneità a cui appartenevo. Quel libro parlava di me, e in quel momento. C’era il parlato giovanile, la musica, il fumetto, il cinema, storie forti, grandi dialoghi e nessuna paura di raccontare con sincerità tanti tabù: la droga, l’omosessualità, le vite borderline. Era un libro “mio coetaneo” e, soprattutto, mi svelava la possibilità di leggere qualcosa che sentivo particolarmente vicino, a livello cronologico, a livello ideologico, a livello di vissuto personale. Da lì a poco avrei scoperto Ellis, Leavitt e McInerney – tutti scrittori che non ho mai più riletto, a essere sincero – ma che ai tempi mi stavano traghettando nella contemporaneità, quella che poi avrei scelto sempre come tema di tutto quello che ho scritto. Più avanti ho scoperto che la contemporaneità di un libro non sta nella cronologia ma nei temi – cosa c’è di più attuale di Furore? – ma allora dovevo ancora fare quel grande salto: innamorarmi della lettura e dei libri. Che poi, chi lo sa, magari sarei stato un buonissimo pittore. O pessimo. In ogni caso ormai è andata così.
- Stagioni diverse // ENRICA TESIO
Il libro
Non cito il migliore, perché non saprei rintracciarlo, cito il primo che forse non mi ha cambiato la vita, ma certamente ha modificato il mio rapporto con la lettura. Ed è uno dei quattro racconti contenuti in Stagioni diverse di Stephen King, “Il corpo” da cui è poi stato tratto il film Stand by me.
Quando
Ero una ragazzina che aveva ereditato una spiccata predisposizione alla malinconia. The body era il mio racconto. Sono figlia di una professore e critico letterario, un lettore forsennato, disperato. La lettura è entrata nella mia vita come una scelta obbligata, una sorta di dovere, un dovere piacevole, ma comunque un dovere. Lessico Famigliare, molto Calvino, ricordo con affetto La mia famiglia e altri animali. Mi piaceva ma non mi appassionavo. A tredici anni mi capitò tra le mani quella raccolta di racconti, il primo che lessi fu proprio The body. Mi ossessionò per giorni. Una volta Falcinelli disse che si dice ai ragazzi di leggere perché fa bene, sviluppa la curiosità, alimenta la cultura eccetera. Ma è come dire che si fa sesso solo per procreare. Si fa sesso perché è figo, divertente, un piacere, una necessità. Esattamente come leggere, leggere è figo, divertente, un piacere, una necessità. Quello fu per me Stephen King. Un libro doveva essere soprattutto una goduria.
Perché
I libri non cambiano la vita, ma te la rendono un posto migliore (a volte anche peggiore), ti danno chiavi di lettura della tua realtà. Per me restano una goduria, anche quando mi fanno soffrire. Tornando a The body fu la scoperta dell’America. Degli scrittori americani, che sono quelli che preferisco ancora ora. Poi quel racconto è magico perché ha il potere di far venire voglia di scrivere. Provare per credere.
Daniela Giambrone
24 Agosto 2018 at 8:57
Un libro può cambiare la vita?
Sì, o se non cambiarla, incidere molto sul percorso, sui pensieri, sull’anima.
A me è successo con “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera che rimane il mio libro della vita. Quel libro raccoglie intorno a sé e dentro di sé l’essenza dell’amore. Si può amare una persona che sai essere quella giusta ma che non è arrivata al momento giusto e poi, per varie coincidenze, amare una persona che non si aspettava perché era seduta su una panchina in quell’attimo in cui c’eri anche tu.
24 Agosto 2018 at 9:10
Ci sto pensando ma non trovo un titolo o almeno non ricordo un titolo che mi abbia cambiato la vita… probabilmente ho tanti libri legati alle stagioni della mia vita, alle mie fasi interiori e ai mutamenti esteriori questo si… Libri che hanno lasciato un segno, una traccia indelebile e che in qualche modo finiscono col parlare di o di ritrovarmici immerso e non saperne uscire per giorni.
1984 di Orwell, mi fece così incazzare per l’impotenza che ti instillava verso le sorti del personaggio principale;
NP di Banana Yashimoto, legato al mio sentire malinconico;
Norwegian Wood di Murakami, fattomi scoprire da una mia “amica” di chat, nella sua fase splendente, e che mi riportava indietro sui passi di quel che avevo vissuto e non;
La Scimitarra di Budda di Emilio Salgari, avventura e adolescenza di pari passo;
Giobbe di Joseph Roth, una profonda riflessione sul senso della vita;
Notturno indiano di Antonio Tabucchi, scoprire di avere un alter ego e di fare un viaggio che probabilmente non farò mai;
Il giovane Holden di Salinger,
Il Budda delle perifierie di Kureishi,
La Kryptonite nella borsa di Crotoneo,
La Trilogia della città di K. di Kristof,
Haruf e Auster… e tanti classici… e tanti fumetti o graphic novel… insomma davvero una scelta complicata