La nascita come autore, come quasi sempre avviene, deve tutto o quasi all’appropriazione passionale, personalizzata e metabolizzata di opere altrui, più che spiegare che cosa è e che cosa c’è dentro Pulci, preferirei provare a raccontare che cosa è per me, che cosa ho cercato di metterci dentro e perché. Si tratta di un semplice punto di vista, che vale quanto il vostro, se deciderete di leggere il libro, e come tale va preso.
Dunque, Pulci è un viaggio molto complice dentro le storie che le persone, tutti i tipi di persona, non dicono ad alta voce. Quali sono le storie che generalmente non si dicono ad alta voce? Ce ne sono davvero tante: storie di sentimenti feriti e traditi, storie di attesa e di aspettative, groppi emozionali che non si sciolgono, ma anche esplosioni inattese di gioie che non hanno il tempo di assumere una forma per essere condivise o almeno comunicate, e che quindi rimangono dentro, allo stato gassoso.
Siccome però un libro è fatto anche di luoghi e di voci oltre che di interiorità, avevo bisogno di trovare un posto adatto ad accoglierle tutte, queste storie. Un posto che avesse un suo personale timbro e che lo prestasse ai personaggi o che, meglio ancora, li inducesse a liberarsi dal silenzio e li scaraventasse sulla riva opposta, quella della verbosità, sguaiata o compassata che fosse, a seconda dei casi.
È nato così il mercatino delle pulci, con la sua bella geografia di banchetti disparati e i suoi cento e più personaggi. Perché prima di essere una baraonda di oggetti, un mercato delle pulci è una baraonda di caratteri umani, una commedia umana dei nostri giorni, un piccolo inferno e un piccolo paradiso attaccati per la coda da una spilla da balia e poi lanciati a trottola giorno dopo giorno per vedere l’effetto che fa. A me, a rileggerlo oggi, dopo quattro anni dalla stesura definitiva, Pulci fa un effetto agrodolce di tenerezza. Anche un po’ di nostalgia, se devo essere sincero: chissà dove sono andati a finire i due netturbini che arrivavano di notte nei vicoli del mercato per ripulirli dalle scorie degli oggetti e degli uomini, dagli avanzi delle voci e delle storie.
Li ho cercati anche su Internet, ma non li ho trovati.
Avranno sicuramente il loro bel daffare: certi luoghi non saranno mai completamenti sgombri, mai completamente puliti, per fortuna.
Principesse senza drago
Cade la neve sul mercato. Non accadeva da anni. Durante la guerra questa era terra di nessuno, non c’erano case ma baracche e un muro per fucilare. Terra libera, vale a dire due abitanti per metro quadrato, come nei cimiteri. La chiamavamo forca circense, un po’ perché quelle stamberghe costruite con tutto e con il contrario di tutto assomigliavano da lontano alle gabbie degli animali prodigio, la vedova nera, l’elefante ballerino, il gallo a sei creste, la donna cannone, la feroce tigre del Bengala, e un po’ perché era un nome che entrava con facilità nelle bocche e altrettanto ne usciva, così che poi è rimasto lì, nell’aria, e non se ne è più andato. È una mia idea. L’ho chiamato Piccolo kit per principesse. Dentro la scatola c’è un diadema di cartoncino con le linee tratteggiate per facilitare il montaggio. La bacchetta è di carta stagnola. Ad ogni bambina bisognerebbe regalare una bacchetta, soprattutto se è una principessa. Nevicava duro nel ’44, mai più piccoli si divertivano: raccoglievano gli spezzoni incendiari, li riempivano con quello che cadeva dai tetti, lo chiamavano farina e ci facevano le torte. Ci sono dei paggi di compensato, dipinti a mano, sorridenti. Vostra figlia s’inginocchierà sul tappeto, vedrete, e li disporrà a corona. Dirà, voi siete i miei amici. Sarà un gioco bellissimo, con un po’ di fantasia. Poi ci sono delle tessere per comprare. La principessa contratterà il miglior arciere, il più bello dei mariti e sarà generosa. Un pomeriggio inviterà la compagna del terzo banco a sinistra, quella con le calze di lana, e le dirà, questo salone è tutto per te. Il salone si costruisce in un attimo, basta tirare dove ci sono le frecce e piegare con un po’ di forza, se non ce la fa la aiuterete voi. Noi sbirciavamo dalle tendine, nonostante i divieti, e la strada ci sembrava così normale. Ogni tanto c’erano delle onde improvvise, degli slittamenti di voci da un gruppetto ad un altro, da un fuoco di erbacce al riparo di una grossa pietra. È come il gioco dell’oca, si avanza poi ci si ferma per un’intera battuta di caccia. Si riparte e si guadagna un podere, dieci ancelle, un vestito con un velo lungo dal ponte levatoio fin dentro la foresta e così via. Dopo la neve eravamo tutti un po’ più tristi, anche se dentro la neve un bel mucchio di pezzi di uomo fa un certo effetto. L’ultimo pezzo lo svendo a cinquantamilalire, mi ci vorrà un mese prima di preparare un’altra fornitura. Fa quasi il 50% di sconto. Quell’anno ne sono scesi novanta centimetri.
Il libro nel 2000
Luca Ragagnin
Pulci
peQuod, 1999
pp. 197, L. 20.000
Il libro oggi
Il libro oggi è disponibile a € 1,99 in formato e-book edito da Laurana nella collana Reloaded
Compra il libro su Amazon
La biografia nel 2000
LUCA RAGAGNIN nato a Torino nel 1965 è autore di tre libri di narrativa: Adone fatto a pezzi, Anime pixel, Pulci, tre sillogi poetiche: L’angelo impara a cadere, Piccoli crolli sinfonici, Passio, e la raccolta di poesie Fabbriche Lumière.
La biografia nel 2020
LUCA RAGAGNIN (Torino, 1965) è uno scrittore e paroliere italiano.
Incomincia a scrivere racconti e poesie nei primi anni ’80 e a pubblicare su rivista all’inizio dei ’90. Nel 1992 il testo teatrale “Eclisse del corpo” viene rappresentato a Torino e a Bologna presso il Teatro di Leo de Berardinis. Dal 1994 collabora come paroliere con musicisti di varia estrazione. Nel 1995 vince il Premio Montale per la poesia con una silloge inedita, letta nello stesso anno da Vittorio Gassman nel ciclo televisivo “Cammin leggendo” e pubblicata l’anno successivo dall’editore Scheiwiller. Nel 1996 viene invitato al Festival Internazionale di Poesia di Bar, in Montenegro, e un’antologia di sue poesie viene tradotta in serbocroato. Collabora con quotidiani e riviste di vario genere e, dal 1998 al 2003, ha tenuto una rubrica fissa su “Duel”, mensile di cinema e cultura dell’immagine. Nel 2007, insieme a Enrico Remmert, adatta per ii teatro il libro Elogio della sbronza consapevole”. Lo spettacolo viene portato in tournée in Italia e in Francia da Assemblea Teatro. Nel 2009, sempre con Enrico Remmert, scrive “2984”, testo teatrale ispirato a “1984” di George Orwell. Lo spettacolo debutta al Festival delle Scienze di Genova con la regia di Emanuele Conte e la produzione del Teatro della Tosse. Nel 2011 collabora alla stesura di “Operetta in nero”, testo teatrale scritto e musicato da Andrea Liberovici e scrive, con Michele Di Mauro, “Alla fine di un nuovo giorno”, spettacolo commissionato da Torino Spiritualità e portato in scena dallo stesso Di Mauro e dal compositore messicano Murcof. Nel 2012 scrive per Lella Costa “Elsa Shocking”, monologo basato sull’autobiografia di Elsa Schiaparelli Shocking Life, che va in scena il 20 ottobre al Teatro Carignano di Torino. Nel 2014 scrive per Angela Baraldi lo spettacolo “The Wedding Singers”, che debutta al Teatro della Tosse di Genova, con la regia di Emanuele Conte. Le sue poesie sono tradotte in Francia, Svizzera, Portogallo, Polonia, Romania e Montenegro.
È autore di romanzi (Marmo rosso, Arcano 21), racconti (tra gli altri, Pulci e Un amore supremo), testi teatrali (Misfatti unici, Cinque sigilli) e poesie (tra le altre, le raccolte Biopsie e La balbuzie degli oracoli) e testi di canzoni (tra gli altri, per Subsonica, Delta V, Serena Abrami e Antonello Venditti). Con Miraggi ha pubblicato il romanzo Pontescuro, il volume di racconti Musica per Orsi e Teiere, il saggio Capitomboli e, insieme ai Totò Zingaro, la trilogia musicale Imperdibili perdenti, composta dai dischi «Il fazzoletto di Robert Johnson», «Salgariprivato» e «Fiodor», di cui è autore di tutti i testi.
https://www.miraggiedizioni.it/autore-corrente/luca-ragagnin/
E tu cosa ne pensi?