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Anno 0 | Numero 2 | Ottobre 1996

Christiane F. ha cominciato a fumare hascisc a dodici anni, a tredici a iniettarsi eroina. Un documento- verità sul dramma della droga fra i giovani.

Così si presenta il libro di un adolescente che con la sua testimonianza ha scandalizzato la Germania degli anni Settanta rompendo il silenzio che sempre incombe sulla triste realtà della tossicodipendenza.

La protagonista racconta con un linguaggio crudo e nei minimi particolari la sua storia; una storia che ancora oggi, purtroppo, esiste nel quotidiano di molte persone che ci circondano: un quotidiano che è spesso lasciato morire fra i quartieri più poveri; negli angoli bui; nei vicoli stretti della nostra città; o nelle stazioni sotto i nostri occhi che passano, guardano e con indifferenza fanno finta di non vedere quel piccolo barlume che forse c’è e si nasconde nei loro sguardi opachi.

Il dramma di questa ragazza è diventato uno dei casi più particolari e “studiati” del nostro secolo.

Una ragazza timida che vuole essere accettata, ammirata e ricordata come “quella da cui prendere esempio”. È proprio quel suo carattere, quel suo egocentrismo nascosto, che la porterà a conoscere Kessi, “l’inizio della sua fine”.

Christiane è una ragazza tranquilla: ha una madre permissiva la quale cerca di dare alla figlia quello che a lei è stato negato durante la sua infanzia e adolescenza; ha un padre che troppo spesso la picchia per sciocchezze; ha anche una sorella che compare molto poco nella sua storia ma che è presente nella sua anima. Non si confida con lei.

È proprio questo non confidarsi che in un certo qual modo la porterà a proteggere la sorella, ma non se stessa che, invece, crede di essere forte e di poter smettere di giocare ogni qual volta lo desideri.

Christiane si costruirà un suo mondo in cui ci saranno persone che, come lei, diventeranno schiavi della droga: simbolo giovanile in una difficile e triste Berlino degli anni Settanta.

Christiane brucerà le tappe e si ritroverà in posti sconosciuti, con persone sconosciute; indosserà abiti che le disegnano sulla pelle i tratti di chi vive in un modo differente, ma che è pur sempre un modo che appartiene al mondo. Quella sua incredibile e ributtante magrezza segnata dai jeans attillatissimi, con la giacca di pelle nera, gli stivali dai tacchi alti, il truccarsi pesantemente e i capelli lunghi e lisci che con la fila centrale le cadono sul viso mascherandolo e nascondendogli non solo gli occhi, ma la sua vita e quello che le sta accadendo, saranno un segno inconfondibile che solo i “bucomani” come lei possono capire.

Quei pantaloni larghi, a quadretti abbinati alla camicia bianca da bambina, saranno per lei un “divieto”, un qualcosa che butterà sul fondo buio e nascosto di un cassetto e che cercherà nuovamente solo dopo aver perso tutta la sua adolescenza; dopo che avrà conosciuto i bagni della stazione della metropolitana come unico rifugio per dormire; dopo che sarà stata più di una volta in crisi d’astinenza; dopo che avrà visto sempre più spesso sui quotidiani il nome di uno dei suoi amici morto di eroina. Dopo. Solo dopo si renderà conto che riappropriarsi di quei semplici pantaloni, andare in una scuola di campagna fuori Berlino a riscoprire la natura e l’aria fresca saranno la sua salvezza. Una salvezza faticosa e che in ogni caso Christiane lascia ancora in sospeso.

Un libro scritto semplicemente, ma che allo stesso tempo risulta difficile da leggere; un libro che sicuramente è di esempio a tutte le generazioni che l’hanno letto e lo leggeranno.

Chiara Gasparini

In libreria

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Christiane F.
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino

Rizzoli, 2014 (collana Vintage)
344 p., brossura

Traduzione di R. Tatafiore
€ 11,00  Disponibile in e-book a € 7,99

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